SI ARRIVERÀ MAI ALLA SOLUZIONE DEL GIALLO DI VIA POMA? – DOPO 33 ANNI DI MISTERI E ASSOLUZIONI, SI RIAPRE IL CASO DELLA MORTE DI SIMONETTA CESARONI, TROVATA SENZA VITA IL 7 AGOSTO DEL 1990 IN UN ELEGANTE PALAZZO DEL QUARTIERE PRATI, A ROMA – LA COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA CHIEDE DI RIAPRIRE LE INDAGINI, SULLA BASE DI DUE “NOVITÀ”: UNA MACCHIA DI SANGUE MAI PRESA IN CONSIDERAZIONE DAGLI INVESTIGATORI, E UNA STRANA TELEFONATA. SARANNO I SOLITI TENTATIVI A VUOTO?

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1. VIA POMA

Estratto dell’articolo di Pierangelo Sapegno per “La Stampa”

 

simonetta cesaroni simonetta cesaroni

Non è che via Poma ricomincia da capo. Via Poma non è mai finita, è una storia che insegue quello che siamo diventati in tutto questo tempo che se n'è andato, 33 anni di misteri e di processi, di carne e sangue.  E di fantasmi.

 

Attorno al corpo straziato di Simonetta Cesaroni ce ne sono stati tanti. E adesso che la relazione della Commissione parlamentare Antimafia inviata alla Procura ha chiesto di riaprire le indagini, continuiamo a percorrere sempre la stessa strada e a rifarci le stesse domande, nel grande buio che nasconde la verità.

 

pietro vanacore 1 pietro vanacore 1

In quelle 32 pagine arrivate ai magistrati sono annotate due cose soprattutto. La prima riguarda una macchia di sangue di gruppo A positivo, repertata dalla polizia sulla maniglia di una porta, mai presa in considerazione dagli investigatori, e comunque «appartenente a un soggetto fino ad ora ignoto», visto che «non ha trovato corrispondenza e compatibilità con i sospettati che sono stati indagati nel corso degli anni».

 

simonetta cesaroni simonetta cesaroni

La seconda racconta di una telefonata fra la moglie di Mario Macinati, factotum dell'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, presidente degli Ostelli, uno dei datori di lavoro della vittima, e suo figlio Giuseppe. La signora dice di aver ricevuto più di una telefonata – almeno tre – quel pomeriggio del 7 agosto 1990, da un uomo che voleva mettersi in contatto con Caracciolo e che «faceva espressa menzione della notizia di una persona deceduta».

 

FRANCESCO CARACCIOLO DI SARNO FRANCESCO CARACCIOLO DI SARNO

Quelle telefonate, inoltre, «non arrivarono tra le 20 e le 23, quando fu scoperto il cadavere di Simonetta Cesaroni, ma nel tardo pomeriggio». Secondo la Commissione questa informazione poteva essere fornita soltanto da «una persona che si fosse introdotta nell'appartamento scoprendo il cadavere e che avesse deliberatamente deciso di non dare l'allarme, ma di informare per primo il Caracciolo».

 

la tomba di simonetta cesaroni la tomba di simonetta cesaroni

A questo punto, sostiene l'Antimafia, vi fu con ogni probabilità un'attività «post delictum intesa ad occultare l'omicidio». E «resta ragionevole credere che l'omicida fu persona che aveva un notevole livello di dimestichezza con lo stabile, se non proprio con l'appartamento. Si deve essere altresì trattato di qualcuno che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima e che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta».

 

Come se si volesse dare un corpo a questo fantasma, si sottolinea poi quanto sia altamente «probabile che l'omicida sia di gruppo sanguigno A, perché sarebbe altrimenti poco spiegabile che a tale gruppo sanguigno debbano essere ricondotte le macchie ematiche rinvenute su interno, esterno e maniglia della porta che apre la stanza dove venne ritrovato il cadavere».

 

Cioè, era qualcuno che conosceva bene il palazzo, che aveva confidenza con Simonetta, ma che forse fino adesso non è mai stato sospettato. L'indagine è andata anche in questa direzione, ma sempre girandoci attorno. Ha cominciato così da quella sera, quando Paola Cesaroni si spaventò non sentendo più sua sorella e decise di chiamare uno dei titolari dell'ufficio, Salvatore Volponi. […]

 

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Da allora abbiamo inseguito una verità stordita da tutto questo tempo che è passato. Si è partiti due giorni dopo, con i sospetti su Pietrino Vanacore, e alla fine è arrivata la sua strana morte a Torricella, Taranto, annegato in un metro d'acqua dopo aver lasciato un biglietto sul cruscotto della macchina: «Vent'anni di sospetti ti portano al suicidio».

 

Ma in mezzo c'è stata la pista su Federico Valle […], e ci sono stati i tre processi all'ex fidanzato Raniero Busco, […] assolto in appello e Cassazione. Indizi trascurati e interrogatori mancati, macchie di sangue analizzate dopo vent'anni, tutto in quest'indagine infinita […]  è sembrato essere maledettamente lacunoso, intricato e confuso. Non è mancato niente a un caso come questo. È il brutto dei misteri, che ti offuscano la mente. Perché li facciamo più grandi se non riusciamo a capirli. E invece lo sappiamo che molte volte non li capiamo solo per colpa nostra.

 

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2. IL DELITTO DI VIA POMA PISTE, OMBRE E SOSPETTI INDAGINI ANCORA APERTE (TRENTATRÉ ANNI DOPO)

Estratto dell’articolo di Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”

 

Come si fa con certi veggenti, interrogati più volte affinché sciolgano rebus o indovinelli, si guarda ora al palazzo. Un edificio tra tanti al civico 2 di via Poma, nel cuore multiforme del quartiere Delle Vittorie, a Roma, fra istituzioni, studi professionali e vecchie glorie della ristorazione romana divenute meta di appuntamenti e piccoli riti gastronomici.

 

Il fabbricato […] potrebbe servire a riscrivere l’epilogo di uno dei gialli più significativi e tenaci della storia italiana, la morte violenta di Simonetta Cesaroni. Si cerca di «rivalutare» la posizione di chi abitava qui ma anche di chi aveva contatti con il territorio e con l’associazione italiana alberghi della gioventù (Aiag) presso la quale era impiegata Simonetta, per saperne di più.

simonetta cesaroni simonetta cesaroni

 

Un viaggio nel tempo a caccia di un colpevole plausibile tra i tanti già setacciati a suo tempo da un’autorità giudiziaria lacunosa e distratta.

 

[…]  Ma quali sono gli elementi concreti a questo punto? Il testimone chiave dell’epoca, Vanacore, ha scelto il suicidio nel marzo 2010 (tre giorni prima di essere ascoltato come teste al processo contro Busco) mentre Federico Valle, l’enigmatico nipote di un architetto che abitava nel palazzo, era stato destinato a un’archiviazione già a suo tempo.

 

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Incertezza perfino sull’arma del delitto che generazioni di investigatori (e cronisti) hanno voluto fosse un tagliacarte ma che oggi potrebbe essere altro, come ad esempio uno spadino da uniforme più lungo e appuntito.

 

«I magistrati di Roma stanno cercando di appurare la compatibilità tra le ferite e un’arma differente, più acuminata» dice ancora l’avvocata Mondani. Luoghi. Persone. Oggetti. Tutto potrebbe essere riscritto. Si sa che quel giorno la contabile dell’Aiag avrebbe dovuto finire il suo lavoro part time per poi andare in vacanza. Si sa che per riservatezza non aveva divulgato l’indirizzo del suo ufficio.

 

Si sa che il suo datore di lavoro, Salvatore Volponi, sottoposto inutilmente a indagine a sua volta, chiese aiuto al collega di un campeggio.

 

[…] Neppure l’ora della morte si riuscì ad appurare con certezza: chi indagava non misurò la temperatura corporea tantomeno sottopose il corpo della vittima all’analisi dei succhi gastrici che avrebbero potuto fornire indicazioni precise.

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La morte fu fatta risalire a un orario imprecisato fra le 17.35 e la tarda serata quando vi fu il rinvenimento. Tuttavia la fortuna potrebbe venire in soccorso agli investigatori, rivelando un altro insperato dettaglio che supplisca alla catena di errori commessi dai primi investigatori responsabili del caso. É quello che spera Paola, sorella di Simonetta, da trentatré anni in attesa di conoscere la verità su quello che per semplificazione o fretta è conosciuto da tutti come «il giallo di via Poma».

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