Michele Bocci per “la Repubblica”
La RU486 fuori dai reparti di ginecologia degli ospedali. Altre Regioni, come il Lazio, si apprestano a cambiare le regole di utilizzo della pillola abortiva. La giunta di Nicola Zingaretti ha pensato di somministrarla nei consultori, per ora in via sperimentale, la Toscana, ad esempio, punta su strutture più grandi.
Dopo Pasqua avvierà un nuovo servizio per fare l' aborto farmacologico in un ex ospedale fiorentino, l' Iot, diventato un centro con tanti ambulatori aperto solo di giorno dove sono presenti anche letti dei day hospital e dove tra l' altro si pratica anche l' aborto chirurgico. E già si pensa ad altre strutture del genere per estendere il servizio con le stesse modalità.
L'Emilia invece ha pronta una delibera per aprire alla somministrazione ambulatoriale e probabilmente, ma questo sarà approfondito, anche in consultorio. Ma sono anche altri gli assessorati dove si discute della possibilità di cambiare le strutture dove viene consegnata la pillola alle pazienti, ora che sono passati 7 anni dal primo aprile 2010, cioè dall' ingresso ufficiale del farmaco che interrompe la gravidanza nel sistema sanitario italiano.
Ormai lo strumento è considerato efficace e sicuro, da tempo sono state smentite le previsioni dei suoi detrattori, coloro che temevano avrebbe fatto aumentare il numero di interruzioni di gravidanza in Italia semplificando l'aborto. In realtà i dati generali sono scesi mentre l'uso del mifepristone, questo il nome del principio attivo, è cresciuto dal 3% del primo anno al 15% del totale delle interruzioni di gravidanza.
Come per tutte le attività sanitarie, ci sono grandi differenze tra le regioni, in questo caso dettate non solo da ragioni di efficienza ma anche politiche: si va dal record della Liguria (40%), seguita da Piemonte e Emilia-Romagna (32 e 25%) ai minimi di Marche (0,5%), Campania (3%) e Lombardia (5%).
Quando venne introdotto, il farmaco poteva essere somministrato soltanto con il ricovero ospedaliero, cosa non prevista in altri Paesi, e la donna che voleva tornare a casa doveva firmare e prendersi la responsabilità. Poi in certe Regioni, tra le quali l' Emilia, si è passati al day hospital e adesso appunto si promuove il servizio in ambulatorio.
Pillole per aborto distribuit dai droni in Polonia
Per i medici, però, sarebbe importante cambiare anche un alto aspetto. Lo spiega Sandro Viglino, presidente di Agite, associazione dei ginecologi territoriali, che lavora a Genova, dove c' è un ospedale, Villa Scassi, che fa addirittura più del 60% del totale degli aborti con la Ru486.
«Per noi la svolta arriverebbe se invece di rendere possibile l' utilizzo della Ru486 solo entro la settima settimana di gestazione come avviene adesso, si alzasse il limite fino alla nona, seguendo tra l'altro l'esempio di molti altri Paesi d' Europa. Recupereremmo così tante donne che non riescono ad usare il farmaco solo per questioni tecniche legate alla tempistica».
Dopo che Repubblica ha reso noto il progetto del Lazio, il Movimento per la vita ha subito annunciato che farà ricorso al Tar contro la delibera di Nicola Zingaretti perché «l' iniziativa cozza sia contro la legge che ha istituito i consultori familiari, sia contro la 194 che ha legalizzato l' interruzione volontaria di gravidanza».
Per i Radicali Italiani, invece, l' innovazione del governatore «può costituire un importante passo in avanti nella tutela dei diritti delle donne, in una regione in cui il ricorso alla legge 194 viene ormai scientificamente sabotato da una strategia basata sull' adozione indiscriminata dell' obiezione di coscienza, che nel Lazio ha ormai superato la soglia critica dell' 80%». I Cinquestelle in Regione, invece, rivendicano la paterntià dell' idea, che avevano avanzato in una mozione del 2014.