Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
Se gli italiani fossero chiamati a votare per un referendum tipo «preferite vivere o morire?» probabilmente non si raggiungerebbe il quorum: il referendum abrogativo è una pistola scarica, lo sanno tutti, e l'unica consolazione è che non si era mai visto un referendum cretino come quello sulle trivelle. Si vota il 17 aprile e l'obiettivo dei promotori (cioè alcune Regioni) è impedire il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti marini entro le 12 miglia dalla costa. Ora, domande: in Italia si posso fare nuove trivellazioni in mare?
No, entro le 12 miglia sono già vietate. La vittoria del "si" impedirà che si possa continuare a trivellare oltre le 12 miglia, dove, cioè, ci sono la maggioranza delle piattaforme? No, non impedirà un accidente. In Italia possono verificarsi ecatombi tipo la piattaforma che esplose nel 2010 nel golfo del Messico? No, è tecnicamente impossibile, lo ammettono anche gli ambientalisti. A che serve allora il referendum?
A niente: secondo gli stessi promotori «è un voto politico» e serve per «dare un segnale» contrario all' utilizzo di gas e petrolio. Cioè: per dare un segnale si spendono 300 milioni (costo del referendum inutile) e si mettono a rischio migliaia di posti di lavoro, 7000 solo a Ravenna: calcolando poi che l'Italia estrae sul suo territorio il 10% del gas e del petrolio che utilizza, per il futuro si favorirebbe il transito di centinaia di petroliere. Cretino: altro termine non viene.