Giancarlo Perna per “la Verità”
Coraggioso fino all' incoscienza, il conte torinese, Edgardo Sogno, fu medaglia d' oro nella guerra contro i nazifascisti che combatté dalla parte del re e Pietro Badoglio. Il fronte opposto a quello del Pci. Giunta la pace, essendo antifascista di destra, Sogno divenne l' uomo nero dei comunisti. Uno di loro, Luciano Violante, gli giocò negli anni Settanta un brutto tiro. Costui, che allora era magistrato, prima di diventare deputato del Pci, lo sospettò di architettare un golpe antidemocratico e lo sbatté al fresco 45 giorni. Dopo diverse sofferenze vissute con spavalderia, il conte fu assolto con tante scuse.
Nel 1998, proprio quando Violante presiedeva la Camera (1996-2001), intervistai Sogno in casa sua a Torino.
Prima di suonare alla porta mi ero obbligato a memorizzarne il nome intero, Edgardo Pietro Andrea Sogno Rata del Vallino di Ponzone. Mi aspettavo, con questo eroe ribaldo e leggendario, un' esperienza dannunziana. Passai 2 ore in balia di un uomo vitalissimo, nonostante gli 82 anni, ma roso dalla vanità. Impossibile strappargli una semplice risposta. A ogni domanda, invece di, «sì, no, questo, quello», diceva: «L' ho scritto in un mio saggio».
Spalancava la vetrina della biblioteca, afferrava il saggio e leggeva il passo. Se non era uno scritto suo, citava un altro autore. «A questo, ha risposto benissimo Jean Paul Sartre», o Johan Wolfgang von Goethe, Benedetto Croce, eccetera. Si rialzava, rispalancava, riafferrava. Leggeva in francese, tedesco, italiano con una caratteristica vocina in falsetto. Ogni volta che apriva la vetrina urtava un ritratto di Giuseppe Garibaldi che cadeva sul tappeto, finiva sotto il divano, si cacciava in qualche interstizio.
Sogno lo ripescava acrobaticamente, stendendosi in bilico, carponi, pancia a terra.
Faceva così da mezzo secolo poiché, come precisò, il ritratto gli era stato regalato nel 1947 da Umberto II in esilio. Poi, riprendeva: «Questo mio libro ce l' ha?». «No». «Lo prenda. Basterà che legga l' introduzione. Quest' altro ce l' ha?». «No». «Lo prenda.
Basterà che sfogli da pagina 303 a 367».
Fatta la mano con la psicologia del conte, riuscii a piazzargli qualche domanda. «La sua idea su Violante?», chiesi. «Un comunista ultrà che osò accusarmi di golpismo, solo perché, per amore di libertà, volevo frenare il potere del Pci». «Dunque, per lei Violante è un signore». «Non un signore, un creolo afropugliese che ha arrestato un piemontese come me!». «Un creolo!?». «È nato a Dire Daua, in Etiopia. Cosa può capire dei valori risorgimentali di Torino, culla del Risorgimento?». A fine intervista, il conte disse: «Ora, ci prendiamo uno champagnino». Balzò in piedi, creò un vortice e Garibaldi cascò di nuovo sul pavimento.