Da corriere.it
È morto Angelo Licheri, l’uomo che si calò nel pozzo di Vermicino per tentare di salvare Alfredino Rampi, che vi era precipitato il 10 giugno 1981.
Licheri, 77 anni, era ricoverato in una clinica a Nettuno, vicino a Roma. Da anni, a causa di una invalidità legata al diabete, viveva in una casa di riposo fuori Roma.
In una intervista pubblicata nel 2019 da «7», Licheri spiegò il momento in cui perse la mano di Rampi nel pozzo di Vermicino.
«Il bambino era a 64 metri di profondità», disse. «Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli, dolcemente. So che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando. Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ho fatto è stato prenderlo per la canottierina, ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva... E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via. “Ciao piccolino”».
Licheri, sardo di Gavoi, all’epoca dei fatti di Vermicino aveva 37 anni, era padre di tre bimbi piccoli e faceva il fattorino per una tipografia, a Roma. Dopo aver visto in tv la diretta no stop della Rai sulle operazioni di salvataggio di Alfredino, la sera del 12 giugno andò sul luogo della tragedia per tentare di salvare il bambino, calandosi nel pozzo grazie alla sua eccezionale magrezza.
«Al capo dei vigili del fuoco ho detto: sono piccolo, fatemi scendere. E lui: lei è troppo emotivo. Ha qualche malattia, qualche problema... L’ho interrotto. Gli ho detto: senta, io sto benissimo, voglio solo scendere. La mia determinazione è stata più forte dei loro no alla fine l’ho vinta io».