Giacomo Amadori e Simone Di Meo per “la Verità”
Dopo il figliastro assunto nell' azienda del marito della sua consigliera, al ministro dell' Economia Giovanni Tria tocca preoccuparsi del figlio di primo letto fricchettone.
Essì perché ieri nei palazzi governativi girava la notizia che il suo ragazzo, Stefano Paolo, è stato identificato come skipper della barca a vela che faceva da supporto all' imbarcazione del No Global Luca Casarini in missione nel Mediterraneo per recuperare migranti da trasportare sulle coste italiane, nel tentativo di mandare in fibrillazione il governo.
Stefano Paolo Tria nella vita fa parte del progetto Archeosail, che organizza crociere in barca a vela tra i siti archeologici del Mediterraneo. Sul sito si trova questo suo profilo: «Laureato in cinema presso la facoltà di Roma Tre, dopo una carriera decennale come operatore e operatore di ripresa dal 1999 naviga su barche d' altura».
Stefano Paolo Tria - il supporto alla nave Mar Jonio
A dire il vero, il Web è assai avaro di notizie sulle sue attività cinematografiche eccezion fatta per la partecipazione, in qualità di montatore, di una non certo indimenticabile pellicola dal titolo Last Food, realizzato con contributi del ministero dei Beni culturali nel 2004. Miglior sorte ha avuto, evidentemente, la vita sui sette mari. Prosegue infatti la bio: «Ha al suo attivo una traversata del Pacifico (2015, dalla Polinesia francese alle Fiji), numerose regate ed esperienza di skipper per trasferimenti nel Mediterraneo ed imbarchi per armatori. Dal 2009 è corresponsabile del Raj».
Ed è proprio questa barca la protagonista della nostra storia. Nella Capitaneria di Lampedusa lo skipper viene fermato e obbligato a «rispondere secondo verità in ordine ai fatti sui quali vengono richieste informazioni». Lo skipper, tale «Claudio», spiega: «Siamo partiti il giorno 16 marzo ed eravamo dieci persone tutte imbarcate nel porto di Palermo».
Gli uomini della Capitaneria domandano quante persone fossero a bordo della Raj il giorno 18 marzo, specificando che l' imbarcazione appartiene al livornese Matteo Aria.
Il capitano fa l' elenco e inizia dai passeggeri: Jasmine Jozzelli, 24 anni, di Bagno a Ripoli (Firenze), il brindisino Daniele De Mitri, 31 anni, il trentasettenne tunisino Moez Chamki, la spagnola Gisela Valles (di Barcellona), i veneziani Lucia Gennari (32 anni) e Mario Pozzan (24), la genovese Giulia Sezzi (24), il milanese Francesco Malingri, di 54 anni, e il giornalista della Repubblica Giorgio Ruta, trentenne ragusano autore di un partecipato reportage sulla missione. Ma il nome più clamoroso è quello di «Stefano Paolo Tria, nato a Roma l' 8 luglio 1980», a bordo «in qualità di secondo skipper».
Insomma un altro bel grattacapo per un ministro dell' Economia, dopo quello che era toccato a Pier Carlo Padoan, la cui figlia Veronica aveva persino ricevuto un foglio di via da Rosarno firmato dal Questore Raffaele Grassi per i disordini contro le forze dell' ordine, in occasione del trasferimento dei migranti dalla tendopoli di San Ferdinando in quella nuova allestita dalla prefettura di Reggio Calabria.
Il caso della Mare Jonio esplode alla vigilia del voto del Senato sull' autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per l' analoga vicenda Diciotti.
La nave, battente bandiera italiana, è della Ong Mediterranea Saving Humans.
Le ricostruzioni offerte dall' equipaggio, ora al vaglio della magistratura, parlano di un intervento a 42 miglia dalle coste libiche per soccorrere un barcone in avaria con a bordo 49 profughi.
il ministro giovanni tria con la moglie maria stella (3)
La Mare Jonio entra in azione seguita dal veliero di 15 metri, disegnato dal progettista Franco Anselmi Boretti nel 1991, che funziona da appoggio. Col carico di migranti, la Mare Jonio punta verso Lampedusa, mentre il Raj resta in mezzo al mare. «Ricordo i volti dei ragazzi quando stavano salendo a bordo della Mare Jonio, quando si sono resi conto di essere salvi dal mare e dalla Libia», spiegherà la genovese Sezzi ai giornalisti. «L' esperienza in Libia li ha segnati profondamente, abbiamo sentito racconti di violenze che facciamo fatica anche ad immaginare».
È il 19 marzo: poco dopo le 19.30 di sera, la Mare Jonio attracca a Lampedusa scortata dalla guardia di finanza dopo un tira e molla col governo. Subito a bordo salgono il medico del poliambulatorio dell' isola e le forze dell' ordine. Poche ore dopo, quando i migranti sono già stati trasferiti nel centro di prima accoglienza, le Fiamme gialle convocano d' urgenza il comandante Pietro Marrone e gli notificano il decreto di sequestro probatorio disposto della Procura di Agrigento che ha aperto una inchiesta per favoreggiamento all' immigrazione clandestina. Il primo a finire nel registro degli indagati sarà proprio Marrone seguito, dopo poco, da Luca Casarini, l' ex leader dei No Global e capo missione della Ong.
Il 27 marzo, il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella e il sostituto Cecilia Baravelli dispongono il dissequestro della Mare Jonio della Ong Mediterranea, per «cessate esigenze probatorie, dopo gli accertamenti della Guardia di finanza».
Raggiunta telefonicamente dalla Verità, Jasmine Jozzelli, studentessa di antropologia alla Sapienza di Roma (il proprietario della barca insegna la stessa materia nell' università capitolina, ma non è un suo professore, anche se i due si conoscono), fa catenaccio sull' illustre compagno di traversata. C' era il figlio del ministro Tria al timone?
«Direi di no, nell'arco di tempo in cui siamo stati insieme lo avrei saputo. O ha cambiato nome oppure non c'era. Io ora vivo a Roma, se ci fosse stato un ragazzo della capitale ci saremmo trovati a parlarne». Ricorda il nome dello skipper («Claudio») ma non quello del secondo: «Non so che dirle». Quelli della traversata, spiega, «ci siamo conosciuti tutti lì per lì a Palermo».
Nessuno aveva incontrato nessuno prima? «Praticamente no. Ci siamo conosciuti in Sicilia nell' arco di poco tempo e siamo stati insieme tre giorni sulla barca». Eppure nessuno era lì per caso, tutti vengono dallo stesso ambiente, con le stesse biografie di sinistra (e con la stessa felpa blu di Mediterranea nelle foto sui social). Legati ai centri sociali (Moez Chamki è un simpatizzante di Potere al Popolo, Gisela Valles è di Medici senza frontiere).
Chiediamo ancora: chi partecipava alla missione? «La Mare Jonio e la nostra barca a vela». La vostra imbarcazione è rimasta in mezzo al mare: eravate in difficoltà, avete dovuto chiedere aiuto? «Sì. C' è stato maltempo e la reazione delle due barche è stata diversa, noi siamo rimasti indietro. Alcuni di noi hanno lasciato la Raj e altri sono rimasti a bordo, non la si poteva lasciare in mezzo al mare...». Lei fa attività politica? «Sì. Sono entrata ultimamente nell' ambiente di Mediterranea e mi sono inserita». Vincendo una crociera insieme al figlio del ministro.