Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica”
Ci sono anche Paolo Berlusconi e Denis Verdini tra le persone che parlavano con Francesca Romana Chaouqui. L’inchiesta di Terni (ieri però gli atti sono stati trasmessi a Roma) che vede la lobbista indagata insieme al marito Corrado Lanino per estorsione e intrusione informatica ricostruisce la storia di una serie di rapporti. Racconta di informazioni riservate e personali che venivano prese per poi essere vendute. O che servivano a ottenere favori, a raggirare, a minacciare, a creare relazioni.
Nomi eccellenti, episodi diversi che hanno come protagonisti i coniugi Chaouqui. Sono loro i due personaggi chiave ai quali, di volta in volta, si affiancano altri interlocutori, a seconda dello scopo da perseguire. È il caso di Paolo Berlusconi e persino di Denis Verdini: entrambi vengono contattati dalla lobbista nei giorni successivi alla sua nomina a membro della Commissione referente sui dicasteri economici della Santa Sede. Non ha gradito i pezzi del vaticanista de “Il Giornale”, Fabio Marchese Ragona. É furiosa, invoca una punizione, vuole che «non scriva più nemmeno una riga».
Ed è così che inizia a cercare il modo per arrivare al vertice del quotidiano di Berlusconi. E per farlo, prova tramite un suo amico e, stando agli accertamenti della procura di Terni, avvicina pure Verdini. All’ex coordinatore Pdl la donna promette di aiutarlo alle prossime elezioni. E lui, a quanto pare, riesce a crearle il contatto con l’editore del quotidiano milanese. Dettagli non penalmente rilevanti ma che daranno frutti.
FRANCESCA CHAOUQUI E IL MARITO CORRADO LANINO
Tanto che i finanzieri del nucleo valutario che hanno fatto le indagini ipotizzavano un concorso del fratello dell’ex presidente del Consiglio. Anche perché per qualche mese la firma del vaticanista sparì dal giornale e la stessa Chaouqui ha più volte usato quella storia, nelle intercettazioni agli atti del fascicolo ma anche sui social network, come una prova del suo potere. Toni e frasi del tipo: “Sono riuscita a farlo fuori”.
Ma quello degli articoli de “Il Giornale” e del redattore messo in condizioni di non nuocere non è l’unico episodio finito nel mirino degli investigatori, anzi. Il fascicolo che il pubblico ministero di Terni Elisabetta Massini ha trasmesso ieri per competenza a piazzale Clodio conta diverse vicende di questo tipo. Chaouqui e Lanino, grazie alle competenze informatiche di lui, non si sa quanto reali e quanto millantate, riuscivano a intrufolarsi nei computer privati delle persone, sui loro social network.
E poi usavano quei dati riservati per riuscire ad ottenere favori. Li usavano come merce di scambio per arrivare dove volevano e saziare gli appetiti di amici potenti. E pare che Mario Benotti, funzionario di Palazzo Chigi dimessosi sabato proprio per questo scandalo, oltre ad avere richiesto ai due una serie di accertamenti per vicende della sua vita privata (anche queste intrusioni abusive nei sistemi informatici) fosse colui che, grazie a una rete di contatti, aiutasse i due a smerciare i dati riservati. A capire a chi e come passarli.
Non è tutto. Nell’inchiesta delle Fiamme Gialle che all’inizio dell’anno hanno depositato in procura una lunga informativa finale, ci sono anche contatti con una serie di banchieri. D’altronde, le indagini partono proprio così: lavorando sul crac finanziario della diocesi di Terni e Narni guidata da monsignor Vincenzo Paglia, gli investigatori iniziano ad ascoltare le conversazioni della lobbista con il presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. È lei che si propone all’alto prelato offrendogli un aiuto per salvare la Curia dal tracollo finanziario in cui versava. Operazione che, però, non riuscirà.