Cristiana Lauro per www.ilsole24ore.com
Le etichette dei vini non riportano i suoi ingredienti e nemmeno i possibili allergeni. Sempre più spesso però nelle retro-etichette troviamo indicate alcune certificazioni come biologico, biodinamico o sostenibile. Ma non solo, perché tra queste diciture può anche esserci quella di “vino vegano”.
Il perché un vino abbia bisogno di certificarsi vegano non è chiaro a tutti, a partire da molti sostenitori del veganismo. In effetti, a rigor di logica, sembrerebbe scontato il fatto che i processi produttivi agronomici ed enologici non prevedano l'utilizzo di prodotti o attrezzature di origine animale. Insomma, si è portati a pensare che il vino – derivato dalla fermentazione dell'uva, che essendo un frutto appartiene al mondo vegetale – si produca in assenza di sfruttamento animale ma, evidentemente, così non è.
La produzione di vino vegano, infatti, si ottiene attraverso rigorose verifiche effettuate da marchi privati, ma non è certificata da normative europee, a differenza del biologico, parola che nei paesi di cultura anglosassone si traduce in etichetta con il termine organic.
Invero il vino vegano esula da requisiti ambientali verificando solo l'assenza di prodotti di origine animale negli ingredienti e, a seconda della certificazione, anche nel packaging.
Per quanto riguarda invece i vini non vegani, possono essere utilizzati in fase di produzione prodotti di origine animale. Per fare un esempio su tutti, nel processo di chiarificazione è possibile l'utilizzo di proteine animali come l'albumina d'uovo (che figura peraltro nella lista degli allergeni). Torniamo dunque al discorso di partenza, giacché una bottiglia di vino non contiene soltanto il risultato della fermentazione di una frutta chiamata uva.
Per quanto riguarda il packaging certificato vegano, è vietato chiudere le bottiglie con la cera prodotta dalle api, così come sono bandite colle e inchiostri di origine animale, solo per fare alcuni esempi. Tuttavia, un vino vegano può non essere biologico che, come già detto, è una certificazione garantita da una normativa europea e viene prodotto a residui zero, nel rispetto dell'ambiente, delle risorse e del clima.
Seppure a maglie larghe, a mio parere, la normativa stabilisce confini molto netti su cosa sia ammesso per la produzione e cosa categoricamente no. Esiste poi il vino sostenibile (al giorno d'oggi ampiamente diffuso), ovvero quello che viene prodotto dalle aziende che analizzano il proprio impatto sull’ambiente e si impegnano costantemente per diminuirlo, con azione attiva nell'ambito etico, sociale ed economico su tutta la filiera.
Un’azienda che produce un vino sostenibile, per altro, è tenuta a dimostrare di attuare delle politiche di tutela verso i lavoratori, comunicazione trasparente, attività nel sociale e consapevolezza della propria filiera.
Ricapitolando. Non è detto che il vino vegano sia biologico e nemmeno che sia sostenibile. Escludo che possa dichiararsi biodinamico in quanto le regole della biodinamica – pseudoscienza figlia dei dettami dell'austriaco Rudolf Steiner – prevedono la cosiddetta “dinamizzazione” dei suoli attraverso l'utilizzo dei cavalli sui terreni e del cornoletame, che mi farete la cortesia pudica di approfondire altrove, così da risparmiarmi di concludere parlando di deiezioni animali
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