Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
BENJAMIN NETANYAHU CON I CARTELLI ALL ONU
Bibi, com’è soprannominato e come ha intitolato l’autobiografia, ha usato il libro scritto nei 563 giorni passati all’opposizione – sugli ultimi 15 anni – per ricordare le battaglie e le ferite, per restituire qualche colpo, per raccontare la sua storia come la ricorda lui e come vuole farla ricordare.
Così in sequenza ravvicinata impallina Ehud Barak il soldato più decorato della storia del Paese che è stato suo comandante nell’unità d’élite Sayeret Matkal, mentore e pure compagno di coalizione, fino a diventare uno dei suoi critici più accaniti: lo accusa di essersi preso il merito per la liberazione degli ostaggi sull’aereo della Sabena nel 1972 (Netanyahu partecipò e fu colpito di striscio), invece «è stato un semplice spettatore, il suo unico ruolo nell’assalto è stato rimanere sulla pista e soffiare in un fischietto».
E Benny Gantz, che a giugno è tornato all’opposizione dopo aver partecipato al consiglio di guerra ristretto. Contro l’ex capo di Stato Maggiore – e adesso suo principale avversario politico —–le ragioni della resa dei conti sembrano evidenti […]
Ripulire il suo curriculum bellico dall’idea che possa essere stato lui a fermare l’attacco contro i siti nucleari iraniani nel 2012: Netanyahu critica i vertici del Mossad e delle forze armate (in quel periodo guidate da Gantz), sarebbero stati «troppo preoccupati dei rischi» e per almeno un paio di volte si sarebbero opposti alla sua volontà di bombardare i centri atomici.
BENJAMIN NETANYAHU - ATTACCO ISRAELIANO SU BEIRUT
Il piano risale a tre anni prima, quando Bibi e Barak, ministro della Difesa fino al 2013, sono d’accordo che è il momento di agire, vogliono impedire a Teheran di superare la soglia di non ritorno nella produzione di uranio da usare nella bomba. […]
[…] Gabi Ashkenazi, il capo di Stato Maggiore, risponde che l’aviazione e le truppe in generale non sono pronte, arriva a sostenere che l’ordine di dar via ai preparativi dato dal primo ministro sia illegale perché manca una decisione formale di tutto il governo.
Meir Dagan, il capo del Mossad, una volta andato in pensione arriva a commentare davanti alle telecamere della Cbs americana: «Attaccare l’Iran era l’idea più stupida che avessi mai sentito». Soprattutto servono il consenso e la cooperazione degli americani, improbabile ottenerli: il presidente Barack Obama è già convinto che la soluzione sia negoziare con gli ayatollah.
Benny Gantz rishi sunak a londra
Quello che si chiede un analista attento come Ben Caspit sulla rivista digitale Al Monitor è perché Netanyahu non torni alla carica tre anni dopo: i vertici sono appena stati nominati e sono meno ostici (Gantz appunto), Obama ha altro a cui pensare, è impegnato nella lotta per la rielezione. È Barak questa volta a opporsi e da allora Netanyahu non gli parla più mentre il suo ex comandante nelle forze speciali parla male di lui alle manifestazioni di protesta.
Il premier è convinto che abbia complottato alle sue spalle con Washington, nel 2015 il presidente firma l’intesa con l’Iran da cui si tira fuori — proprio su pressione del primo ministro israeliano — il successore Donald Trump.
benjamin netanyahu Benny Gantz
A spegnere la determinazione di Netanyahu — anche se Caspit ne evidenzia le continue esitazioni — è Shimon Peres, allora presidente, quando spegne le 89 candeline sulla torta di compleanno: è il 2 agosto e Peres approfitta dei festeggiamenti pubblici per bloccare qualunque iniziativa unilaterale contro il nucleare iraniano […]
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