Marco Benvenuti per “la Stampa”
Era rimasto vedovo da un anno e giorno dopo giorno il pensiero di quel figlio con autismo non lo faceva dormire. Proprio l'incertezza del futuro, il timore che potesse rimanere da solo e senza assistenza, era stata alla base del suo drammatico gesto. Aveva soffocato il ragazzo e poi aveva cercato di uccidersi. Un dramma famigliare quello che si è consumato il 7 novembre del 2016 a Vespolate, piccolo paese del Novarese, duemila abitanti tra le risaie della Bassa. Un dramma, un peso sulla coscienza, per il quale non ci sarà una risposta della giustizia.
Pietro Spina, cinquantotto anni, non si rendeva conto di cosa stesse facendo. Quella notte, secondo i periti del tribunale, era «incapace di intendere e volere». Quindi non può essere processato per un omicidio commesso in assenza di facoltà mentali. Il medico legale che l'ha incontrato oggi lo ritiene anche «non socialmente pericoloso». Sono questi i motivi per cui ieri il gup di Novara Andrea Guerrerio ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere, accogliendo le richiese congiunte del pm Paolo Verri e del difensore Tommaso Costa.
La vicenda famigliare aveva scosso profondamente il piccolo paese del Novarese. Pietro Spina, dipendente di un'azienda edile, aveva perso la moglie dopo una lunga malattia. Al figlio Andrea, raccontarono i vicini, «voleva un mondo di bene, gli dedicava tutto il tempo libero». Il ragazzo era autistico e soffriva di attacchi epilettici. Due macigni che hanno accompagnato tutti i suoi 22 anni di vita.
Per stargli vicino il padre faceva il volontario nella comunità alloggio in cui il ragazzo, dopo la morte della mamma, trascorreva la settimana. Ma era sempre più terrorizzato dall'idea di lasciare quel figlio solo, senza un futuro. Quella domenica Pietro aveva chiamato gli operatori della casa famiglia, dicendo che Andrea sarebbe rimasto a casa anche il lunedì. Poche ore dopo aveva soffocato il ragazzo con una corda e aveva deposto il corpo sul letto. Poi aveva assunto alcol e barbiturici e aveva spaccato una tubatura del gas, tentando il suicidio.
Quando erano arrivati i soccorsi, chiamati da un parente che lo aspettava per cena, la casa era quasi satura. Si era sfiorata una seconda tragedia. L'Angsa di Novara, l'associazione che riunisce i genitori dei ragazzi autistici e che conosceva bene la famiglia, dopo l'omicidio aveva chiesto la scarcerazione dell'uomo sollevando il delicato tema del «dopo di noi» e la necessità di aiutare chi si trova in situazioni simili. Mesi dopo la presidente nazionale Benedetta Demartis ha incontrato Spina di persona: «Ho trovato un uomo distrutto, segnato da quello che aveva fatto. Io non giustifico assolutamente la sua scelta. Ci sono però situazioni in cui tutto sembra nero e insormontabile. Bisogna imparare a chiedere aiuto».