Marco Giusti per Dagospia
Isabelle Huppert pedro almodovar
Alla presenza del nuovo Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, seduto accanto a Pietrangelo Buttafuoco, arrivano i premi di Venezia 81, una Mostra che era partita con un altro Ministro, l’ormai ben noto Genny Sangiuliano. Già una Venezia che macina due ministri in dieci giorni già fa storia. Per i premi è andata così.
Una giuria vecchiotta e parruccona, presieduta e dominata da Isabelle Huppert che si è presentata sul palco in versione Maleficent in bianco, premia con il Leone d’Oro il film più vecchiotto e parruccone, “The Room Next Door” di Pedro Almodovar, buon film per signore di Prati da domenica pomeriggio con Tilda Swinton e Julianne Moore che nulla aggiunge però alla filmografia del suo regista. Alle opere più innovative, come “The Brutalist” di Brady Corbet con Adrien Brody va il premio della regia, Leone d’Argento, al politicamente più emozionante e importante, “Ainda estou aqui” di Walter Salles sulla nascita della dittatura in Brasile nel 1970, la miglior sceneggiatura, scritta da Murilo Hauser e Heitor Lonega.
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Al cinema italiano va però un premio importante, il Leone d’Argento, per “Vermiglio” di Maura Delpero, il film italiano più amato dal pubblico mentre a “April”, opera seconda della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, prodotto da Luca Guadagnino, va il Premio della Giuria. Al trasgressivo “Babygirl” di Halina Reijn, commedia sulla sessualità di una ceo di successo di un’industria robotico, va il premio per la migliore attrice, Nicole Kidman, che non c’era. E batte potenti avversarie come l’Angelina Jolie di “Maria”, la coppia Moore-Swinton di “The Room Next Door” e la Fernanda Torres di “Ainda estou aqui”. A Vincent Lindon, protagonista di “Jouer avec le feu” di Delphine e Muriel Coulin, padre di un neo-nazista, va la Coppa Volpi, fortemente voluta dalla Huppert. Lindon la ringrazia quattro volte, la bacia e bacia tutti i giurati.
Sempre la Huppert, che capiamo che ha fatto un po’ quello che le pareva a Venezia, premia anche il giovane attore francese Paul Kircher, protagonista di “Leur enfants apres eux” di Lodovic e Zoran Boukerma, va il premio Mastroianni per il giovane attore emergente. Nulla, ma proprio nulla, va a “Queer” di Luca Guadagnino e al suo formidabile protagonista, Daniel Craig, che cede il passo a Lindon. Ci sarebbe qualcosa da dire… Ritroveremo sicuramente le stesse attrici, Kidman, Jolie, Moore, Swinton in corsa per la Coppa Volpi in corsa anche per gli Oscar e penso che ritroveremo anche Daniel Craig che offre in “Queer” un’interpretazione coraggiosa che nessuno si sarebbe aspettato.
Strepitoso il premio per il miglior restauro a “Ecce Bombo” di Nanni Moretti con lo stesso Nanni che in camicia a righine a manica corta, batte come stile anche la t-shirt bianca con camicia stretta di Brady Corbet, ritira il premio “inaspettato, sproporzionato, esagerato”, ma infilza un grande momento di lotta rivolto ai di solito infingardi produttori italiani: “Forse dovremmo essere più reattivi nei confronti di questa nuova, pessima, legge sul cinema”.
Messaggio per l’appena arrivato Alessandro Giuli. Miglior documentario sul cinema è “Chain Reactions” di Alexandre O. Philippe, arrivato con la mamma, che ha lavorato sul celebre slasher “The Texas Chainsaw Massacre”. Miglior opera prima, 50 mila dollari offerti da Aurelio De Larentiis, è “Familiar Touch” di Sarah Friedland, che vi9nce anche il premio per la miglior regia nella sezione “Orizzonti” e quello per la migliore attrice è Kathleen Chalfant per “Familiar Touch” di Sarah Friedland, nel ruolo della vecchia malata di Alzheimer. In perfetto italiano ha ricordato che aveva studiato da Alessandro Fersen cinquant’anni fa. Bravissima Il premio al miglior attore va all’ottimo, giovanissimo, Francesco Gheghi per “Familia” di Francesco Costabile. Miglior sceneggiatura a “Scandal Copti” per “Happy Holidays”.
Premio speciale a Murat Firatogòlu per “One of Those Days When Hanne Dies”. Vince Orizzonti però “The New Year That Never Came” di Bogdan Muresanu, dedicato agli ultimi giorni della dittatura di Ceasescu. Detto questo, è stata un’edizione ricchissima di star e titoloni, ma, a conti fatti, leggermente deludente rispetto alle aspettative iniziali. Che erano molto alte. Film come “Joker: folie à deux” e “Maria” non hanno funzionato come si sperava. Certo, il 70 mm VistaVision di “The Brutalist”, che non si vedeva dai tempi di “One Eyed Jacks” (“I due volti dela vendetta”) di Marlon Brando, ci ha impressionato e la Città del Messico ricostruita a Cinecittà da Guadagnino pure.
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