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1 - ACCUSE TRA HEZBOLLAH E ISRAELE MA L'INCIDENTE FA COMODO A TUTTI
Gian Micalessin per “il Giornale”
L'incidente non è solo la causa più probabile del disastro, ma anche, vista l'entità della strage, la più comoda e conveniente per tutti. Proprio per questo non sapremo mai se dietro l'esplosione delle 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio ammassate nel porto di Beirut si nasconda qualcosa di più sofisticato e premeditato della banale scintilla scaturita durante la saldatura di una porta del magazzino 12.
feriti tirati fuori dalle macerie a beirut
In compenso nella capitale libanese voci e ipotesi si sprecano. Sul fronte di Hezbollah si ipotizza un cyber-attacco israeliano, simile a quelli messi a segno recentemente in Iran. I nemici del Partito di Dio scommettono, invece, sulla deflagrazione delle testate missilistiche ammassate da Hezbollah in un sito adiacente al magazzino 12.
Altri ancora ipotizzano un tentativo di mettere le mani sul carico di nitrato di ammonio in vista di un prossimo attacco allo Stato ebraico. Fino alle voci che vogliono l'intervento di «manovalanza» di Hezbollah per accendere la miccia e accusare poi Israele.
ESPLOSIONE A BEIRUT
Voci e ipotesi alimentate dall'imminenza della sentenza del processo Hariri - rinviata proprio ieri - che poteva vedere la condanna in contumacia dei militanti del Partito di Dio accusati dell'attentato costato la vita, 15 anni fa, al premier libanese. L'ipotesi incidente non basta comunque ad assolvere dalle loro responsabilità Hezbollah e quanti hanno trasformato il Libano in un Paese dei balocchi sospeso tra l'incubo di una guerra incombente e il sogno di un benessere infinito.
Tra quell'incubo e quel sogno si nascondono le cause dell'insipienza che ha originato l'incidente. Dietro l'incuria che ha permesso a giudici e autorità di dimenticare 2.750 tonnellate di nitrato di potassio c'è la corruzione di un sistema che per trent' anni ha distribuito poteri, agi e ricchezze in maniera rigorosamente settaria.
L'esigenza di scegliere un presidente cristiano affiancato da un premier sunnita e da presidente del Parlamento sciita ha dato vita, a cascata, a una simmetrica ripartizione di risorse, ricchezze e cariche pubbliche. E questo spiega perché, in mancanza di una specifica responsabilità o di un adeguata bustarella, nessuno si sia preso la briga di rimuovere una minaccia letale dal cuore di Beirut.
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Con la stessa logica nessuno si è mai preso la briga di garantire a una metropoli dove, fino a qualche anno fa, giravano i miliardi di dollari del Golfo, un sistema di trasporti pubblici o una centrale elettrica capace di garantire forniture stabili. Così per decenni l'apparente dolce vita di Beirut e la miseria dei suoi sobborghi hanno fatto i conti con i miasmi dei gas di scarico sputati da traffico e generatori.
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Ma la strage di lunedì prende forma sullo scenario dell'ulteriore degrado innescatosi due anni fa quando il principe ereditario Mohammed Bin Salman bloccò definitivamente i flussi di capitali sauditi mettendo con le spalle al muro un premier Saad Hariri poco disposto a uno scontro frontale con Iran ed Hezbollah. Il crollo del prezzo del petrolio e le sanzioni americane a Teheran hanno fatto il resto lasciando in mutande un Partito di Dio sciita che - dopo aver sacrificato risorse e militanti nella guerra di Siria - sperava nei proventi garantiti dagli ayatollah iraniani.
ESPLOSIONE A BEIRUT
Dissolti i dollari di Riad e Teheran del vecchio sistema settario sono rimaste in piedi solo le ineguaglianze e le ingiustizie aggravate ed esacerbate, negli ultimi mesi, dall'ulteriore crisi innescata dal Coronavirus. In questo scenario la Beirut ferita a morte dall'immane esplosione di lunedì rischia di affondare non sotto i colpi di Hezbollah o dei militanti sunniti, ma di chi si ritrova alla fame a causa delle malversazioni garantite e permesse dai due eterni nemici.
2 - «IL DISASTRO FARÀ GUADAGNARE SOLTANTO ERDOGAN»
Andrea Morigi per “Libero quotidiano”
Giunto ormai da mesi sull'orlo dell'abisso con il default finanziario, messo in ginocchio dall'emergenza Covid-19 il Libano si vede precipitato improvvisamente verso un punto di non ritorno. Prevale il fatalismo, fra gli abitanti della capitale: «Non importa quanto è dura la situazione, la nostra unica certezza è che domani sarà peggio», dicono i loro tweet rassegnati dopo la strage di martedì.
A meno che, con le principali infrastrutture disintegrate dalle esplosioni, scatti l'ora della risurrezione. Stefano Piazza, esperto svizzero di sicurezza, propone di guardare ai prossimi appalti per la ricostruzione. «Il porto di Beirut è distrutto, gli ospedali funzionano a fatica, il numero di famiglie rimaste senza casa è incalcolabile, ci sono tonnellate di vetri da sostituire. Inoltre non sappiamo quali sostanze si siano sprigionate nell'aria. Ma intanto si apre uno scenario. C'è da rifare tutto».
È il business della ricostruzione, che produce sempre profitti. Chi pensa che se ne occuperà?
«Sarà il presidente turco Recep Tayyp Erdogan a dire: "Vi aiuto io" e a saltare sull'affare. Ha già telefonato al suo omologo libanese Michel Aoun, rassicurandolo sulla disponibilità della Turchia a fornire "ogni aiuto necessario" per far fronte alle conseguenze dell'evento. Inoltre la Turchia si è già fatta avanti offrendosi di costruire a Beirut un ospedale da campo e mandando la Fondazione turca per il soccorso umanitario (Ihh) a scavare per recuperare i corpi sepolti sotto le macerie».
ESPLOSIONE A BEIRUT
il porto di beirut dopo l'esplosione
Si aspetteranno un ringraziamento concreto. Cosa potranno chiedere in cambio? «Attualmente, l'economia turca non se la passa bene, ma è sostenuta finanziariamente dal Qatar, che peraltro proprio pochi mesi fa aveva rifiutato di aiutare il Libano. Ma questa è un'opportunità che consentirebbe ad Ankara di aggirare la Siria, che geograficamente circonda il Libano. ed espandere lteriormente la propria influenza nel Mediterraneo orientale».
il silo di grano distrutto nel porto di beirut
L'unico confine che rimarrebbe sarebbe quello meridionale che divide il Libano da Israele. Sarebbe una minaccia verso lo Stato ebraico?
«Gerusalemme non ha nessun interesse a entrare in un conflitto con il Libano, dal quale peraltro attualmente si deve già difendere, perché dalle proprie postazioni Hezbollah continua a lanciare quotidianamente missili verso il territorio ebraico».
facciate distrutte nei palazzi di beirut
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu fra l'altro aveva avvertito l'Onu della presenza di esplosivo nel porto della capitale libanese e, fra le ipotesi, c'è quella che il magazzino saltato in aria a Beirut celasse un deposito di armi delle milizie sciite libanesi. È azzardato immaginare che si sia tratto di un attacco volontario?
«Non si può escludere che qualcuno abbia intenzionalmente gettato il Libano nel caos per approfittare della situazione. Per ora, si può soltanto dire che il presidente Michel Aoun ha convocato il Consiglio di Difesa.
beirut il giorno dopo l'esplosione
E in quei Paesi lo si fa soltanto in caso di guerra. E il premier Hassan Diab ha dichiarato che tutti i responsabili della catastrofe saranno chiamati a risponderne. La dinamica dell'incidente non è ancora chiara. Le indagini diranno che cos' è saltato, se soltanto il nitrato di ammonio oppure anche qualcos' altro. A quel punto forse si capirà qualcosa in più sull'origine di quella tragedia».
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