Giuseppe Remuzzi per il Corriere della Sera
Emily Whitehead guarita da leucemia
«Sono Emily, poche settimane dopo il mio compleanno - avevo cinque anni - mi hanno diagnosticato una leucemia acuta linfoblastica. Ho fatto la chemioterapia e i medici dicevano che avevo nove probabilità su dieci di guarire, ma la malattia dopo poco è tornata. A quel punto lì le mie probabilità di farcela erano solo tre su dieci, e così ancora chemioterapia e altri farmaci. Ma non sono serviti, ci voleva un miracolo... oppure qualcosa che nessuno aveva mai tentato prima, modificare il mio sistema immune».
Emily Whitehead adesso sta bene: a 5 anni dalla lettera che aveva affidato a Facebook, di cellule leucemiche nel suo sangue non c' è più nemmeno l' ombra, sono rimaste solo quelle che hanno imparato a uccidere il cancro. I medici che l' hanno curata a Filadelfia in questi anni si sono occupati di altri 63 bambini, tutti con leucemie che la stessa Food and Drug Administration ha definito «devastating and deadly», insomma malattie devastanti che portano a morte, sempre, e che rappresentano per fortuna solo il 15% dei casi di leucemia di bambini e giovani adulti.
Emily Whitehead guarita da leucemia
La cura consiste nel prelevare dal sangue di questi malati un tipo particolare di globuli bianchi, i linfociti T, e attrezzarli con un recettore (CAR-T) che riconosca una particolare proteina, l' antigene, sulla superficie delle cellule leucemiche, proprio come una serratura riconosce la sua chiave. Riconoscere quelle cellule per i linfociti T è il primo passo per ucciderle.
La novità piuttosto entusiasmante di ieri e che l' Fda ha approvato questo trattamento e ha dato il via libera a Novartis perché lo possa commercializzare. I medici degli ospedali autorizzati a farlo prelevano i linfociti T dai loro pazienti, li congelano e spediscono nel New Jersey dove vengono «ingegnerizzati» e moltiplicati, fino ad arrivare a centinaia di milioni di cellule, tutte uguali, tutte attrezzate per distruggere il tumore: per fare tutto questo servono 22 giorni di lavoro.
Le cellule vengono poi rispedite a quell' ospedale, iniettate a quell' ammalato e nel suo organismo continuano a moltiplicarsi così da essere pronte se dovesse servire dopo mesi o anche dopo anni. Questa cura ha consentito a 8 bambini su dieci, che se no sarebbero morti tutti, di star bene almeno per tre mesi senza nessun segno di malattia. Certo, bisognerà vedere cosa succede fra qualche anno e qualcuno di questi bambini è già ricaduto, ma è comunque un risultato impressionante.
Effetti negativi? Sì e anche importanti: si abbassa la pressione, possono esserci febbre e congestione polmonare e soprattutto problemi neurologici. È perché nell' impresa tutt' altro che facile di uccidere le cellule leucemiche, i linfociti T sintetizzano e liberano sostanze che compromettono altre funzioni. Ma a questo, in mani esperte e con i farmaci che abbiamo oggi, si rimedia.
Resta il problema dei costi: 475.000 dollari per ciascun paziente senza contare i costi dell' ospedalizzazione e viaggi. «Ma - dicono i responsabili di Novartis - il trapianto di midollo che si fa per guarire leucemie e linfomi costa ancora di più, da 550 a 800 mila dollari». E poi sembra che Novartis sia disponibile ad aiutare le famiglie di bambini e giovani adulti che non sono assicurati o hanno difficoltà a farlo (negli Stati Uniti dipende tutto dalle assicurazioni).
E in Italia? Abbiamo medici e ricercatori di primordine, specialmente nella cura di malattie del sangue; presto la terapia con CAR-T si farà anche da noi e dei costi si farà carico il Servizio sanitario nazionale che da sempre si prende cura interamente di terapie costosissime e le mette a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno. Resta il problema dei Paesi poveri.
Qualche medico potrà dire alla mamma di un bambino «la cura c' è ma costa troppo, non possiamo fare nulla». Dovremo trovare tutti insieme una soluzione e farlo presto; se una malattia così grave la si cura da qualche parte lo si deve poter fare dappertutto. Quanto stiamo vedendo in questi giorni forse si applicherà anche ad altri tumori, del cervello, della mammella, del pancreas, per fare qualche esempio. Cambierà tutto per le malattie del sangue e per tanto altro.
Sono passati 10 anni da quando Newsweek titolava «Volevamo vincere il cancro. Per adesso ha vinto lui». Era perché Richard Nixon molti anni prima aveva promesso agli americani il massimo impegno e miliardi di dollari per battere i tumori. Si era sbagliato, di anni ne sono passati più di 40 e tutto faceva pensare che avesse vinto il cancro con qualche eccezione. Da ieri penso si possa dire che vinceremo noi, per davvero questa volta.