Ilaria Carra per La Repubblica
Alessandro è nella vasca di liquami, con una lancia prova a liberare una pompa che si è occlusa. È mentre fa questa manovra che una zaffata di idrogeno solforato lo investe all' improvviso, in pochi secondi la nube tossica lo uccide sul colpo, per asfissia, nel giorno del suo 50esimo compleanno. Il suo collega Andrea è vicino a lui, prova a soccorrerlo, ma riesce solo a scendere dalla scala e a telefonare al titolare per dare l' allarme prima di perdere i sensi.
Ancora due operai morti sul posto di lavoro in un intervento di manutenzione, che altre volte era stato fatto, ma che stavolta risulta fatale.
L' incidente avviene alla Di.Gi.Ma. a Villanterio, nel Pavese, ditta specializzata nel trasformare scarti animali nella base delle farine per mangimi.
Una piccola azienda a conduzione familiare, ora sotto sequestro e da bonificare, che aveva recentemente ottenuto contributi pubblici proprio per ottimizzare gli impianti che, a una prima analisi, appaiono invece ancora obsoleti.
L' incidente avviene poco dopo mezzogiorno. I carabinieri del comando provinciale di Pavia, assieme ai vigili del fuoco, dovranno chiarire le cause dell' incidente mortale. Trattandosi di lavorazioni che sprigionano gas molto tossici, andrà anzitutto accertato se i due operai avrebbero dovuto indossare una maschera a gas o un respiratore che invece non avevano: in tal caso, andrà appurato se l' azienda non ne è dotata o se si tratta di un' eventuale negligenza dei due lavoratori.
Gli investigatori stanno anche accertando la condizione degli impianti, non si esclude un eventuale guasto. I titolari avevano partecipato a un bando regionale nel 2020 per 35mila euro di contributi per "l' ottimizzazione e l' innovazione dei processi produttivi", soldi concessi dalla Lombardia proprio per sostituire i macchinari della ditta che evidentemente, però, non erano ancora stati cambiati.
Oltre a circa 70mila euro, sempre di fondi pubblici, ottenuti dal 2018 per altri progetti. Secondo chi indaga, gli impianti appaiono piuttosto obsoleti, per qualcuno addirittura risalenti agli anni Novanta. La loro efficienza, le certificazioni, le manutenzioni, sono ora oggetto di indagine. Così come il funzionamento dell' impianto di ventilazione ed eventuali anomalie nei contratti dei due operai.
Alessandro Brigo viveva a Copiano, nel Pavese, con la moglie Laura, farmacista e consigliere comunale del paesino, e i due figli adolescenti.
Ex camionista, aveva deciso di cambiare lavoro per stare più vicino alla famiglia e da qualche anno era stato assunto in questa ditta: «Era molto legato alla famiglia, e nel poco tempo che rimaneva faceva il volontario della Protezione civile, una bravissima persona» dicono gli amici con le lacrime agli occhi fuori dal capannone lungo la Statale 235. Era invece un lavoratore interinale Andrea Lusini, 51 anni, nato a Siena e da due anni a Linarolo, nel Pavese. Il Covid si era portato via i suoi genitori. Separato, con un figlio in Toscana, aveva una compagna da un paio d' anni ed era un lavoratore interinale. Le responsabilità del titolare della ditta, Maurizio Dinosio, sono al vaglio degli inquirenti: in serata era ancora in caserma a Villanterio per l' interrogatorio davanti al pm Camilla Repetto, ai militari e al personale dell' Ats.