Anna Guaita per "il Messaggero"
Il primo ministro Moustafa al-Khadimi
Domenica di terrore ieri a Bagdad per un attentato condotto con tre droni che volavano a bassa quota per non essere rilevati dai radar. Due sono stati comunque abbattuti una volta che hanno superato i confini della Green Zone, uno ha continuato la sua strada fino a esplodere sopra la residenza di Moustafa al-Khadimi, il primo ministro iracheno.
Al-Khadimi ha riportato un taglio alla mano sinistra, sette delle sue guardie del corpo sono state ferite, porte e finestre della residenza sono state divelte mentre le vetture parcheggiate sono state distrutte.
L'attentato di ieri mattina ha aggiunto un altro grave allarme nella già tesissima situazione a Bagdad, dove non più tardi di venerdì una violenta manifestazione di milizie sciite filo-iraniane contro il governo si è risolta con un morto e 125 feriti.
Nei primi minuti dopo l'attentato, ieri, Al-Khadimi ha reagito con prontezza, chiedendo «calma e moderazione» via Twitter. Poi è comparso in maniche di camicia in tv, sereno e composto, nonostante la ferita alla mano sinistra: «I codardi attacchi con razzi e droni non costruiscono patrie e non costruiscono un futuro» ha protestato.
Immediate sono giunte le reazioni internazionali di condanna, dagli Usa, all'Unione Europea, alla Nato, all'Onu, alla Farnesina, che ha riassunto il sentimento generale: «L'Italia - si legge in una nota - conferma il suo sostegno alla stabilizzazione dell'Iraq, come condizione essenziale per il rilancio economico e l'attuazione di riforme necessarie ad assicurare al Paese un futuro di pace e prosperità».
Nessuno, fino a ieri sera, aveva rivendicato la paternità dell'attentato, ma dopo gli attacchi violenti delle milizie filo-iraniane intorno alla Green Zone, inevitabilmente i sospetti sono caduti su agenti ispirati da Teheran. Le milizie filo-iraniane sono accampate da varie settimane intorno all'area altamente protetta della capitale in cui sorgono ambasciate straniere, ministeri e residenze di politici.
LA PROTESTA La protesta scaturisce dalla denuncia dei gruppi filo iraniani contro il risultato delle elezioni dello scorso 10 ottobre, consultazione elettorale seguita da numerosi osservatori internazionali e dalle Nazioni Unite e giudicate «in gran parte pacifiche e prive di importanti problemi».
I risultati definitivi devono ancora essere comunicati, ma già è stata accertata la sconfitta del partito filo-iraniano che passa da 48 a 15 seggi. Ad affermarsi fortemente è invece il partito del predicatore Moqtada al-Sadr, che ha ottenuto 70 seggi. Al-Sadr è sciita e in buoni rapporti con l'Iran, ma rifiuta e condanna l'intromissione di Teheran nei fatti interni dell'Iraq.
Il predicatore ha definito l'attacco contro Al-Khadimi come «un attacco terroristico», di fatto quasi ripetendo la stessa condanna degli Stati Uniti. Dal canto loro, gli Stati Uniti continuano con il lento ritiro delle truppe, come da accordi stipulati con il governo di Bagdad. Ci sono ancora 2500 militari Usa in Iraq e dovrebbero lasciare il Paese entro la fine di dicembre.
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