Estratto dell’articolo di Paolo Di Paolo per "la Repubblica"
Per prima cosa, allontanate i pensieri negativi. Via, via. Per seconda cosa, al suono di una trombetta, concentratevi sulla risposta da dare alla domanda - la più semplice, la più abissale - “come stai?”. Ed ecco, il passo più importante è già questo: mai reagire con quelle espressioni fra malinconico e fatalista, abbastanza, benino. Bisogna rispondere, in coro, così: «Molto bene, molto bene, yeah!», con tanto di battimani e di saltello e gamba in fuori.
Astenersi dunque imbronciati: non avere niente da ridere e invece ridere a comando, sghignazzare, un’onda di ah ah ah, oh oh, uh uh.
C’è una gradazione di risate, oltretutto, da conquistare come traguardi di una gara sportiva, come livelli di vita ilare: risata di benvenuto, risata lunga un metro (braccia spalancate), risata a cozza – le braccia conserte davanti al volto, aprirle a soffietto e far sbucare il viso da lì come da una tana, ridendo in faccia al dirimpettaio. Sulle prime sembra tutto un po’ surreale e improbabile, poi la terapia-gioco diventa contagiosa.
[…] si coglie via via la sfida emotiva nascosta da questo yoga sui generis. È un tentativo comunitario - come spiegano le istruttrici - di uscire per un’ora da se stessi, dalle preoccupazioni, forse in qualche caso anche dalla solitudine e abbandonarsi – senza imbarazzo, senza vergogna – al riso gratuito e irragionevole.
[…] Madan Kataria da trent’anni insegna a ridere sfrenatamente «per contrastare lo stress e raggiungere la pace».
[…] questo raduno- ridarella. Le partecipanti, dico al femminile perché in schiacciante maggioranza (c’è solo un uomo), sono signore sopra i sessanta-settanta: nel capannone-sala da ballo di un centro anziani a Trastevere, a Roma, ci si ritrova due volte a settimana, di mattina, per innestare sulle pratiche yoga questo esercizio liberatorio. […]
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