ELEONORA COZZELLA per repubblica.it
La lezione che ci lascia: impegno, forza di volontà, e soprattutto l'uso intelligente di un fascino naturale.
Il seme del successo per Sirio Maccioni, classe 1932, vero mito della ristorazione che ha conquistato prima New York poi tutti gli States e il mondo, è stato piantato a Montecatini. Qui ha frequentato l’istituto alberghiero “F. Martini” dove arriva alla fine della guerra, con l’obiettivo di affermarsi nel mondo della ristorazione.
“In quel periodo, a Montecatini e forse in tutta Italia funzionavano solo le scuole alberghiere – mi raccontò il maître che negli anni ’60 era considerato l’uomo più sexy di New York – e l’istituto cittadino era anche una preziosa fonte di lavoro, perché anche durante l’anno scolastico, specie in alta stagione, venivamo chiamati dagli hotel per integrare il personale. Se eri in gamba potevi sperare di entrare al Grand Hotel La Pace, il cui apprendistato apriva le porte anche agli hotel all’estero”.
E così accadde. Tanta gavetta e soprattutto tanta passione e costanza, perché "quello del ristorante - diceva - è un lavoro da cui gli scansafatiche devono tenersi molto lontano". E poi un mantra che non si stancava di ripetere: migliorare sempre, studiare, curare la preparazione: “Imparare le lingue è indispensabile e conoscere tutto della gastronomia e studiare la sua storia. Poi conoscere e riconoscere i gusti dei clienti”.
Il segreto per accontentare gli ospiti? "I camerieri devono – se non proprio cucinare – sapere anche come funziona la cucina, i suoi ritmi, i suoi tempi. Nessun bravo cameriere o maître può ignorare cosa succede nella stanza dei cuochi. “Quando ero giovane, noi sapevano sfilettare e servire il pesce in sala, preparare una pasta alla lampada di fronte ai commensali, affettare e condire a puntino funghi freschi per un’insalata”.
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