Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera - Estratti
Le migliaia di pagine dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari per corruzione Aldo Spinelli e Giovanni Toti restituiscono l’affresco dei rapporti tra il re della logistica portuale e la politica che, almeno nel caso del governatore, assumono i connotati della spregiudicatezza secondo la Procura di Genova. L’immagine di Spinelli più efficace la tratteggia un uomo finito in un’intercettazione: «Quali sono le sue armi vincenti? Il sorriso, la battuta, la quinta elementare, però ha anche i cogli..., soprattutto, e il quasi illimitato numero di persone che lui in un qualche modo paga», «con pranzi, orologi, soldi, ma paga. Che è il modo di lavorare che aveva cinquant’anni fa ed è lo stesso che ha anche adesso».
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SPINELLI, IL GRANDE PAGATORE E SCHERZA: LASCIATO SOLO DAI LEGALI
Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera - Estratti
Esce dall’aula del giudice con un mezzo sorriso: «Cosa volete che vi dica ragazzi, non ci sono i miei avvocati… mi hanno lasciato solo».
Un carabiniere da una parte, l’autista dall’altra. I ragazzi sono i giornalisti che lo attendono per capire com’è andato l’interrogatorio di garanzia. E lui è Aldo Spinelli, il reuccio del porto che i concorrenti chiamano Spino guardandolo storto e i dipendenti scio’ Aldo, signor Aldo. Imprenditore, commendatore, patron del calcio, prima del Genoa poi del Livorno.
E ora, a 84 anni suonati e portati splendidamente, indagato eccellente di questa inchiesta monstre della Procura di Genova sui finanziamenti illeciti e le tangenti alla politica che lo ha portato agli arresti domiciliari. «State tranquilli che lunedì saprete tutto», promette. È successo un disguido tecnico, una pec non ricevuta, e l’interrogatorio è slittato a domani. Se vorrà rispondere i magistrati, che lo stanno indagando come corruttore, gli chiederanno conto dei 75 mila euro versati nelle casse dei Comitati elettorali di Toti per ottenere secondo l’accusa vari favori, dal rinnovo trentennale della concessione del Terminal Rinfuse alla riqualificazione di una spiaggia savonese, e poi ci sono le tangenti all’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini, finito in carcere come corrotto. Spinelli elargiva con larghezza nella sua inarrestabile scalata al porto di Genova.
La sua è la storia di un uomo che si è fatto da sé, partito da marittimo di macchina per mettersi in proprio a 23 anni subito dopo la morte del padre in un naufragio. E da lì è stato una mangusta, un boccone dietro l’altro, prima una ditta di legnami, poi una di logistica, il business dei container del quale è stato un precursore, e sempre più su, strappando concessioni, aree dismesse, terminal. Tratta con Msc, firma contratti con il Lloyd triestino, con Italsider, compra il Genoa, che porta dalla serie B alla Uefa e lo rende famoso.
Poi se ne va e si prende il Livorno: «Basta, lo cedo gratis, voglio chiuderla qui», ci mette una pietra sopra.
Ma il suo mondo è il porto. È lì che combatte da una vita per cercare di avere sempre più spazio. La sua società toccherà nel 2015 i 200 milioni di fatturato con 700 dipendenti. Un big del porto e come tutti i big ha la sua bella villa e il suo grande yacht. La villa, dove trascorre ai domiciliari, si affaccia su uno degli scorci più invidiati di Genova. In quelle stanze la Finanza gli ha sequestrato 215 mila euro cash il giorno dell’arresto, oltre a 20 mila dollari e 5 mila sterline.
Lo yacht è invece il Leyla, ormeggiato alla Darsena della Fiera, dove ha sempre invitato ospiti illustri, politici e imprenditori. Per rimanere ai tempi recenti, quelli sondati dall’indagine della Procura, l’ex presidente della Regione Burlando, l’attuale Toti, il sindaco di Genova Bucci.
Spinelli è furbo, abile, spregiudicato, generoso. «Alla Lega abbiamo già fatto un bonifico… poi gliene facciamo un altro», rassicura parlando con Signorini, frequentatore di Montecarlo, al quale offre week end da sogno, casinò compreso.
Secondo gli inquirenti è anche grazie a tutto ciò che riesce a strappare il rinnovo della concessione trentennale del Terminal Rinfuse che è un po’ la gallina dalle uova d’oro. «Ma io tanto finanzio il partito...io ho mandato al partito quindici...a lui e quindici a Toti...!». Secondo il giudice il finanziamento «è lungi dall’essere un atto di liberalità, appariva chiaramente inteso e concepito dall’imprenditore esclusivamente come “leva” per ottenere dei provvedimenti di favore».
L’imprenditore ha un occhio di riguardo per tutti: un mese prima dell’intercettazione era andato a chiudere la campagna elettorale di Bucci, dove ha abbracciato Matteo Salvini: «I partiti sono tutti uguali. Se me lo chiedono finanzio anche il Pd», aveva spiegato al Secolo XIX .
Spinelli e Toti, Spinelli e Burlando, Spinelli e Salvini. Di qua e di là. «Signor Spinelli, non ha un po’ esagerato con questi finanziamenti?», gli abbiamo chiesto ieri mentre si allontanava. «Male non fare, paura non avere», ha tagliato corto infilando l’ascensore del tribunale.
GIOVANNI TOTI SULLO YACHT LEILA DI ALDO SPINELLI aldo spinelli ALDO SPINELLI spinelli signorini toti