VIRUS ACTION! - 2500 TURISTI CONTAGIATI DAL COVID-19 HANNO FATTO CAUSA ALLE AUTORITÀ TIROLESI E ALL’AUSTRIA PER LA GESTIONE DELL’EPIDEMIA A ISCHGL, LA STAZIONE SCIISTICA DIVENTATA UNO DEI PRINCIPALI FOCOLAI D’EUROPA – IL VILLAGGIO È RIMASTO APERTO PER SETTIMANE NONOSTANTE I CONTAGI PER NON METTERE A RISCHIO GLI AFFARI DEL TURISMO

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Paolo Valentino per www.corriere.it

festa in un locale di ischgl festa in un locale di ischgl

 

Il Land austriaco del Tirolo deve affrontare la prima «class action» della pandemia da Coronavirus. 2500 turisti contagiati dal Covid-19 hanno fatto causa contro le autorità tirolesi e la Repubblica d’Austria, per le gravi negligenze sulla gestione dell’epidemia a Ischgl, la popolare stazione sciistica alpina diventata uno dei principali focolai dell’infezione in Europa.

 

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Già la scorsa settimana, la procura di Innsbruck aveva aperto un fascicolo sulla vicenda, per verificare eventuali responsabilità penali. Poi la Vsv, l’Associazione austriaca per la protezione dei consumatori ha lanciato un appello sul suo sito internet, comunicando che chiunque si trovasse in vacanza a Ischgl o in uno dei villaggi vicini a partire dal 5 marzo e dopo è stato trovato positivo al Coronavirus, potrebbe «avere il diritto di chiedere un risarcimento danni al Tirolo o all’Austria, a condizione che possa produrre prove di negligenza attraverso relazioni appropriate o in un procedimento penale». In poche ore, sono state appunto oltre 2500 le segnalazioni arrivate, che hanno permesso alla Verbraucherschutzverein di presentare una denuncia collettiva contro il governatore del Tirolo.

 

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Come aveva per primo raccontato il Corriere lo scorso 22 marzo, tutto era cominciato a fine febbraio, quando un Boeing della Iceland Air proveniente da Monaco di Baviera era atterrato a Reykjavik. A bordo erano in maggioranza turisti islandesi, giovani soprattutto, di ritorno da una settimana bianca a Ischgl, il borgo di 1500 tirolese noto come il paradiso del dopo-sci. Sottoposti al test del Coronavirus, l’Islanda era già in modalità emergenza, molti di loro risultarono positivi. Immediatamente il governo islandese dichiarò il Land dell’Austria area a rischio.

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Bastarono pochi giorni per capire come quello islandese non fosse un caso isolato. Una dopo l’altro, notizie di persone contagiate dal Covid-19 dopo essere state in vacanza a Ischgl cominciarono a rimbalzare in tutto il Nord-Europa, da Amburgo alla Danimarca. Il 7 marzo le autorità norvegesi sottoposero al test un gruppo di turisti che erano stati in Austria nella seconda metà di febbraio. Il giorno dopo Oslo fece un annuncio inquietante: 491 dei 1198 infettati della Norvegia erano stati a sciare in Tirolo, la maggioranza a Ischgl.

 

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Eppure, le autorità tirolesi per oltre una settimana avevano negato tutto con cinismo e arroganza: »Dal punto di vista medico – dichiarava il direttore sanitario del Land, Franz Katzgraber – non è verosimile che il Tirolo sia stato focolaio di infezione». La stagione sciistica doveva continuare. Nonostante l’allarme dei virologi, che da giorni mettevano in guardia da una catastrofe in fieri. Solo il 7 marzo, di fronte all’evidenza norvegese e al primo caso ufficiale di Coronavirus nel villaggio, ammisero la possibilità. Il contagiato era un tedesco di 36 anni che lavorava come barman al Kitzloch, la più celebre baita della movida locale. Passarono però ancora tre giorni, prima che il locale venisse chiuso. Quanto al resto del villaggio, business as usual: piste aperte, ski-lift operativi, alberghi in funzione. Fu necessario aspettare il 14 marzo perché da Vienna arrivasse l’appello a chiunque dal 28 febbraio si fosse trovato in Tirolo a mettersi in quarantena. Incredibile ma vero, per tutto il fine settimana di domenica 15 marzo, gli impianti di Ischgl hanno continuato a funzionare.

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Da settimane il paesino è sigillato, non si entra e non si esce. Ma è troppo tardi. A Ischgl si registrano oltre 500 contagi, il doppio di quelli di Vienna che ha 2 milioni di abitanti. E sono centinaia, sicuramente più di mille gli europei infettatisi direttamente nella valle alpina: la metà dei casi in Norvegia, un terzo di quelli in Danimarca, un sesto di quelli in Svezia. Incalcolabile è invece il numero di coloro che in tutta l’Europa sono stati contagiati da chi era stato a sciare nella valle tirolese e a far baldoria al Kitzloch. »Il terreno di coltura», ha ribattezzato Der Spiegel la cittadina. »L’avidità di denaro ha sconfitto la responsabilità per la salute delle persone e degli ospiti», è stato il commento durissimo di Der Standard, il più autorevole quotidiano austriaco, secondo il quale il governo tirolese ha voluto far cassa con la stagione turistica fino all’ultimo, lasciando aperti impianti, alberghi e locali a dispetto della gravissima evidenza. Ora la class action potrebbe costare al Tirolo molto più cara.

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