Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
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Eserciti contrapposti di avvocati e attivisti repubblicani e democratici decisi a sorvegliare le operazioni di voto, mettere in discussione e forse rallentare gli scrutini, addirittura contestare i risultati delle elezioni di martedì, se vedranno la propria parte politica sconfitta.
A 24 ore dalle presidenziali più contrastate della storia americana, la battaglia legale è già in pieno svolgimento soprattutto da parte repubblicana: Trump ha messo in campo 13 task force legali concentrate soprattutto nei 7 Stati considerati in bilico (Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Georgia, Arizona, North Carolina e Nevada) e centomila volontari — soprattutto studenti di giurisprudenza e avvocati — mandati nei seggi a sorvegliare le operazioni di voto.
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Intanto da tempo America First Legal , un’organizzazione diretta da Stephen Miller, fidatissimo consigliere di Trump fin dagli anni della Casa Bianca, ha depositato denunce preventive nei tribunali di 25 Stati, mettendo in discussione la validità dei voti postali, l’affidabilità degli elenchi dei cittadini registrati per il voto e denunciando tentativi di ammettere alle urne anche immigrati che non sono cittadini Usa.
In linea di principio non ci sarebbe nulla di male ad accendere fari sulle operazioni di voto, visto che le peculiarità del sistema americano — regole diverse da Stato a Stato, enorme diffusione del voto postale, identificazione dell’elettore spesso fatta con documenti privi di foto, in un Paese nel quale non esiste la carta d’identità, pochi hanno il passaporto e l’unica «photo Id» è, in genere, la patente — pone problemi di trasparenza degli scrutini di certo superiori a quelli che abbiamo in Europa.
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Ma dopo il voto del 2020 e il rifiuto di Donald Trump di riconoscere la sconfitta, per i repubblicani, spinti dall’ex presidente a ritenere che i democratici possano prevalere solo con la frode, questa di domani è diventata una guerra santa da vincere a tutti i costi. Così ad addestrare le falangi di volontari mandati a sorvegliare gli scrutini sono stati chiamati anche molti teorici delle cospirazioni.
Non solo quelli delle elezioni 2020 «scippate» a Trump, ma anche personaggi come Jack Posobiec, centrale nella costruzione del complotto del Pizzagate diffuso durante la campagna elettorale 2016: i democratici gestori di un traffico di abusi sessuali su bambini, vittime di riti satanici condotti in una pizzeria a due passi dalla sede del partito a Washington.
Tra gli avvocati attivi nell’azione di contrasto di presunti tentativi democratici di alterare l’esito del voto, anche John Eastman: il legale che quattro anni fu l’architetto del tentativo di Trump di bloccare la proclamazione dell’elezione di Joe Biden offrendo al suo vice, Mike Pence, scuse (prive di fondamento) per non adempiere ai suoi obblighi costituzionali.
Mentre Cleta Mitchell, anch’essa un ex avvocato di Trump, messa a capo dell’Election Integrity Network, il ponte di comando dell’offensiva legale repubblicana, dice di aver ricevuto da Dio l’incarico di impedire che tra gli elettori ci siano immigrati clandestini.
I democratici contrattaccano con una squadra più piccola, coordinata dallo studio legale di Marc Elias, concentrata su due fronti: evitare che, con la scusa di bloccare elettori fraudolenti, i trumpiani facciano cancellare dalle liste anche cittadini aventi diritto al voto e contestare leggi e regolamenti che Stati a guida repubblicana come la Georgia hanno prodotto a getto continuo negli ultimi anni per restringere gli accessi alle liste elettorali, imporre conteggi manuali delle schede oltre a quelli elettronici, consentire ai propri responsabili di seggio di tenere i risultati sospesi per giorni o, addirittura, di non certificarli, se hanno dubbi o sospetti.
donald trump bacia kamala harris immagine fake generata dall ia
I giudici, almeno in Georgia, hanno bloccato i tentativi più pericolosi di lasciare nell’incertezza l’esito del voto, ma è forte il rischio di contestazioni che, nel caso di qualche testa a testa fra Trump e la Harris, potrebbero produrre ritardi o, addirittura, la mancata certificazione dei risultati in qualche distretto-chiave […] gli scrutatori, da tempo sotto pressione, spesso bersagli di insulti e vittime di minacce anonime […] a oggi l’Fbi è in stato di massima allerta: molti seggi elettorali sono stati protetti con vetri antiproiettile e sui tetti di quelli più «caldi» si apposteranno guardie armate. […]