Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
È l'ultima occasione per poter giudicare i presunti sequestratori (tra cui anche un presunto assassino) di Giulio Regeni. Oggi la Corte di cassazione si riunisce per decidere sulla possibilità di processare i quattro egiziani della National security accusati di quei delitti in loro assenza.
Nove mesi fa, il 14 ottobre, la Corte d'assise di Roma s' è fermata perché manca la «prova certa» che gli imputati siano a conoscenza dell'inizio del dibattimento, e ha rispedito il fascicolo al giudice dell'udienza preliminare. Il quale ha ordinato nuove ricerche dei quattro militari per notificare loro la convocazione in aula. Ovviamente senza alcun risultato, con conseguente, nuova sospensione del procedimento.
A quel punto il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha giocato l'ultima carta rimasta: chiedere alla Corte di cassazione di annullare l'ordinanza del giudice e tutti gli atti da cui deriva, compreso lo stop imposto dalla Corte d'assise.
Considerato un provvedimento «abnorme» e viziato da gravi errori logico-giuridici; non solo perché gli imputati egiziani sarebbero dei «finti inconsapevoli», che con il rifiuto di comunicare i rispettivi recapiti bloccano il processo, ma anche perché in questo modo il loro diritto sancito dal codice finisce per calpestare quelli altrettanto importanti dello Stato e delle vittime ad amministrare e ottenere giustizia.
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Alla vigilia dell'udienza in Cassazione è scesa in campo, oltre all'avvocata Alessandra Ballerini che assiste i genitori e la sorella di Giulio e sostiene le posizioni del pm, anche la Procura generale presso la Corte suprema.
Con una requisitoria scritta di 22 pagine, il massimo organo dell'accusa fa propri gli argomenti della Procura di Roma, bacchetta la Corte d'assise e ribadisce che, come risulta dagli atti, se si è arrivati a questa impasse è anche per i «molteplici comportamenti» dell'Egitto «tesi a ostacolare e depistare le indagini, e a impedire le notifiche agli imputati».
Un'accusa da cui si evince che la sospensione del processo è destinata a durare un tempo indeterminato, sine die, e ciò sarebbe «irragionevole» perché in contrasto con le stesse ragioni per cui il codice prevede quella possibilità.
Di qui la richiesta di far partire il giudizio dei quattro imputati, mai cominciato. A costo di sottoporre la questione alla Corte costituzionale, se il ragionamento giuridico non dovesse convincere i giudici della Cassazione, per farla pronunciare sulla eventuale incostituzionalità di quel «diritto tiranno» evocato dalla Corte d'assise.
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La battaglia per ottenere verità e giustizia per Giulio Regeni passa anche da disquisizioni tecniche complesse e complicate, che potrebbero arrivare fino alla Consulta.
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