Marino Niola per “il Venerdì - la Repubblica”
Solare o lunare, solstiziale o equinoziale, primaverile o invernale, rumoroso o silenzioso, il Capodanno è sempre Capodanno. E da che mondo è mondo non c'è popolo che non lo festeggi. Gli antichi romani legavano i rituali d'inizio del nuovo anno al dio Giano, in latino Ianus, da cui deriva il nome di gennaio, il primo dei mesi.
I popoli del Nord Europa festeggiavano il giro di boa stagionale mascherandosi da animali per propiziarsi la natura e le sue specie. In quasi tutti i casi, però, in Occidente come in Oriente, gli elementi fissi di questo rito di passaggio stagionale sono da sempre fuoco, luce e rumore. Il baccano rituale serviva a scacciare gli spiriti maligni, a mettere in fuga tutti i demoni cattivi. Da questo uso, peraltro, deriva la parola pandemonio.
I falò e le lampade accese avevano invece la funzione di illuminare il cammino dell'anno che entrava. Poi con l'invenzione della polvere da sparo luci e suoni sono diventati una cosa sola dando origine ai nostri botti di Capodanno. Non è un caso che ancora oggi, nonostante i richiami alla prudenza, la notte di San Silvestro città e paesi si accendano come polveriere.
È una autentica febbre del fuoco che ogni anno miete vittime, tant'è vero che i notiziari del primo gennaio iniziano quasi sempre con l' elenco degli infortuni. Ma ci sono anche capodanni alla rovescia, come quello di Bali, in Indonesia. Che viene celebrato nel silenzio più assoluto. Uno stand by della vita per ingannare le potenze del male facendo credere loro che l' isola sia disabitata. È una giusta pausa dell' anima. Fra due giorni potremmo provarci anche noi. Forse riusciremmo a sentire il suono del silenzio.