Fulvio Abbate per https://www.huffingtonpost.it/
Per raggiungere la nostra tomba di famiglia, nel cimitero palermitano di “Sant’Orsola”, occorre passare davanti alla sepoltura di Francesco Vella, sindacalista degli edili, militante comunista, “martire” dell’8 luglio 1960. A Palermo il ricordo di quei giorni è d’obbligo, almeno presso il mondo della sinistra storica.
La data della ricorrenza nazionale racconta soprattutto la rivolta di Reggio Emilia, 7 di luglio, i suoi morti, antologizzati in un canto espressamente politico di Fausto Amodei che, pur senza indulgere alla retorica, ne solleva nomi e volti in strofe che suggeriscono una sequenza di foto mortuarie su ceramica, Franchi, Tondelli, Serri, Reverberi e Farioli…
Martiri di un abbozzo di rivoluzione italiana a un passo dall’apoteosi del boom economico. Così occorre leggere i moti del luglio 1960, a 15 anni dalla guerra di liberazione dal fascismo, una data dal valore simbolico segnata in rosso nel calendario “civile” militante delle ricorrenze che, sebbene funebri, vivono intatte nella memoria dei “compagni”, un luglio da annoverare accanto ai morti di Modena del 1950, della lotta per l’occupazione delle terre del latifondo e la riforma agraria contro la mafia.
PIER PAOLO PASOLINI - LA DIVINA MIMESIS
I “ragazzi delle magliette a strisce”, più che un dato allegorico-politico, indicano visivamente l’istante che precede la pienezza fotografica sotto l’insegna Kodachrome, indumenti comuni, giunti dalla rinfusa dei banchi dei mercati popolari, le stesse che indossano Accattone, Cartagine e Il Balilla, occorrerà aspettare i Beatles per avere i primi marchi.
I resoconti giornalistici raccontano che i moti scaturirono dalla “provocazione” del Msi che aveva indetto il suo congresso a Genova, “città medaglia d’oro della Resistenza”. Un insulto per la memoria antifascista cittadina, le nicchie lungo via XX Settembre custodiscono i nomi, a migliaia, del martirologio della Resistenza in Liguria. Si sappia: nel ’60 anche i partigiani erano ancora ragazzi. Su tutto, il volto del democristiano Fernando Tambroni, l’uomo verrà ricordato per la sua Caduta; i voti del partito neofascista ne puntellavano il governo.
Pietro Ingrao ha raccontato le cariche della polizia a Porta San Paolo, a Roma, fra questi Raimondo D’Inzeo, tenente colonnello dei carabinieri a cavallo: “… gli uomini della Celere, intanto che colpivano noi dimostranti urlavano: ‘Porci comunisti, andatevene in Russia!’”. Lo stesso Ingrao, dopo essere stato manganellato, si ritrovò su un cellulare nonostante avesse mostrato la tessera di parlamentare. Aggiunge: “Erano gli ultimi sussulti di un vecchio mondo, le cose stavano mutando, da lì a qualche anno, caduto Tambroni, sarebbe nato il centro-sinistra”.
FULVIO ABBATE SULLA TOMBA DI FRANCESCO VELLA
“Ciccio” Vella veniva da piazza Montegrappa, tra ospedale “Civico” e cimitero, quartiere popolare. La sezione comunista vedrà il suo nome su una insegna così bella da sembrare una decorazione da luminaria o da carretto per il Festino di Santa Rosalia. Ancora nel 1971, accanto alla foto di Vella ritoccata all’anilina, lì dimorava il ritratto di Stalin. Con Vella, a Palermo, trovarono la morte due ragazzi, Giuseppe Malleo e Andrea Gangitano.
la rivolta di genova 20 giugno 1960 2
Vincenzo Vasile racconta che “Malleo un qualche mestiere l’aveva, faceva il fontaniere per poche lire al giorno. Mentre Gangitano è venditore di ‘sponse’ di gelsomino. Malleo, colpito a un femore e alla colonna vertebrale, si spegne dopo sei mesi di agonia. Carlo Levi lo visita e ne raccoglie la storia: ’Esce dal lavoro alle 15 a causa dello sciopero dei trasporti va a casa a piedi... Politeama, Massimo, assiste alle cariche. In via Celso persone che correvano davanti e dietro di me, mi fermai senza capire più nulla, quando passa un camion carico di carabinieri. Mi giro e vedo un carabiniere che punta il moschetto contro di me. Mi piegai in due. Portai la mano al petto e la ritirai piena di sangue, mia madre mi ha detto poi di avere trovato tre buchi di pallottole nella maglietta. Quando mi hanno sparato non portavo in mano niente né correvo né gridavo, ‘La triste speranza’, Abc, 26 gennaio 1961”. All’imbocco di via Celso con via Maqueda, oggi, una targa li ricorda.
la rivolta di genova 20 giugno 1960 1
Pier Paolo Pasolini, nel 1975, poco prima di morire all’Idroscalo, consegna a Einaudi il testo de “La Divina Mimesis”, sua rilettura del capolavoro dantesco, il testo include un’appendice fotografica - “Iconografia ingiallita” - ragazzi maschi degli anni ’50 che ballano i lenti, la tomba di Gramsci a Testaccio, una fila di partigiani, il Ninfeo di Villa Giulia durante il Premio Strega, i bambini di un villaggio africano, il volto del “martire” antifranchista Julián Grimau. In copertina campeggia però un’immagine della rivolta di Reggio Emilia, c’è un uomo che solleva un masso, un gesto sospeso tra Spartaco e Sisifo, che così trascende ogni dato di cronaca, diventando un simbolo dell’assoluto.
le proteste contro il governo tambroni
Il tempo ha mutato il paesaggio urbano di Reggio Emilia, chi dovesse oggi visitare il luogo dell’eccidio non riconoscerà più i gradoni delle foto del ’60, il monumento che ricorda i combattenti della Resistenza idealmente però include accanto i “ragazzi” di sessant’anni fa. Piazza Cavour, dove si verificarono gli scontri, è stata ribattezzata piazza Martiri 7 Luglio. Dieci anni fa il sito ha subito una radicale “riqualificazione urbanistica”. Nei punti dove sono caduti i ragazzi si trovano ora le targhe con il loro nome e la data. Cinque platani ricordano i manifestanti uccisi. A proposito di continuità con la Resistenza: Serri era stato partigiano della 76ª SAP così come Tondelli, Reverberi commissario politico nella 144ª Brigata Garibaldi.
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“Compagno cittadino, fratello partigiano, teniamoci per mano in questi giorni tristi, di nuovo a Reggio Emilia, di nuovo là in Sicilia son morti dei compagni per mano dei fascisti,” così diceva la canzone. Sessant’anni, un’era. Tra i fiori che porto ai miei cari, uno è sempre destinato anche a Vella.