C’ENTRA LA SUA OMOSESSUALITA’ O IL SUICIDIO DI ORLANDO MERENDA DERIVA ANCHE DA ALTRO? IL PADRE: "MI DICEVA DI AVERE PAURA. E’ STATO SPINTO DA QUALCUNO A UCCIDERSI" - “ISTIGAZIONE AL SUICIDIO”, È IL TITOLO DEL FASCICOLO APERTO DALLA PROCURA – QUALCUNO AVREBBE MESSO IN DISCUSSIONE LA SUA OMOSESSUALITÀ. MA COME? E IN CHE MODO? PER IL MOMENTO, L'IPOTESI DEL BULLISMO NON TROVA ALCUN FONDAMENTO INVESTIGATIVO...

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Massimiliano Rambaldi per "la Stampa"

 

La strada per crescere, e per farsi accettare, è sempre in salita. Orlando ci provava, però. Non nascondeva la sua omosessualità. «Ecco, questo sono io», diceva a chi gli voleva bene, a chi gli stava accanto. Ma non tutti, pare, lo avessero capito.

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Qualcuno lo avrebbe messo seriamente in discussione, avrebbe messo in dubbio ciò che lui diceva. Come, in che modo? Mistero. Anche chi conosceva bene Orlando avrebbe raccontato agli inquirenti che il coming out dell' apprendista barista non era stato compreso da tutti. Qualcuno vicino a lui l' avrebbe messo in discussione. E questa è la ragione per cui si sarebbe sentito respinto, se non addirittura abbandonato.

 

Ruotano tutte su questi pochi elementi le indagini per capire cos' è davvero accaduto. «Istigazione al suicidio», invece, è il titolo del fascicolo aperto dalla Procura, che intende chiarire se c' era qualcuno che voleva male a Orlando. E per quale ragione? C' entra davvero soltanto la sua omosessualità oppure il suicidio deriva anche da altro? Tutte domande a cui gli investigatori cercheranno di dare risposte.

 

Per il momento, comunque, l' ipotesi del bullismo non trova alcun fondamento investigativo. Ma i suoi amici continuano a non escludere questa parte oscura. Lo hanno scritto anche sulla panchina arcobaleno che gli hanno dedicato nel giardinetto di corso Maroncelli, di fronte al ponte dove Orlando ha deciso di farla finita: «Il bullismo omofobo, nemico dell' omosessualità ma anche della gentilezza, del rispetto, della socievolezza».

 

Quel tratto di Torino è diventato da qualche giorno un inno al rispetto e all' accettazione Lgbt. «Senza più giudizi», recita un messaggio avvolto ad un mazzo di fiori portato su quel ponte.

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Perché comunque, Orlando aveva qualche mostro che lo dilaniava. Non aveva mai voluto dire con esattezza chi fosse, ma non nascondeva il suo disagio. Al fratello e al padre aveva confessato di avere timori, di non essere tranquillo come un ragazzo di 18 anni dovrebbe essere.

 

Gli amici fanno capolino su quel ponte: lasciano messaggi, fiori, lumini. E continuano a ricordarlo anche su internet, sul suo profilo Instagram. Cercano in questo modo di difenderlo da chi tenta di dare una spiegazione ad un gesto che nessuno sa con certezza da cosa sia nato.

 

Proprio sui social si concentrano gli accertamenti della polizia ferroviaria, coordinati dal pubblico ministero Antonella Barbera.

 

Gli inquirenti stanno analizzando le conversazioni di Whatsapp, i post e le chat su Instagram. E più che una caccia è un puzzle, difficile da ricomporre. E forse una frase sbagliata, o anche violenta, uno sfottò è diventato un macigno. Tropo difficile da sopportare per un ragazzo della sua età.

 

2 - IL PADRE

Irene Famà per "la Stampa"

 

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«Potrò ritrovare la serenità solo quando capirò cosa ha spinto Orlando a compiere un gesto del genere». Francesco Merenda si interroga sulla morte di suo figlio, diciotto anni compiuti da poco, che domenica 20 giugno si è tolto la vita gettandosi da un cavalcavia poco lontano da casa, alla periferia di Torino. «Continuo a chiedermi il perché. Orlando aveva paura di molte cose, non avrebbe mai farlo un gesto del genere se qualcuno non l' avesse spinto a compierlo».

 

Chi avrebbe avuto motivo di farlo?

«Non lo so, ma nessuno mi toglie dalla testa questa convinzione. Soprattutto se ora ripenso ad alcune parole di Orlando».

 

Quali?

«Nelle ultime settimane mi aveva detto che aveva paura di un paio di persone. Mi aveva raccontato di essere stato minacciato, ma non aveva aggiunto altro. Forse per timore. Gli avevo chiesto chi fossero. Gli avevo proposto di incontrarli con lui, di avere un confronto. Ma Orlando minimizzava. Diceva che non era il caso. Gli avevo anche chiesto se dovesse dei soldi a qualcuno. Di spiegarmi quale fosse il problema, che l' avremmo affrontato insieme. Però i suoi atteggiamenti non sembravano allarmanti e così gli avevo consigliato di pensare alle vacanze».

 

Dove sarebbe dovuto andare?

«Avrebbe sostenuto gli esami di fine corso e poi avrebbe raggiunto la madre a Soverato. Gli avevo detto di riposarsi, tranquillizzarsi, di staccare la spina. Che al suo ritorno avremmo valutato la situazione».

 

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La procura indaga per istigazione al suicidio. Tra chi lo conosce bene c' è chi ha raccontato che Orlando era stato preso in giro perché omosessuale. E che qualcuno, vicino a lui, non avrebbe accettato il suo coming out.

«Che fosse gay, in famiglia l' avevamo capito da anni, ma abbiamo aspettato che lo dicesse lui. Non volevamo aprire il discorso, aspettavamo che fosse lui a raccontarsi. A me del suo orientamento sessuale importava poco. Gli ripetevo che ci sarei stato sempre, ora che era un ragazzo e un domani che sarebbe diventato adulto.

 

L' importante era che trovasse una persona che gli voleva bene, che fosse felice della sua vita, delle sue amicizie, dei suoi traguardi. Un figlio si accetta per quello che è, ma Orlando mi diceva che qualcuno lo prendeva in giro».

 

Chi?

«Anche in questo caso nomi non ne ha mai fatti. Raccontava che c' era chi rideva di lui e lo faceva sentire a disagio. Io gli consigliavo di non badarci, di essere sicuro di sé. Poi, ultimamente, mi ha detto delle minacce, ma credo che le cose siano legate. È sempre stato un ragazzo sensibile, riservato, taciturno. Anche il giorno della sua morte».

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Vi siete visti?

«Abbiamo pranzato insieme. Lui viveva con me e la domenica era un' occasione per sederci tutti a tavola».

 

Liti? Discussioni?

«No, un pranzo normale, abbiamo riso e scherzato come al solito. Poi ha detto che sarebbe uscito solo per dieci minuti, ma non è più tornato.

Nulla poteva far pensare a quanto accaduto. Ho provato a leggere il suo diario, per carcere qualche appunto.

Ma non ho trovato niente. Ripongo la mia fiducia nelle indagini perché sono certo che dietro il suicidio di mio figlio ci sia qualcos' altro».

 

Alcuni profili falsi, il giorno della sua morte, l' hanno insultato sui social. A lei è stato detto qualcosa?

«No. E dei commenti l' ho saputo dopo. Non sono su Instagram e sinceramente non ho mai dato peso ai social».

 

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Per Orlando, il profilo Instagram era un luogo in cui esprimersi. Postava tante foto e frasi che lasciano pensare che non si sentisse accettato a pieno. Ne avete mai parlato?

«No. I ragazzi di quell' età si confidano poco con i genitori e non è semplice capirli.

Spero però che mio figlio non sia morto invano e che i genitori si interroghino su alcune cose».

 

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Quali?

«Bisogna fare attenzione a tutti i segnali, a tutto ciò che nel comportamento di un figlio può sembrare anomalo. Anche alle piccole cose, dal modo di vestire, ai silenzi, alle risate. Bisogna fare attenzione a tutto, a ogni minimo dettaglio. Per un genitore, un figlio che si toglie la vita è qualcosa che non si può descrivere a parole. I ragazzi, in famiglia, devono sentirsi al sicuro. Io a mio figlio ripetevo spesso di non dare retta alle persone».

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