Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Nel dicembre del 1955 Manlio Cancogni scrisse per L' Espresso un articolo dal titolo profetico: «Capitale corrotta, nazione infetta». Per lo scrittore toscano il degrado e il malcostume di Roma erano il simbolo di un male che stava contagiando l' Italia intera.
Sono passati quarant' anni e poco è cambiato, se non in peggio. Ora il titolo del settimanale potrebbe essere corretto in «Capitale nella cacca, nazione fra gli escrementi».
Già, perché ai mille guai della città eterna, da ultimo si aggiunge lo sterco. Non bastava l' immondizia, che ormai invade perfino le vie del centro storico, con sacchi abbandonati accanto a cassonetti che traboccano di rifiuti senza che nessuno provveda a svuotarli, adesso ci si aggiunge anche il guano.
La capitale ha sempre dovuto fare i conti con gli storni che sorvolano interi quartieri e che in determinati periodi dell' anno insudiciano le strade cittadine, ricoprendo di escrementi le auto e ogni altra cosa disseminata sulle pubbliche vie.
Ma l' anno nuovo ha portato una novità, ossia alcune delle principali arterie romane chiuse per guano. Passi il traffico, che nella capitale è sempre più caotico e senza regole. Passi l' inquinamento, che ha costretto il prefetto a indire una circolazione a targhe alterne nella speranza di far rientrare le polveri sottili.
Passi perfino il caos che si registra sui mezzi pubblici, in particolare su quelli sotterranei. Che però ci si mettessero di mezzo pure i volatili e l' amministrazione pubblica fosse costretta ad alzare bandiera bianca e a chiudere alla circolazione intere zone del lungotevere, era cosa che non ci si aspettava, perché una capitale chiusa per cacca ancora non s' era vista.
Se la battuta non fosse troppo greve, si potrebbe dire che questa è l' ennesima figura di m... . Dopo Mafia capitale che speculava sui profughi, dopo i Casamonica e il loro funerale con musica del Padrino, dopo il sindaco cacciato a furor di scontrini, ecco iniziare l' anno del guano. Un avvio decisamente promettente, soprattutto tenendo conto che siamo nel pieno del Giubileo.
È vero che causa crisi e soprattutto fifa, il numero di pellegrini si è quasi dimezzato, così come testimoniano le statistiche degli ultimi mesi dell' anno appena trascorso, ma accogliere i visitatori facendoli scivolare sulle deiezioni non è il modo migliore per rilanciare la reputazione cittadina. Se poi a ciò si aggiunge che il 2016 è anche l' anno delle elezioni, perché a primavera i romani dovranno scegliere da chi farsi amministrare dopo le dimissioni di Ignazio Marino, l' avvio non è di buon auspicio.
Ovvio, nessuno è in grado di prevedere dove gli storni vadano a colpire. Né si può mettere un divieto di deiezioni ai volatili. Tuttavia organizzare squadre per ripulire le strade insudiciate dai pennuti, forse questo si può e si deve fare.
Ma una città allo stremo, indebitata fino al collo e che - causa mancata pianificazione dello smaltimento dei rifiuti urbani - rischia ogni giorno di essere travolta dall' immondizia, è in grado di affrontare la cacca? La risposta è no.
L' Ama, ossia l' azienda municipale che si occupa della monnezza, come il resto delle partecipate comunali, è con l' acqua alla gola. Anzi: con il pattume alla gola. Difficile dunque che il primo dell' anno ci fosse qualcuno in grado di affrontare il problema del guano. Così si è lasciato che la Capitale scivolasse anche su quello.
Certo, si può convenire che il problema principale di Roma non sono gli storni ma quei rapaci che l' hanno spogliata di ogni cosa, riducendola praticamente sul lastrico e privandola di quel decoro di cui abbisognerebbe una capitale. Tuttavia, anche la forma a volte è sostanza e il guano è una di quelle sostanze poco piacevoli con cui fare i conti.
L' Italia è già messa male, per via della sua situazione economica e per i livelli di disoccupazione ormai raggiunti.
Ci restava la pulizia, ma a quanto pare anche quella è compromessa. Mesi fa il Colosseo e alcuni musei della capitale furono costretti alla chiusura per manifestazione sindacale. Adesso alcune zone della capitale sono chiuse per sterco e sembra uno scherno. E invece no, è il simbolo di un paese. Aveva ragione Cancogni.
maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it.