Vittorio Sabadin per “la Stampa”
La Bbc è uscita un po' ammaccata dalla campagna elettorale più ricca di bugie della storia britannica, al punto da domandarsi se non sia diventato molto difficile, nell' era dei social media, fare un' informazione corretta. Il direttore generale Tony Hall ha mandato un messaggio ai dipendenti, ringraziandoli per il lavoro fatto. Ha dovuto però ammettere anche qualche errore, «del tutto comprensibile in una campagna così frenetica». Ma i suoi giornalisti non pensano che le cose siano così semplici.
Il Guardian ha dedicato una lunga analisi al problema, osservando che per la prima volta il rigore informativo si è confrontato direttamente con le chiacchiere dei social.
Il rigore è rimasto così spiazzato da lasciare il campo con profonde ferite. Colpa anche di alcuni errori, dovuti all' innata tendenza della Bbc a essere un po' governativa: sono state tagliate le risate del pubblico alla domanda, rivolta a Johnson, se un politico debba essere sincero; è stato preso per vero, senza controllare, l'inesistente schiaffo di un laburista a un ministro.
Ma per la prima volta imprecisioni anche meno gravi di queste sono state amplificate da un'onda di critiche su Twitter e sui social, che contemporaneamente diffondevano versioni diverse di ogni fatto.
«Le cose diventavano virali in così poco tempo - ha detto Fran Unsworth, la responsabile delle News - che la nostra capacità di replicare con una informazione corretta è stata limitata. Dopo che un' informazione non vera si è diffusa, la gente sembra quasi non volere sentire la verità».
Con le elezioni, il modello di reporting neutrale della Bbc, indispensabile alla democrazia in una nazione divisa, è entrato in crisi perché non è più adatto a un' era nella quale i politici manipolano i media traendone vantaggio. Ingenti somme sono state spese da Laburisti e Conservatori per diffondere su Facebook e su altri social informazioni che gruppi di verifica dei fatti come Full Fact hanno scoperto essere per l' 80% non veritiere.
La crisi della Bbc ha messo allo scoperto anche un conflitto generazionale. I giornalisti più giovani hanno confessato di essere paralizzati dall' idea che qualunque parola dicano in tv o alla radio debba passare lo spietato e spesso irresponsabile scrutinio dei social media. I più anziani danno meno peso alle critiche di Twitter, ma sono accusati a loro volta dai colleghi giovani di usare male i social, nei quali si esprimono con un linguaggio povero, sarcastico e disattento.
Tony Hall ha auspicato che le piattaforme social si pongano il problema di un controllo sui contenuti che diffondono, e sui continui attacchi a chi cerca di fare informazione corretta. I giornalisti della Bbc sentiti dal Guardian hanno detto che non parlano più del loro lavoro ai ricevimenti e alle feste: c' è un' astiosità tangibile, alimentata dai social.
«La Bbc non va bene? Finiranno con Fox News e Russia Today» è stato uno dei loro commenti. «Meglio essere criticati che ignorati, vuol dire che siamo ancora importanti», ha concluso Fran Unsworth. Ma il problema è serio, e non si risolve con le battute.
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