Ettore Livini per www.repubblica.it
Insetti nei sensori dell’altitudine. Batterie che vanno a singhiozzo. Benzina contaminata dai batteri. E piloti un po’ arrugginiti che faticano a riprendere confidenza con l’atterraggio.
Il trasporto aereo prova a ripartire dopo il grande gelo della pandemia e scopre che - al di là della mancanza di passeggeri - ha un altro problema enorme: i controlli della flotta rimasta a terra per molti mesi causa Covid e l’allenamento dei piloti che dopo tanto tempo senza volare devono riprendere confidenza con i comandi dei jet.
studio sulla diffusione del coronavirus in aereo
Pericoli, ovviamente, non dovrebbero essercene. Ma tutte le autorità di volo e la stessa Iata, l’organizzazione delle compagnie aeree, hanno sentito il bisogno di pubblicare in queste settimane decaloghi precauzionali da seguire prima di far rientrare in servizio jet e equipaggi.
Il problema è semplice; 19mila aerei, due terzi della flotta mondiale, sono rimasti parcheggiati per lunghe settimane causa mancanza di clienti. Qualcuno li ha sistemati sulle piste inattive degli aeroporti. Altri in mezzo al deserto per sfuggire all’umidità. Il risultato però non cambia: rimetterli in funzione non è una banalità.
E vista la lunga serie di problemi dati da quelli già “scongelati” dal riposo forzato, le procedure per riavviarli sono state rafforzate.
L’allarme più serio arriva dalla banca dati della Iata che ad aprile e maggio scorso, quando i primi velivoli sono rientrati in pista, ha registrato un balzo anomalo degli “unstable approach”, ovvero degli atterraggi non proprio ortodossi, triplicati rispetto alla media.
Gli esami tecnici hanno rivelato che le cause erano quasi sempre un eccesso di velocità o un uso non adeguato del freno motore. Figli forse – è il sottointeso – della difficoltà dei piloti a riabituarsi alle guida. Ragion per cui è stato chiesto ai vettori di aumentare le prove al simulatore prima di far tornare i dipendenti alla cloche.
L’Easa, invece, l’ente per la sicurezza dei cieli europei, ha segnalato un aumento di dati anomali su velocità e altitudine al primo volo di rientro in servizio. In molti casi la colpa sarebbe di insetti che hanno messo su casa, larve comprese, nei tubi pitot, i sensori che segnalano l’altitudine. Un jet della Wizzair (senza passeggeri a bordo) che ripartiva dopo 12 settimane di stop è rientrato subito perché l’altimetro era fisso sullo 0.
L’elenco dei potenziali guai – e i consigli per prevenirli – è lungo: Airbus ha segnalato che le batterie di bordo, attivate e disattivate con una certa frequenza durante il fermo a terra, potrebbero aver perso carica e potenza, dando problemi in casi d’emergenza. Altro nodo è la benzina rimasta nell’impianto del carburante, dove se i biocidi non sono stati utilizzati con attenzione è possibile che si siano create delle masse di funghi o batter – favoriti dall’umidità – che vanno eliminati subito.
La morale è chiara: tutte le compagnie sono state caldamente consigliate di fare un tagliando completo agli aerei che si preparano a tornare al lavoro quando i vaccini avranno fatto il loro lavoro e la pandemia sarà sconfitta. Quanto ci vorrà? La strada (purtroppo) non è breve visto che ancora oggi il traffico aereo è inferiore del 35% a quello dello scorso anno quando il coronavirus sembrava circoscritto all’area di Wuhan.
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