Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Un nuovo lavoro per 200 avvocati a Roma. Civilisti e penalisti che, in questi giorni, sono entrati in tribunale non per difendere i loro clienti, ma per prendere posto in cancellerie e assistere giudici e personale amministrativo. L'obiettivo è velocizzare l'ingolfata macchina giudiziaria italiana.
Inoltre, per molti legali che non riescono ad affermarsi, è una possibilità di avere un impiego. Così migliaia di avvocati ripongono la toga che in questi anni non sta offrendo garanzie stabili di guadagno e si trasformano in impiegati pubblici.
ROMA
Nella Capitale i 200 formano un primo consistente gruppo assunto grazie al bando dell'Ufficio del Processo, istituito utilizzando i fondi del Pnrr. Gli ingressi sono iniziati già da metà febbraio. Adesso la speranza è che questi nuovi innesti, vista anche la conoscenza della macchina giudiziaria, contribuiscano a sveltire i processi. La lentezza della giustizia italiana ha conferito al nostro Paese la poco onorevole maglia nera in tema di durata infinita delle cause, sopratutto al civile.
L'incarico è temporaneo e durerà tre anni. Lo stipendio è di 1.700 euro al mese. Il Ministero della Giustizia ha trovato una sorta di scorciatoia per affiancare forze fresche negli uffici giudiziari spesso sotto organico. Per essere selezionati è stato sufficiente un esame con quiz a risposta multipla che di fatto ha consentito di avere subito personale disponibile, superando le lungaggini e i tempi dei tradizionali concorsi pubblici.
I candidati risultati idonei dopo lo svolgimento dei test sono stati 9.915 i primi di dicembre. Ma i posti da coprire erano 8.171. Chi ha vinto ha iniziato a lavorare a partire da metà febbraio. Alle selezioni erano stati convocati in 65.510. Alle prove si sono presentati 33.399, con una percentuale del 50,98%. Un tasso di partecipazione più alto rispetto agli ultimi concorsi.
Tuttavia il bando ha sollevato diverse critiche e ha suscitato diversi dubbi tra numerosi avvocati. Di fatto i legali che hanno superato la selezione dell'Ufficio del Processo devono sospendersi dall'attività.
TRIBUNALI
«All'inizio non era prevista l'incompatibilità tra la professione di avvocato e l'impiego nei tribunali, ma quando ci si è resi conto che questo non era opportuno - spiega Mauro Mazzoni, vicepresidente dell'Ordine avvocati di Roma - sono state formulate diverse ipotesi. Ad esempio quella di equiparare la condizione degli avvocati che avevano superato la selezione dell'Ufficio del Processo con i magistrati onorai. Questi ultimi (anche loro avvocati) non esercitano nei distretti dove svolgono l'attività di magistrato onorario. Invece, alla fine, per quanto concerne la selezione per l'Ufficio del Processo, si è deciso per la sospensione di chi lo superava e poi decideva di prestare servizio».
Ebbene quest' ultima opzione, secondo il vicepresidente dell'Ordine degli avvocati di Roma, sta portando molti suoi colleghi ad un «ripensamento». Non solo nella Capitale ma in tutta Italia. «Non è facile dover chiudere il proprio studio legale per un contratto a tempo determinato con un compenso basso rispetto alla preparazione e agli studi svolti».