Valentina Della Seta per “il Venerdì di Repubblica”
stefania viti il libro del sake
Già autrice di due manuali sul sushi e sul ramen, Stefania Viti, giornalista laureata a Venezia in Lingua e letteratura giapponese, firma adesso Il libro del sake e degli spiriti giapponesi. Storia dei liquori nipponici con cocktail e curiosità (Gribaudo, con la collaborazione di Miciyo Yamada, fotografie di Paolo Picciotto, pp.160, euro 16,90).
Dove sgombera il campo da un bel po' di equivoci. «Se vi capiterà di andare in Giappone e chiedere del sake, non è detto che il vostro interlocutore capisca bene quello che desiderate bere» scrive nelle prime pagine Viti, che ha vissuto dieci anni a Tokyo. Un po' come è accaduto negli ultimi anni per il sushi (ormai quasi tutti nel nostro Paese sanno che non fa parte del menù di tutti giorni dei giapponesi, e che non andrebbe infilzato nelle bacchette, scomposto o annegato nella soia dalla parte del riso), anche per parlare di liquori nipponici bisogna infatti chiarire alcuni punti fondamentali.
A partire dal nome: «La parola sake, letteralmente bevanda alcolica, è un termine generale che viene utilizzato per indicare tutti i prodotti alcolici, sia giapponesi che stranieri. In Giappone, quello che all' estero viene comunemente chiamato sake è definito nihonshu, alcol giapponese».
E questa è già una scoperta, almeno per chi era convinto che si trattasse di un distillato, una sorta di grappa da degustare calda alla fine dei pasti. Tutto sbagliato, spiega la giornalista. Il sake a base di riso fermentato e acqua nasce da un processo simile a quello per ottenere la birra, e in comune con un distillato ha solo il colore trasparente.Leggendo il libro scopriamo, insieme con le ricette per i cocktail e con le regole della degustazione del sake, che i giapponesi lo bevono a tutto pasto, sia freddo che caldo. La sua storia è antichissima: «L' origine affonda nella notte dei tempi» spiega l' autrice.
«La tradizione degli alcolici a base di riso risale infatti a 2.500 anni fa, periodo in cui questo cereale iniziò a dominare l' agricoltura del Giappone». Da noi l' interesse per questa bevanda è nato invece di recente. Come racconta nel libro Marco Massarotto, uno dei massimi esperti italiani di sake: «Solo dieci anni fa in Italia non c' era. Si trovava a malapena qualche boccione di sake giapponese fatto in America, un prodotto che veniva tenuto sotto il bancone nei ristoranti giapponesi e cinesi e che veniva scaldato e servito come digestivo dopo cena».
Chiunque sia appassionato di cucina orientale lo ricorderà, come anche i mal di testa che faceva venire, con una certa nostalgia. Ma il vero sake, a quanto pare, è tutta un' altra cosa.
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