Luca Giampieri per ‘La Verità’
È la mattina di Pasqua quando, dopo tre giorni di insistito corteggiamento telefonico, riesco finalmente a intercettare monsignor Andrea Gemma, vescovo emerito della diocesi di Isernia e Venafro ed entità pressoché invisibile ai radar dell' istituto don Orione, centro di riabilitazione per anziani sul colle Monte Mario, nord ovest di Roma. «L' interno del monsignore è sempre occupato», mi informa un centralinista al mio primo tentativo, «non vorrei che avesse agganciato male il telefono. Riprovi tra cinque minuti». Riprovo. «Non lo troviamo, dev' essere in sala tv. Aspetti che faccio controllare».
Niente da fare. «Posso lasciarle un mio recapito?», chiedo timidamente. «Il monsignore non richiama mai. Telefoni tra 20 minuti». Obbedisco. Di nuovo la segreteria: «No, guardi, è in chiesa. Provi tra un' ora». Non demordo. Alla fine, poco prima di pranzo, la mia perseveranza viene premiata. Quando lo raggiungo nella sua camera all' interno della casa di riposo romana dove alloggia, l' inflessione solenne nella sua voce (complice l' eco generata dal riverbero di una stanza che immagino sobriamente ammobiliata) mi rivela subito la gravità di un uomo abituato a operare di continuo in una terra di confine tra sacro e profano.
Un compito oneroso, quello dell' ottantaquattrenne pastore che, dal 1992, effettua esorcismi con frequenza settimanale. A tratti, verrò a sapere nel corso della nostra conversazione, persino pericoloso. «Ricevo tra le 50 e le 80 richieste di aiuto al giorno», spiega monsignor Gemma, oggi il solo vescovo esorcista rimasto in circolazione. «Mi cercano anche online».
Arrivano tutti da lei gli indiavolati?
«Per forza, sono l'unico. Vengono da tutta Italia. Io glielo dico sempre di rivolgersi al proprio vescovo, ma mi rispondono che nessuno pratica abitualmente. Ci vorrebbe un esorcista per ogni diocesi».
È rimasto solo contro Satana.
«Anni fa eravamo in due, io e l'arcivescovo Emmanuel Milingo. Oggi, sono l'unico vescovo nel Paese a esercitare esorcismi direttamente. Quando cominciai, nella diocesi di Isernia, la cattedrale era sempre strapiena. Dopo un po' la gente, fuori, creava disagi al traffico: dissi basta ai gruppi di preghiera e decisi di intervenire con le singole persone. Pensi che, una volta, nel tentativo di colpirmi, un bisognoso mi lanciò una sedia che attraversò la chiesa».
Se l'è cercata lei, monsignore. Cosa l'ha spinta a diventare esorcista?
«Come scrissi nel mio primo libro Io, vescovo esorcista, ebbi l' ispirazione assistendo a una messa di papa Giovanni Paolo II. Era il 29 giugno 1992. Mentre parlava del maligno, mi domandai perché non potessi rendermi utile. Tramite lettera alla mia diocesi, chiesi l'autorizzazione a esercitare il ministero. Non l'avessi mai fatto! Non mi aspettavo una domanda così insistente. Bisognerebbe moltiplicare gli esorcisti, lo dirò a papa Francesco».
Ma effettuerà una selezione, tra quelle 80 richieste
«Certo che sì. A coloro che hanno realmente bisogno, consiglio di venire da me una volta alla settimana per ricevere la benedizione. A molti la do per telefono: cosa che, in diversi casi, si rivela efficace. Non è sempre necessaria la vicinanza, basta stabilire un contatto spirituale con il bisognoso. Ma nessuno si deve illudere che basti una sola seduta per sconfiggere il demonio».
È uno di quei soggetti duri a morire, immagino.
«Altroché. Certe persone possono soffrire anche per decenni».
Perché si viene posseduti? Esistono delle motivazioni plausibili?
«Di norma, no. Se un individuo è posseduto, non significa che sia un peccatore. A volte, si tratta di una permissione di Dio per provare la santità stessa. Nella storia, diversi beati furono infestati dal maligno. Padre Pio non fu posseduto, ma venne profondamente vessato dal demonio: si recava nella sua stanza e metteva tutto a soqquadro, lo bastonava fisicamente lasciandolo con il volto tumefatto».
Siamo tutti a rischio, quindi?
«Ma certamente (sorride quasi divertito, ndr). Ecco perché dobbiamo pregare e andare a messa: affinché il demonio rimanga al suo posto. Non appena individua uno spiraglio per entrare, lui si infila».
Anche lei è una potenziale vittima, monsignore?
«Assolutamente. Per questo tengo sempre in mano la croce».
Come si fa a capire quando una persona è posseduta?
«Esistono più segnali rivelatori. Il primo è una grave e ripetuta avversione per tutto ciò che è sacro: immagini, luoghi, sacramenti. Un signore mi disse: "Ogni volta che assisto alla messa, dentro di me sento come una rivoluzione". Il posseduto non può sostenere lo sguardo sul crocifisso che porto al collo, né sulla Madonna incisa sul mio anello episcopale. Le reazioni più evidenti si manifestano alla presenza di un esorcista: il picco si raggiunge quando recito la formula della liberazione».
Vuole declamarla ora? Non si sa mai
«San Michele arcangelo, difendici nella lotta; sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio. Gli comandi Iddio, supplichevoli ti preghiamo: tu, che sei in Principe della milizia celeste, con la forza divina rinchiudi nell' inferno Satana e gli altri spiriti maligni che girano il mondo per portare le anime alla dannazione. Amen».
Una normale preghiera.
«Cosa si aspettava? L' esorcismo non è nient' altro che una preghiera recitata con gli strumenti propri del ministero: stola, acqua santa, aspersorio, crocifisso e libro dei rituali. La gente crede che sia una sorta di stregoneria perché ha visto troppi film al cinema».
Mi racconta l' esorcismo più impegnativo che ha operato?
«Durò un' intera Quaresima. All' epoca mi trovavo ancora a Isernia. Una famiglia mi raggiunse dal Veneto e si installò per un mese in albergo. L' indemoniato era il figlio, un ragazzotto ben robusto. C' era bisogno di tre persone per tenerlo fermo: urlava, si contorceva, sbavava. Non parliamo, poi, delle parole che fuoriuscivano dalla sua bocca all' indirizzo di Dio e del sottoscritto.
Ogni volta, uscivo in un bagno di sudore».
Come andò a finire?
«Dopo un mese di tentativi quotidiani della durata di tre ore, il Signore ebbe pietà del ragazzo. E di me. La sua ultima frase fu: "Adesso me ne devo andare", dopodiché si accasciò a terra come fosse svenuto. Era finalmente liberato».
C' è un caso che l' ha toccata in particolar modo?
«Si tratta del mio esorcismo più breve. Mi chiamarono dalla sacrestia perché c' era un uomo che stava facendo il diavolo a quattro, è il caso di dirlo: scalciava, rompeva vetri e danneggiava dipinti. Scesi di corsa e, appena entrato nella stanza, alzai la mano destra guardando il poveretto dritto negli occhi. Come un pallone sgonfiato, immediatamente si calmò, venne verso di me e mi abbracciò. Dopo quello di mia madre, è l' abbraccio più bello che abbia mai ricevuto».
Si avvale anche dell' aiuto di qualche psichiatra?
«No. A Isernia, durante le preghiere di liberazione, venivano in cattedrale alcuni psicoterapeuti locali per assistere alle reazioni dei casi più gravi e confrontarle con le loro analisi. Ma c' è una netta differenza tra i malati psichiatrici e i posseduti, pur manifestando sintomi a volte simili: i primi necessitano di cure mediche, ai secondi basta l' acqua santa».
La sua incolumità è mai stata messa in pericolo?
«Non ho mai rischiato la vita, se è questo che vuole sapere. Ho preso qualche calcio negli stinchi. Se un indemoniato non viene trattenuto, è capace di saltarmi addosso con tutta l' irruenza che ha in corpo».
Qualche tempo fa, ho letto un' intervista in cui parlava del terrorismo di matrice islamica. Crede che i jihadisti siano individui posseduti?
«Posseduti no, sicuramente istigati dal demonio. Sono due cose assai diverse. Senza dubbio, l' irruzione dell' islam nella storia ha offerto a Satana uno spiraglio. Il maligno si è servito di Allah e del suo profeta, Maometto».
Monsignor Gemma, secondo lei il panorama politico italiano è infestato?
«Bella domanda! Certo che lo è. Il demonio si manifesta subdolamente nella politica assecondando l' attività legislativa in direzione opposta al Vangelo, alla carità cristiana, all' attenzione verso i poveri e i derelitti».
Così, a naso, sarebbe in grado di fare dei nomi?
«Ora mi chiede troppo. Devo dire che mi interesso poco alla politica. Se c' è qualche onorevole iscritto alla massoneria, per esempio, questi è senz' altro nelle braccia del demonio».
Senta, il diavolo dovrà avercela parecchio con lei
«Oh sì, eccome. Ma se è così, significa che Dio, il suo capo, mi ama. Per questo non ho mai temuto per me. Come potrei avere paura di qualcuno che ha paura di quattro gocce di acqua santa?».