1 – CORONAVIRUS, SVEZIA SENZA LOCKDOWN. MOLTI MORTI: «SIAMO STUPITI»
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Silvia Turin per www.corriere.it
La Svezia traccia un primo bilancio della sua strategia di rinunciare al lockdown per cercare di convivere con il virus e arrivare senza traumi all’immunità di gregge (le cui motivazioni, epidemiologiche e storiche, sono state spiegate qui).
Facendo il confronto con i Paesi nordici vicini, il dato svedese peggiora in ogni ambito: il numero di morti (vedi sopra Tabella 1, ndr) ha raggiunto 2.941 su 23.918 casi, ma se lo rapportiamo alla popolazione e lo confrontiamo con il dato di Finlandia, Norvegia e Danimarca vediamo come in Svezia i morti siano moltissimi.
Il numero di casi (Tabelle 2 e 3 sotto,ndr) anche è il più alto per popolazione rispetto agli altri paesi e non è dovuto al numero di tamponi fatti, anzi, la Svezia fa meno test di tutti, quindi il numero di casi potrebbe essere molto più alto.
Troppi morti
Di recente Anders Tegnell, l’epidemiologo a capo dell’Agenzia di sanità pubblica svedese, ha dichiarato che l’elevato bilancio delle vittime del paese «è stato davvero una sorpresa, devo dire che non avevamo calcolato un così alto numero di morti». Lo “stupore” è dovuto ai molti decessi nelle case di cura, dove le visite dei parenti erano state vietate (una delle poche restrizioni del Paese): «È molto difficile tenere la malattia lontano da lì. Anche se stiamo facendo del nostro meglio, ovviamente non è abbastanza. Pensavamo che le nostre case per anziani sarebbero riuscite ad evitare i contagi», avrebbe confessato. Tegnell ha però anche detto che la strategia della Svezia ha dato buoni risultati.
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Imprese giù
In realtà ci sarebbero altre cattive notizie per il Paese nordico: molte persone hanno deciso di rimanere a casa comunque, la mobilità è solo leggermente superiore infatti rispetto ad altri paesi scandinavi (vedi tabella 4, ndr), meno 18% contro il 28%.
E anche i mercati non vanno così bene. L’indice azionario principale svedese (vedi tabella 5, ndr) è messo peggio (a fine aprile -19%) di quelli di Norvegia e Danimarca (rispettivamente -9% e -6%) e più vicino a quello finlandese (-24%). Una strategia che per ora non ha premiato quindi la salute né le imprese.
Confronti
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La strategia di mitigazione dolce finora seguita, basata più sulla persuasione che non sui divieti, ha portato a tenere locali, scuole (quelle per bambini piccoli) e uffici aperti. Con solo raccomandazioni di non fare visite ai genitori anziani e divieto a raduni e ingressi nelle case di cura. Nella tabella 6, vediamo il confronto con gli altri Paesi scandinavi, dove tutto viene chiuso (tranne alcuni locali in Norvegia). La Danimarca in particolare è stata tra le prime in Europa a chiudere confini, negozi, scuole e ristoranti e a vietare grandi raduni. Il tasso di mortalità in Svezia è aumentato significativamente raggiungendo 291 persone ogni milione di persone, la Danimarca 87, la Finlandia 45 e la Norvegia 38. Danimarca e Norvegia hanno allentato i blocchi su scuole e negozi. La Finlandia ha esteso le sue restrizioni fino al 13 maggio.
«Non cerchiamo immunità di gregge»
Lena Hallengren, ministro svedese per la salute e gli affari sociali, ha dichiarato alla CNN: «Non esiste una strategia per arrivare all’immunità del gregge. La Svezia condivide gli stessi obiettivi di tutti gli altri paesi: salvare vite umane e proteggere la salute pubblica». Jan Albert, professore presso il Dipartimento di Microbiologia tumore e biologia cellulare presso il Karolinska Institutet, ha detto alla CNN: «È chiaro che la Svezia ha avuto più morti rispetto a molti altri paesi europei, ma i blocchi più rigidi servono solo ad appiattire la curva e appiattire la curva non significa che i casi scompaiano, sono solo spostati nel tempo. E fintanto che il sistema sanitario sarà in grado di far fronte e dare una buona assistenza a coloro che necessitano di cure, non è detto che avere molti casi in un secondo momento sia meglio».
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Percentuale di contagiati
In Svezia pensano di aver passato il picco ma non è ancora dimostrato e quanto all’immunità di gregge, stimata al raggiungimento di circa il 60% della popolazione totale infettata, i valori sono lontanissimi anche negli epicentri peggiori e quindi anche in Svezia per ora. Forse solo in Val Seriana si è raggiunta questa prevalenza, in altre zone si parla al massimo del 10%. Il bilancio della primissima fase della campagna di screening con i test sierologici in Lombardia racconta infatti che tra le persone che sono appena state (o sono) in quarantena a Milano (oltre 9 mila), solo il 40 per cento ha effettivamente contratto il coronavirus.
2 – I GIOCHI MILITARI DI WUHAN A OTTOBRE E IL CORONAVIRUS: IL CASO DEGLI ATLETI SVEDESI CONFINATI IN UNA BASE MILITARE
Marco Bonarrigo per www.corriere.it
Dell’edizione deiGiochi Sportivi Militari 2019, le «olimpiadi» a stellette, si era finora parlato come di una bomba batteriologica fortunatamente disinnescata in tempo utile. Diecimila tra atleti e accompagnatori di 110 nazioni a stretto contatto tra loro (e con la popolazione cinese) dal 18 al 27 ottobre scorso a Wuhan, epicentro mondiale della pandemia. Tutti a casa, sani e salvi, un attimo prima che il contagio iniziasse e senza portare il virus nei 110 paesi di provenienza. Ma ora, in parallelo alla retrodatazione dei primi casi da parte degli scienziati, si moltiplicano le testimonianze di chi, al ritorno dalle gare (tra il 29 ottobre e il 3 novembre), avrebbe manifestato seri problemi di salute che, in almeno un caso, sarebbero stati coperti dalle autorità militari.
Ieri la vicenda è esplosa anche in Italia ma le prime testimonianze sono state raccolte a metà aprile dal Norrländska Socialdemokraten (Ns), antico quotidiano del nord della Svezia. L’infettivologo del servizio sanitario regionale Anders Nystedt e alcune infermiere hanno riferito chealmeno 12 militari, dai 20 ai 45 anni, presenti alla spedizione (gli svedesi erano 118) hanno manifestato gravi problemi respiratori. Nystedt inviò alla responsabile medica del corpo, Helena Stjärnholm, campioni di sangue dei malati per test sierologici di cui non ha mai avuto i risultati. I reduci di Wuhan sono poi stati confinati nella base militare di Boden e obbligati a non parlare con nessuno del caso.
Alcuni si sarebbero ristabiliti completamente solo a febbraio, tre mesi dopo i fatti. Dalla Svezia alla Francia, dove le testimonianze — raccolte dall’Équipe — di due stelle del pentathlon moderno, Elodie Clouvel (argento olimpico) e Valentin Belaud, 5 volte campione del mondo, rivelano problemi respiratori che un medico militare avrebbe diagnosticato come «evidenti sintomi di coronavirus, simili a quelli mostrati da altri partecipanti». La Difesa francese ha affermato di non conoscere i fatti e di «non aver effettuato test», imponendo il silenzio alla coppia.
Il fronte italiano si è aperto ieri con Matteo Tagliariol, (aviere, oro olimpico individuale e bronzo a squadre nella spada a Pechino 2008) con un’intervista alla Gazzetta dello Sport e un video su Instagram. Tagliariol ha descritto un forte stato influenzale e seri problemi respiratori sia in Cina che al ritorno in Italia, estendendoli a un’altra stella della scherma, Valerio Aspromonte, finanziere, oro a Londra 2012. Aspromonte però ha negato: «La mia salute era ottimale. A letto ho passato solo poche ore dopo l’arrivo in Cina per recuperare il fuso orario. Mai avuto febbre».
I gruppi sportivi militari (200 gli azzurri presenti a Wuhan, tra atleti e accompagnatori) hanno imposto diffuso un comunicato in serata: «Non è stata riscontrata alcuna criticità individuale o collettiva collegabile al contagio da coronavirus». Il generale Vincenzo Parrinello, comandante delle Fiamme Gialle: «Tutti i finanzieri in gara a Wuhan sono sempre stati bene, Aspromonte compreso, e quindi non è stato necessario fare test per il virus».
I postumi del mondiale militare hanno avvelenato l’atmosfera negli Usa. Clamoroso il caso di Maatje Benassi, riservista americana di 52 anni, che a Wuhan ha gareggiato nel ciclismo. Da settimane Maatje vive blindata nella sua casa in Virginia, inseguita da minacce di morte. Secondo un gruppo di complottisti deliranti che hanno largo seguito sul web, Maatje sarebbe la «paziente 0» scelta dai cinesi per portare il virus negli Usa, complice l’assenza di controlli del governo statunitense.
A sostenere la più realistica voce di positività occultate tra i 280 membri della spedizione americana c’è Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, che chiede al governo americano trasparenza sui positivi per disegnare una geografia corretta del contagio. Il Pentagono? Tace.
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