Marino Niola per "www.repubblica.it"
Se proprio dovete fare la lavatrice, aspettate almeno domani. Altrimenti rischiate un abbiocco letargico. Secondo un’antica credenza, infatti, lavare i panni di venerdì provocherebbe uno stato di sonnambulismo. E se proprio volete allontanare il male prendete un paio di slip appena lavati e fateci dentro una bella risata. Pare che sia un buon antidoto contro gli influssi negativi.
È una delle tante superstizioni riguardanti il venerdì, lo sfiga day per antonomasia. Per una serie di ragioni che risalgono alla creazione del mondo. Adamo ed Eva sarebbero stati cacciati dal paradiso terrestre proprio di venerdì. E nello stesso giorno della settimana Caino avrebbe ucciso Abele, san Giovanni Battista sarebbe stato decollato, Erode avrebbe ordinato la strage degli innocenti.
E, ciliegina sulla torta, il venerdì, ancorché santo, è il giorno della morte di Cristo. Forse per questo è legato da tempo immemorabile alle sentenze capitali. Tant’è che nel mondo anglosassone lo chiamavano il dì degli impiccati. Perché pare che le impiccagioni venissero eseguite proprio nel giorno incriminato.
Se poi il venerdì capita il 17, all’aura nefasta della data si somma quella del numero più menagramo che ci sia. L’origine della cattiva fama del 17 potrebbe derivare dall’avversione di un mago dell’aritmetica come Pitagora che lo considerava la cifra dell’imperfezione, a differenza dei perfettissimi 16 e 18.
Ma anche dal fatto che il 17 dicembre e il 17 febbraio, nella Roma antica si celebravano rispettivamente i Saturlalia e Quirinalia, in onore degli dei Saturno e Quirino, date che successivamente il Cristianesimo avrebbe demonizzato in quanto festa pagana.
Insomma, il venerdì nero, viene da molto lontano. Anche se oggi il Black Friday, espressione nata in ricordo dal catastrofico crollo della borsa di New York del settembre 1869, è la data più fausta, almeno per i commercianti.
Come dire che giorni e numeri possono significare tutto e il contrario di tutto. Dipende da noi vedere il positivo o il negativo, crederci o riderci sopra. Ma sempre senza esagerare, né in un senso né in un altro. Perché essere superstiziosi è da oscurantisti. Ma non esserlo per niente porta sfiga.
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