LA STORIA DI MAURO TOMBOLINI CHE HA DOVUTO ASPETTARE 12 ANNI PER VEDER RICONOSCIUTO IL SUO DIRITTO A OTTENERE LA PENSIONE DI REVERSIBILITA' DEL COMPAGNO DECEDUTO: “ALL’EPOCA NON HO INSISTITO, PENSAVO CHE NON CI FOSSE NESSUNA POSSIBILITÀ VISTO CHE NON ESISTEVANO NEANCHE LE UNIONI CIVILI” - "STAVAMO INSIEME DA 15 ANNI, CONDIVIDEVAMO LA VITA E L'HO ASSISTITO DURANTE LA MALATTIA MA LEGALMENTE NON ESISTEVAMO..."

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coppia gay coppia gay

ElenaTebano per www.corriere.it

 

Mauro Tombolini ha dovuto aspettare dodici anni per «rendere giustizia» alla volontà dell’uomo che amava. Dodici anni che non hanno cambiato niente per il suo dolore, ma in cui è cambiato (quasi) tutto per i diritti delle persone lgbt. È il 2009 quando il suo compagno, Fabrizio Silj, muore a Roma a 69 anni dopo una lunga malattia. Stavano insieme da 15 anni, condividevano casa e vita.

coppia gay mano nella mano coppia gay mano nella mano

 

Mauro, che oggi ha 55 anni, lo ha assistito nei lunghi mesi in cui Fabrizio è stato ricoverato. «Ma legalmente — dice ora — non esistevamo: non eravamo riconosciuti». Fabrizio, quando già sta male, fa di tutto per tutelarlo, un modo per prendersi cura di lui anche quando non ci sarà più. «Continuava a dirmi che dovevamo pensare al dopo, ma io non ne volevo sapere, non ce la facevo — spiega Mauro, e la voce ancora gli si incrina —. È stato lui a voler fare testamento».

 

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Se fossero stati una coppia etero avrebbero potuto sposarsi, un atto di amore e gioia che avrebbe garantito Mauro anche per il dopo. Ma per due uomini non era possibile: «Non esisteva niente, nemmeno le unioni civili» ricorda. Rimane il testamento, un atto “triste” perché costringe a pensare alla morte che si avvicina.

 

«La sua famiglia ha capito, non ha contestato niente, anche se avrebbe potuto» dice. Nelle volontà di Fabrizio c’è anche che Mauro benefici dei crediti previdenziali che lui ha accumulato nei confronti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, a cui era iscritto in virtù del suo lavoro. «Per Fabrizio pagare la Cassa era stato un impegno economico, aveva dovuto fare dei versamenti volontari. E ci teneva che questo suo sforzo venisse trasferito a me» racconta Mauro.

 

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 Anche in questo caso se fossero stati una coppia etero Mauro avrebbe potuto ricevere direttamente la pensione di reversibilità. Che invece gli era negata a causa del suo genere. Dopo la morte di Fabrizio prova a riavere indietro almeno i crediti versati, come aveva disposto il suo compagno. Ma nel 2010 arriva il no della Cassa previdenziale: nella lettera di rifiuto scrive che non vi sono eredi superstiti che possano avere diritto alla pensione e che lo stesso vale per i contributi soggettivi versati da Fabrizio. «All’epoca non ho insistito, pensavo che non ci fosse nessuna possibilità» racconta Mauro.

 

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Passano dieci anni e le cose cambiano. La sentenza 138 del 2010 della Corte costituzionale sancisce che deve essere garantito il diritto alla vita familiare anche alle persone lgbt e in particolare alle coppie gay. Nel 2015 la Cedu, la corte europea per i diritti dell’uomo, condanna l’Italia perché, non riconoscendo le unioni delle coppie gay e lesbiche, viola i loro diritti fondamentali e le discrimina rispetto agli altri cittadini.

 

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Una sentenza che finalmente spinge il parlamento, pur tra molte resistenze, ad approvare almeno le unioni civili per le coppie dello stesso sesso, nel 2016. Nel 2018 un vedovo di Milano, Ettore Zanola, il cui compagno è morto prima dell’approvazione delle unione civili, ottiene dai giudici il riconoscimento della sua pensione di reversibilità (un precedente fondamentale, di cui ha dato notizia il Corriere della Sera). Mauro decide di riprovarci e chiede aiuto agli avvocati Miryam Camilleri ed Emiliano Ganzarolli, che aveva seguito il caso di Zanola.

 

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Questa volta le cose vanno diversamente. «Dopo la nostra richiesta la Cassa ci ha proposto una transazione: una somma una tantum subito, circa 69 mila euro, invece che la pensione di reversibilità. È una risposta radicalmente diversa da quella del 2010» spiega Camilleri. Mauro ha accettato la transazione, non solo per la cifra economica, «che pure è un aiuto importante» e dà l’idea di quanto gli era stato negato precedentemente per il solo fatto di essere un uomo gay.

 

«Anche perché ha reso giustizia a quello che il mio compagno aveva pensato per me in quel periodo» spiega. «So che ne sarebbe felice. La prima comunicazione ufficiale per la transazione, per altro, è arrivata nell’undicesimo anniversario della morte di Fabrizio: non riesco a pensare che sia solo una coincidenza».

 

 

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