Maria Corbi per “La Stampa”
«Io un' eroina? No, non mi sento così. Abbiamo scampato una tragedia ben più grande e adesso chi ha colpa deve pagare».
Agea B. ha la faccia stanca di chi ha passato la notte in bianco, ha sfiorato la morte, ha visto la sua casa inghiottita in un mare di calcinacci, di chi da allora, da quando i tre piani del suo palazzo si sono accartocciati come carte da gioco, continua a pensare a come dovrà organizzarsi la vita.
«Ero in affitto, per fortuna la casa non è mia. Ma dentro c' è tutta la mia vita. Ho detto ai vigili che ho anche cose di valore e che il mio appartamento è completamente aperto»».
«Ovviamente ho avvertito subito la proprietaria», aggiunge. Non ha voglia di parlare.
Guarda in alto anche lei, come tutti qui in lungotevere Flaminio, di fronte al ponte della Musica, scuote la testa, mette le mani nei capelli, cerca di sfuggire alle domande. Ma racconta: «erano alcuni giorni che sentivo strani rumori, ho pensato che fossero i vicini.
Ma l' altra notte, dormivo sul divano in salone, mi sono alzata poco dopo mezzanotte e questi rumori erano più forti, come dei sassi che cadevano sul soffitto. Ho anche avuto paura che potessero essere ladri. Mio marito non c' era, e non sono mai tranquilla quando sono sola visto che in zona ci sono spesso furti . Per questo il sonno era leggero. E quando mi sono alzata ho visto in corridoio e in sala delle crepe sul muro, che correvano dal soffitto al pavimento.
Non lo so cosa ho pensato, ma mi sono attaccata al telefono e ho chiamato il 113, poi mi hanno passato i carabinieri, i vigili del fuoco. E quando sono arrivati si sono accorti subito di quello che stava per succedere». E solo per un caso dentro al palazzo l' altra notte c' erano solo 19 persone.
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Quando arrivano i vigili Agea è già vestita, in ansia. Li fa entrare e dallo sguardo di uno di loro, l' architetto Giulio Capuano, capisce che si deve fare in fretta. Neanche il tempo di fare mente locale sulle cose da portare via. «Quando ho visto quelle fessurazioni non ci ho pensato un attimo: evacuare subito il palazzo», spiega Capuano. «Se avessimo atteso qualche minuto in più, ora staremmo cercando le persone sotto le macerie».
E così Agea e gli altri condomini scendono in strada, si stringono nei cappotti, nelle coperte, rimangono attoniti a guardare il palazzo seduti sulle panchine del giardinetto sulla piazza. La donna se ne va e non assiste, alle 4 di mattina al crollo del palazzo. Sesto e settimo piano che collassano sul solaio del quinto, dove sono in corso lavori di ristrutturazione. L' ingegnere che ha comprato da poco l' appartamento per un milione e 100mila euro voleva un grande open space che guardasse sul Tevere e su Monte Mario.
Lavori che avrebbero comportato l' eliminazione di qualche muro portante, almeno secondo le prime ipotesi investigative. Un' altra ristrutturazione era in corso al terzo piano in un appartamento destinato a diventare bed and breakfast. «Non so che lavori stessero facendo», dice Agea. «Certo erano molto rumorosi». E se ne sarebbe parlato all' assemblea di condominio il 3 febbraio.
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