Enrico Galletti per www.corriere.it
Piove da sette giorni, ma i bimbi non si scoraggiano: saltano sul letto da ore, sono felici, riempiono di domande mamma e papà. Hanno maschera e mantello da super eroi e intanto chiedono lumi sulle prossime tappe. Si guardano in faccia i genitori: difficile dire cosa succederà adesso.
Giorno 93. Inizialmente, la loro impresa avrebbe dovuto portarli a Capo Nord, che a ben vedere è all’altro capo dell’Europa, ma la chiusura delle frontiere ha imposto un ridimensionamento del viaggio. La chiamano «impresa», ne parlano al telefono ma avvisano che c’è il rischio che cada il segnale da un momento all’altro, perché la meta del giorno è il più delle volte sperduta fra le montagne o incastonata tra i vicoli di un paesino di trenta anime.
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Partiti da Mestre
Partiti da Mestre a inizio settembre, destinazione Sicilia, regione che avrebbero dovuto raggiungere sei mesi dopo, al termine di quel viaggio in lungo e in largo per l’Italia. Ma tutti e quattro, zaino in spalla, sono stati sorpresi, nell’ordine, dalla seconda ondata di virus, dalle prime restrizioni, dalle regioni gialle, rosse e arancioni. Non si sono scoraggiati. Scelgono posti deserti e immersi nella natura, si muovono oltrepassando i confini delle regioni percorribili. La loro casa? Un camper. È lì che Giorgia Maroni, il compagno Alberto Perin e i figli Alvise, 4 anni, e Simone, 2, vivono da più di tre mesi. È cominciato tutto con un licenziamento.
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Perdita del lavoro
«Il mio», spiega papà Alberto. «A marzo ho saputo che il mio contratto nel settore dell’automotive non sarebbe stato rinnovato. Giorgia si era licenziata un anno fa per seguire i bimbi piccoli. È stato lì che abbiamo deciso di mollare tutto e di partire per questa avventura che avrebbe rafforzato ancora di più la nostra famiglia. Per finanziare il viaggio, abbiamo messo in affitto casa nostra: qualche centinaia di euro per coprire le spese».
Da lì, la storia somiglia tanto a quella di un film: Gaeta e Sperlonga, il pesce comprato alle aste, l’appuntamento ogni sera con il tramonto sul mare, la Basilicata e il pane fatto in casa, Matera, Maratea, Venosa, la Puglia e gli anziani che pescano i polpi, il bagno a novembre, gli occhi stupiti dei bimbi e gli schizzi delle cascate delle Marmore. E poi le storie, gli aneddoti.
I racconti
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«Arrivati in camper a Cisterna di Latina», dice Alberto, «ho raccontato ai miei figli che quelle sono le terre in cui è nata nonna, che prima di morire mi raccontava sempre di quel giorno in cui, passeggiando con suo fratello, scoprì il mare e si mise a pescare i cefali con le mani. Lo abbiamo fatto anche noi, anni e anni dopo, in riva a quello stesso mare». Il Covid, però, ha stravolto i piani. Dopo Puglia, Molise, Umbria, Lazio, Toscana, Campania e Basilicata, è arrivata l’Italia dei colori, quella delle restrizioni.
«Ci mancavano pochissime regioni, tra le quali la Sicilia. Una rapida riunione di famiglia scatta mentre siamo seduti sul letto. Le notizie della seconda ondata di virus ci hanno convinto a tornare lentamente verso il Veneto, dove però la nostra casa è occupata. Attraverso le zone gialle, siamo arrivati in Trentino, ora siamo fermi qua». Ed è in Trentino che la famiglia Perin trascorrerà il Natale.
In Trentino
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«Lo passeremo in famiglia, isolati ma felici, ripensando a tutte le persone che abbiamo incontrato, ai paesaggi che abbiamo fatto ammirare ai nostri figli». E nel frattempo aggiornano la loro pagina Instagram, “Camp-Eroi”, diventata un po’ un diario di bordo del loro viaggio. «In questi tre mesi abbiamo scoperto posti magnifici. Abbiamo rinunciato ai supermercati, scegliendo di acquistare cibo da produttori locali, visitando piccole botteghe per scoprire le specialità del territorio, cucinando con gli occhi al cielo per vedere le stelle».
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Qualcuno li chiama “nomadi moderni”. «La definizione ci piace», commenta papà Alberto. «Di certo, abbiamo voluto insegnare qualcosa ai nostri figli: nessuna impresa è impossibile, soprattutto se l’obiettivo è quello di allargare i propri orizzonti e in un certo senso di arrangiarsi, di navigare a vista come marinai. Ci piacerebbe che i nostri figli ricordassero questo periodo che in qualche modo ci ha cambiato, e che ne parlassero ai loro compagni di scuola, un giorno». Magari ripensando a quelle immagini: «Noi, sul nostro camper attraverso l’Italia, in quel Natale diverso». “Mamma, mi prendi in braccio?”. Dal suo letto fa capolino Alvise e sveglia tutti. 13 dicembre, tre mesi dopo. E ogni giorno, all’alba, è così.
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