Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”
Sbaglia chi dice che lo Stato non combatte il gioco d' azzardo. Ci sono posti come in Abruzzo, o a Genova, o ancora a Piacenza, dove non si possono mettere le slot machine nei cimiteri. Luoghi sensibili, dicono le delibere. Sensibili al pari delle scuole. Ma anche di chiese, sinagoghe e moschee.
O dei campi di hockey, oppure dei circoli del golf. Ogni Regione o Comune la interpreta a modo suo, quella regola che dà loro la facoltà di fissare qualche limite al dilagare della febbre che non smette di contagiare gli italiani sconfinando sempre più spesso nella ludopatia. Se è vero che nel nostro Paese i giocatori «patologici» sono arrivati a quota 256 mila.
Mai nessuno, però, che abbia eletto a luoghi sensibili i bar o le tabaccherie. Nemmeno nelle zone terremotate. Se è vero che in Abruzzo, dove i cimiteri sono off limits, si registra la maggiore spesa pro capite, e L' Aquila abbia conseguito ormai il record nazionale di densità delle slot machine: una ogni 83 aquilani, quasi il doppio della media nazionale di uno a 143. E si capisce perché. Metà dei 4 miliardi e mezzo del gettito fiscale garantito da quelle macchinette infernali viene da tabaccai e locali pubblici. Un conto è quindi un cimitero, un altro conto è un bar. In ognuno del quali ci sono, mediamente, tre slot machine: livello inarrivabile in nessun Paese sviluppato.
E questo fatto, da solo, annuncia la difficoltà del progetto (assolutamente condivisibile) di toglierle dai bar e dalle tabaccherie annunciato da Matteo Renzi nell' intervista a «Vita». Il combinato disposto del potere delle lobby del gioco d' azzardo e delle resistenze della Pubblica amministrazione ha effetti micidiali. Quanto accaduto in occasione dell' ultima legge di Stabilità, che ha previsto un taglio del 30 per cento delle macchinette entro il 2019, quando il loro numero non potrà superare 265 mila (almeno una ogni 225 italiani!), ne è la prova.
La riduzione dovrebbe avvenire su una base di partenza accertata al 31 luglio 2015 di 378.109 slot machine: con il 30 per cento in meno si scenderebbe infatti a 264.676. Ma negli ultimi giorni dello scorso anno saltano fuori improvvisamente dai magazzini altre 50 mila apparecchi. E siamo a 424 mila.
Sarà uno scherzo, pensa qualcuno. Invece no. Ecco una circolare applicativa che precisa come le autorizzazioni al 31 dicembre 2015 sono «pari a 418.210 unità».
Sarebbe interessante capire come si è arrivati a questi numeri. Ma ogni obiezione sul fatto che qualcosa non torna viene rispedita al mittente con le motivazioni più svariate. La prima è semplicemente che non è vero. I loro stessi numeri dicono il contrario, ma non è vero.
C' è poi chi sostiene la necessità di ringraziare lo Stato biscazziere perché ha tolto il business alla criminalità organizzata e agli abusivi. Salvo poi scoprire che metà dei negozi per le scommesse erano totalmente abusivi, ma con affaccio sulla strada accessibile a chiunque: minori compresi.
E la reale identità di alcuni concessionari non è molto più trasparente di una nebbiosa giornata in Valpadana. Per non parlare del fatto che la legalizzazione ha anche creato zone d' interesse comune fra quegli affari e la politica.
C' è chi argomenta che il gioco d' azzardo legalizzato fa lavorare molta gente. Replicando a chi afferma che quella non può essere una giustificazione con frasi del tipo: «Vorrà dire che li mandiamo tutti a casa sua», come ha fatto il consigliere economico di Renzi, Luigi Marattin, il 29 agosto durante una puntata de L' Aria che tira su La 7.
Renzi deve sapere che cosa potrà accadere se davvero vorrà onorare la promessa. Le Finanze argomenteranno che si deve trovare un' alternativa: perdere oltre due miliardi di gettito è insostenibile.
Se mai si farà, l' operazione non potrà dunque che essere gradualissima. Anche perché i bar e le tabaccherie sono i punti di forza delle concessioni in essere, che in questo caso dovranno necessariamente essere modificate. Con gli strascichi di carte bollate che è facile intuire. E sorvoliamo sul contenzioso che potrebbe sorgere con le Regioni, determinatissime nel difendere le proprie prerogative in materia.
Dulcis in fundo riprenderà forza, possiamo prevedere, anche il piano di realizzazione di altri quattro casinò, fra cui quello di Taormina, per cui non cessa di spendersi il ministro dell' Interno, siciliano, Angelino Alfano. Ciò detto, fra tutte le cose per cui è arrivato il momento di cambiare verso, questa è una delle prime.