Gianluca Nicoletti per “La Stampa”
Lo spazzino lordatore di Napoli diventerà simbolo dell'avverarsi di un pregiudizio. La città su cui negli anni si sono addensate tutte le possibili facezie denigratorie sulla stratificazione del pattume urbano, ha operatori ecologici che invece di pulire le strade le insozzano, sparpagliando rifiuti con meticolosa dovizia.
Allo stesso tempo ci chiederemo fino allo sfinimento il perché di quello sciorinare a terra, per poi scalcettare una a una, le misere sconcezze da pattumiera con il tratto creativo di un artista concettuale che cerca la giusta composizione nello spazio degli elementi della sua performance. È stato il suo un gesto apparentemente senza alcun senso, masochistico in quanto lascia una traccia della propria negligenza da addetto alla pulizia, inutilmente faticoso perché costava meno impegno buttare un sacchetto pieno nel camioncino che, con alla guida un collega-spalla, si affiancava al suo lucido insozzamento.
Sarebbe come se le guardie municipali di Roma girassero nottetempo con sacchi pieni di cinghiali da sguinzagliare nei giardinetti; un paradosso che sfiora l'acme del ridicolo in cui tracima ogni sconcezza oltre il tetto del probabile.
Forse solo Superciuk, il ladro mascherato che rubava ai poveri per dare ai ricchi, poté sfiorare una così impervia quota dell'assurdo. Quello però era solo il personaggio di un fumetto, l'operatore ecologico (solo definirlo così fa ridere) che si è prodotto nell'infiorata da cassonetto, è un regolare dipendente dell'azienda municipale addetta alla pulizia delle strade.
Non ci si poteva sbagliare, indossava la divisa d'ordinanza con gambaletto fosforescente, tanto che il visore notturno della telecamera di sorveglianza, che ha ripreso il suo show, sembra quasi attribuirgli luminescenze da super eroe.
Proviamo a ipotizzare quale potrebbe essere la sua giustificazione, di fronte al superiore che gli contesta il putrescente scempio notturno, oramai entrato nella gloria del meme condiviso, commentato, pubblicato e ripubblicato ovunque in rete. Potrebbe accusare lo stress da Covid, è una realtà e potrebbe anche mitigare la sua responsabilità. Potrebbe incolpare il collega di averlo esasperato perché, con accanimento malevolo, accelerava con il camioncino per rendergli difficile il corretto stoccaggio del pattume.
Potrebbe pure confessare di essere stato costretto a compiere l'insana lordatura dal braccio violento di non definibili "poteri forti" che hanno lo scopo di delegittimare, mettere in cattiva luce, minare alla base quello o quell'altro pubblico amministratore. Potrebbe ammettere, con una punta di vergogna, che in quella via abita qualcuno che a lui fece un sanguinoso torto, una donna che lo ha illuso e tradito, un vile che lo bullizzava ai tempi dell'oratorio.
Potrebbe anche eroicamente dichiarare che l'ha fatto in nome della libertà, perché è ora di finirla e l'umanità si deve svegliare e scendere in strada per scongiurare il grande reset, i vampiri dissangua bambini, la dittatura sanitaria. Forse allora troverebbe sostenitori, persino la sua scelleratezza sarebbe interpretata come una geniale provocazione situazionista.