Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Gli hanno tenuto compagnia una rana e un serpente. Sdraiato lì sotto, a 24 metri di profondità, Rahul Sahu ci è rimasto 104 ore. Quasi del tutto sordo e muto, non ha potuto gridare aiuto quando è scivolato in quel pozzo che pure conosceva molto bene, in mezzo al cortile di casa sua, nel villaggio di Pihrid, nel Chhattisgarth, India centrale. Si è fermato solo quando è arrivato in fondo, nella melma. Era mezzogiorno di venerdì. I genitori lo hanno cercato per cinque ore prima di capire che stava là sotto. Hanno provato a tirare una corda, a calarsi loro, impossibile, troppo fango, troppo stretto.
I soccorsi hanno cominciato ad arrivare da tutto il paese, vigili, del fuoco, protezione civile, croce rossa, esercito. Più di cinquecento persone al lavoro, migliaia di altre accorse per vedere e pregare. Ed è cominciata quella corsa contro il tempo che gli italiani ricordano a Vermicino, che a febbraio aveva visto mobilitarsi tutto il Marocco per il piccolo Rayan. Ma questa volta Rahul ce l'ha fatta. Ha resistito, steso su un fianco, come lo ha ripreso la telecamera fatta scivolare in fondo al pozzo, con quella rana e un serpente, e l'acqua melmosa che continuava a salire minacciosa fin sotto il mento. Senza poter dire niente, con poca aria. Ha provato a mangiare la banana che gli hanno fatto arrivare, ma non l'ha finita. Eppure ha tenuto duro, con gli occhi sempre aperti.
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LA GRANDE GIOIA Piangevano tutti, ma non lui, stupito dalle luci delle fotoelettriche, da quel burrone apertosi all'improvviso, frutto degli scavi forsennati andati avanti per quattro giorni. «Abbiamo un margine stretto, il lavoro è delicato, ma la nostra determinazione totale», aveva detto il premier del Chhattisgarth Bhupesh Baghel. I soccorritori sono stati subito d'accordo: scavare un tunnel parallelo e poi forare in orizzontale per andare a cercarlo.
Solo che i lavori sono stati resi quasi impossibili dal terreno franoso. I fori hanno smosso gli animali che vivono nella zona, soprattutto scorpioni e serpenti velenosi e questo non ha facilitato il lavoro. Gli ultimi metri, sono stati i più difficili, i più lunghi. Rahul era dall'altra parte della roccia e già sembrava spegnersi.
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LE CONDIZIONI Gli hanno inviato l'ossigeno, alla fine non si muoveva quasi più. Ma quando è caduto l'ultimo pezzo di terra, il piccolo era ancora lì, con gli occhi aperti, ad aspettare. Ora è ricoverato al Bilaspur Apollo Hospital, a un centinaio di chilometri da Pihrid. Per far arrivare prima l'ambulanza, le autorità hanno creato un corridoio. Rahul è stanco, ma stabile dicono i medici. Vicino a lui ci sono la mamma e il fratellino piccolo. La melma, l'acqua entrata nelle ferite provocate dalla caduta ha provocato una serie di infezioni, ma il piccolo dovrebbe cavarsela.
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A mangiare ha già ripreso. La mamma di Sahul ha spiegato che il piccolo non è mai andato a scuola, perché sente male, e questo gli ha impedito di imparare a parlare bene. «Era troppo lento, ha bisogno di tempo per capire di cosa si sta parlando e anche per decifrare un testo». Ma al procuratore Rahul è comunque riuscito a dire qualcosa: «Ci ha fatto capire che vorrebbe andare a scuola». È stato il suo fratellino Babu a tradurre agli adulti.
Nei villaggi rurali indiani i pozzi aperti sono ovunque, spesso vicini alle case, e spesso provocano tragedie. Nel 2019 un bambino di due anni era stato ritrovato morto dopo quattro giorni di vani tentativi con ruspe e trivelle, nel Pendjab, in fondo a un pozzo davanti casa sua. Pochi mesi dopo un bambino di un anno e mezzo è stato invece tirato fuori vivo da un buco lungo più di venti metri nell'Haryana.
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