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1. CREMLINO, NON ANCORA DECISO SE ESTENDERE ACCORDO SU GRANO
(ANSA) - La Russia non ha ancora deciso se estendere l'accordo per le esportazioni di grano dai porti ucraini. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Interfax. L'intesa, mediata dalla Turchia, scade il 19 novembre.
La decisione presa ieri dalla Russia di rientrare nell'accordo sull'esportazione del grano ucraino non significa che Mosca sia pronta ad estenderlo oltre la data del 19 novembre, ha precisato Peskov.
Da parte sua il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, ha sottolineato che Mosca ha deciso di rientrare per il momento nell'accordo dopo che la Turchia ha convinto Kiev a "firmare garanzie scritte" che i corridoi per le navi mercantili non saranno utilizzati dall'Ucraina "a scopi militari". La Russia si era dissociata dall'intesa dopo un attacco avvenuto sabato al quartier generale della sua flotta sul Mar Nero a Sebastopoli, in Ucraina.
2. MOSCA TORNA NELL'ACCORDO SUL GRANO: LE PRESSIONI (VERE) SU PUTIN FUNZIONANO
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La Russia è rientrata nell’accordo per consentire le esportazioni di grano attraverso il Mar Nero. Sabato aveva accusato l’Ucraina di aver messo in pericolo i cargo russi che trasportano cereali in seguito a un attacco contro il quartier generale della flotta russa nel Mar Nero, a Sebastopoli.
Frettolosamente aveva deciso di sospendere la partecipazione al patto siglato a luglio con la mediazione della Turchia e delle Nazioni Unite e con sicurezza i rappresentanti russi avevano affermato che senza Mosca, il trasporto del grano attraverso il Mar nero non sarebbe stato possibile.
In questi giorni, Ucraina, Turchia e Onu hanno deciso di far partire ugualmente i mercantili: l’accordo è vitale per contrastare una crisi alimentare globale e ha consentito a oltre 9 milioni di tonnellate di prodotti agricoli ucraini di raggiungere i mercati internazionali. Dopo la sospensione russa, l’Onu ha sottolineato il rischio che a farne le spese sarebbero stati i paesi più poveri. Già a luglio Mosca aveva deciso di firmare il patto dietro alla pressione di alcuni paesi, come Turchia, Arabia Saudita e altri, tutti spaventati che una crisi alimentare potesse portare a tensioni sociali.
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La stessa pressione, soprattutto da parte di Ankara è tornata ora con decisione dopo la sospensione da parte di Mosca, e ha funzionato. Il ministero della Difesa russo ha detto di aver avuto garanzie scritte da parte di Kyiv che non avrebbe utilizzato il corridoio di esportazione “per condurre operazioni contro la Russia”.
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Nessuno ha specificato di quali garanzie si tratti, ma Vladimir Putin ha minacciato che è pronto a lasciare l’accordo di nuovo se l’Ucraina le violerà. Si è detto a lungo che il patto sul grano rappresentava un piccolo laboratorio negoziale tra Russia e Ucraina, i due paesi hanno sempre negato: grano non vuol dire pace. Più che negoziale, ha dimostrato invece di essere un laboratorio di pressioni su Mosca molto efficace da usare anche su altre questioni, come l’energia o addirittura il pericolo nucleare. Sul grano, il Cremlino ha ceduto in fretta.
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