Estratto dell’articolo di Francesco Di Blasi per https://tg24.sky.it/
character.ai giulia cecchettin
Giulia Cecchettin è stata uccisa quasi un anno fa e su una popolare piattaforma online circolano profili basati sull'intelligenza artificiale che simulano la sua identità, permettendo agli utenti di interagire con lei, scrivendole o addirittura chiamandola al telefono. Non è stato possibile verificare se la voce che l'avatar di Giulia Cecchetin utilizza sia stata creata a partire dalla sua voce o di un suo familiare.
La piattaforma Character.AI consente agli utenti di interagire con chatbot […] creati utilizzando l'intelligenza artificiale generativa. Il servizio nasce per consentire agli utenti di creare personaggi, sia storici come Giuseppe Garibaldi che di fantasia come Luke Skywalker, ma consente di simulare anche situazioni reali, come un colloquio di lavoro o una seduta con uno psicologo. Questi personaggi possono essere condivisi online e la loro popolarità varia in base al numero di interazioni che hanno con gli utenti.
character.ai giulia cecchettin.
Creare un chatbot è facile: basta dargli un nome, una foto profilo, una descrizione della personalità e una storia che ne racconti la vita. È anche possibile attribuire al chatbot una voce. […] Le regole di Charater.AI vietano l'uso di nomi, immagini o voci di personaggi reali. La mancanza di controlli preventivi però, lascia ampia libertà nella creazione dei chatbot. Da un nostro test ad esempio è emerso che sia possibile iscriversi alla piattaforma anche dichiarando un'età inferiore a quella minima richiesta.
La scarsa regolamentazione è evidente dall'alto numero di profili di persone presenti sulla piattaforma. Giulia Cecchettin, ma anche Filippo Turetta, il 22enne che l'ha uccisa, e altre ragazze morte o scomparse, come Yara Gambirasio o Emanuela Orlandi. Nel caso del chatbot di Turetta, nelle chat non mostra alcun segno di rimorso e la voce utilizzata sembrerebbe molto simile a quella reale del ragazzo.
[…] L'identità dei creatori di questi chatbot è sconosciuta, ma in alcuni casi l'intento diffamatorio appare chiaro dalle descrizioni assegnate ai chatbot o dalle conversazioni che si possono avere con loro. Uno dei chatbot di Cecchettin, per esempio, si descrive come “innamorata di Filippo Turetta” e "felice di andare a Monaco di Baviera dove va spesso in ferie con il suo ragazzo”. Monaco di Baviera è stata meta della fuga di Turetta, iniziata dopo l'omicidio di Cecchettin.
[…] Alla domanda se Turetta l'amasse, il chatbot di Cecchettin risponde "credo di sì" e quando le viene chiesto se un atto così violento possa essere compatibile con l'amore, il chatbot risponde minimizzando, giustificando il gesto come un errore dettato da incomprensioni. Alla domanda se riuscirebbe a perdonare il suo assassino, il chatbot sostiene di averlo già perdonato. Riguardo alla gelosia di Turetta, il chatbot afferma che le intenzioni del ragazzo sarebbero comunque "le migliori" e alla richiesta di chiarimenti dice: "credo che non volesse farmi soffrire e che credesse fosse la cosa giusta da fare".
L'USO DEI DATI DI GIULIA CECCHETTIN E IL SOSPETTO COINVOLGIMENTO DELLA VOCE DI SUA SORELLA
L'utilizzo arbitrario di strumenti come Character.AI solleva vari problemi, anche legali. I chatbot possono diffondere disinformazione, contenuti diffamatori o violare la privacy delle persone che impersonificano, come accaduto a una giornalista americana che ha scoperto che era stato creato un chatbot in grado di diffondere informazioni personali sul suo conto.
[…] “Gli eredi hanno il diritto di tutelare sia l'immagine, che i dati personali di un loro parente, anche dopo la sua morte. Questa protezione è espressamente riconosciuta in Italia", dice Filiberto Brozzetti, professore di Diritto della protezione dei dati personali dell’Università Luiss.
Nel caso di informazioni connesse a crimini come la violenza sessuale o il femminicidio, inoltre, “i dati delle vittime sono considerati dalla giurisprudenza come meritevoli di particolare tutela, per garantire il rispetto della privacy e della dignità delle vittime e delle loro famiglie” sostiene il professore.
Nel caso poi dell'utilizzo della voce di una persona “questa campionatura costituirebbe un trattamento di dati biometrici”, dice Brozzetti e, senza il suo consenso, “ci troveremmo di fronte a un’ulteriore violazione della privacy”.
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