Estratto dell'articolo di S. Fin. per il “Corriere della Sera”
Che la nube radioattiva che investì l’Europa centrale dopo l’incidente di Chernobyl avesse contaminato milioni di animali era un fatto già noto ai biologi. Secondo uno studio pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Environmental Science & Technology , ancor più dannose dell’esplosione del 26 aprile 1986 sono state tuttavia le decine di test nucleari atmosferici condotti sopra il Continente tra gli anni Cinquanta e Sessanta.
È quanto hanno scoperto i ricercatori di due atenei — l’Università Leibniz di Hannover e l’Università tecnica di Vienna — analizzando le carcasse dei cinghiali abbattuti dai cacciatori nelle foreste bavaresi tra il 2019 e il 2022. In alcuni esemplari i livelli di radioattività sfioravano i 15.000 bequerel (l’unità di misura dell’attività di un radioisotopo), venticinque volte il limite massimo imposto dalla legge tedesca perché la carne possa essere consumata.
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A questo punto, il professor Georg Steinhauser e i suoi colleghi si sono posti una domanda: perché i segni di quei test — ne furono portati a termine più di 500 in tutto il mondo — si possono rintracciare nelle carcasse dei cinghiali e non in quelle di qualsiasi altro animale? L’elemento cruciale, si legge nell’articolo, sono gli elaphomyces , una famiglia di piccoli funghi sferici che crescono alcuni centimetri sotto il livello del suolo, catturano e trattengono le radiazioni presenti nel terreno e possono venire in contatto con falde acquifere ricche di elementi radioattivi. […]
I cinghiali, , ne vanno ghiotti.