Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
C'è una frase contenuta nella sentenza con cui il Consiglio di Stato ha nuovamente bocciato una nomina fatta dal Consiglio superiore della magistratura (e che nomina: quella del primo giudice d'Italia) che suona quasi canzonatoria: «Ferma l'esclusiva attribuzione al Csm del merito delle valutazioni, su cui non è ammesso alcun sindacato giurisdizionale, la motivazione posta a fondamento della valutazione si manifesta gravemente lacunosa e irragionevole».
Come dire che la decisione insindacabile spetta all'organo di autogoverno delle toghe, ma purtroppo è sbagliata e quindi va cancellata. Difficile non vedere una sovrapposizione di ruoli, se non un'invasione di campo, che rischia di delegittimare definitivamente un sistema già di suo vacillante.
Nel giorno in cui l'ex ministro Franco Frattini è diventato il loro nuovo presidente, i giudici amministrativi di secondo grado hanno decapitato i vertici della Corte di Cassazione annullando le nomine del primo presidente Pietro Curzio e del presidente aggiunto Margherita Cassano, datate 15 luglio 2020. Un anno e mezzo fa.
Due nomine decise praticamente all'unanimità (un solo astenuto), salutate con favore dal presidente Mattarella che volle sottolineare come Curzio «saprà svolgere l'impegnativo incarico con consapevolezza e lungimiranza, contribuendo a promuovere quel rinnovamento nel governo autonomo di cui vi è necessità da tutti avvertita».
Inoltre Cassano è stata la prima donna a raggiungere una posizione così alta all'interno della magistratura. Tutto sbagliato, ha stabilito ora il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso di un candidato che riteneva di avere più titoli dei due nominati. Sebbene ad aprile scorso altri giudici amministrativi - quelli di primo grado, il Tar - avessero respinto i reclami, dichiarando le scelte di Curzio e Cassano pienamente legittime; ogni valutazione e comparazione era stata fatta e nel rispetto di tutte le regole. In appello la decisione è stata ribaltata.
Ogni decisione avrà le sue ragioni, ma questa altalena di giudizi provoca conseguenze dirompenti; prima fra tutte la ulteriore perdita di credibilità di un Csm già travolto e trasfigurato dallo scandalo del maggio 2019, e in palese difficoltà di recupero di dignità. Già nella nomina del procuratore di Roma, figlia del «caso Palamara», l'organo di autogoverno s' è dovuto piegare a un verdetto del Consiglio di Stato.
Ora arriva quest' altra bocciatura a alimentare discredito e un corto circuito istituzionale: la prossima settimana il primo presidente dovrà svolgere il suo intervento di apertura dell'anno giudiziario, appuntamento solenne che rischia di essere depotenziato da questo annullamento. Almeno sul piano dell'immagine. C'è chi l'ha già sottolineato, mentre ancora non ha visto la luce la proposta del governo su nuovo sistema elettorale e nuove regole di funzionamento del Csm. Forse nella consapevolezza che non sarà facile approvarla, viste le distanze tra i partiti di maggioranza. Ma attese e rinvii non bastano a trovare soluzioni condivise.
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