Tommaso Labate per il Riformista
ANDREA RICCARDIQuarantasei senatori del Pdl "sfiduciano" Andrea Riccardi senza che gli altri Professori reagiscano. Massimo D'Alema affida al Corriere la sua guida di istruzioni alla prossima legislatura. Carlo De Benedetti stronca la candidatura a premier di Bersani. La corsa al 2013 è cominciata. E assomiglia sempre più a Dieci piccoli indiani. Si tratta di tre episodi separati, ovviamente. Ma tutti e tre hanno a che fare con la scelta dell'inquilino di Palazzo Chigi nella prossima legislatura.
MASSIMO DALEMAPer capire che cosa c'entri tutto questo con Andrea Riccardi bisogna fare un passo indietro di qualche settimana. Al giorno in cui Walter Veltroni, confidandosi con alcuni compagni di partito, si lascia sfuggire un «vedrete, finirà così: il presidente del Consiglio dopo le elezioni del 2013 sarà di nuovo Mario Monti. E, se il Professore andrà al Quirinale, c'è sempre Andrea Riccardi».
L'auspicio di Veltroni, uno dei due frontmen (l'altro è Enrico Letta) dell'ala grancoalizionista del Pd, dev'essere passato di orecchio in orecchio e di bocca in bocca. Tanto è vero che, nel momento in cui il fondatore della Comunità di Sant'Egidio è finito sott'accusa per la frase sul boicottaggio manu alfaniana del supervertice chez Monti («Alfano voleva creare il caso, strumentalizzare.
Pier Luigi BersaniÈ la cosa che mi fa più schifo della politica»), praticamente nessun collega di governo l'ha difeso. Perché, come spiega un fedelissimo di Veltroni, «la vera questione non sono i falchi del Pdl che provano a sfiduciare Riccardi, che tra l'altro si muovono contro Berlusconi». Ma «il silenzio di chi, dentro il governo e nella maggioranza, ha accuratamente evitato di solidarizzare con lui, costringendolo a scusarsi più volte per una frase tutto sommato innocente».
CARLO DE BENEDETTIStrano ma vero, in difesa di Riccardi intervengono solo alcuni sostenitori della Grande Coalizione. Quelli del Pd («La fatwa Pdl contro Riccardi è la perfetta rappresentazione di un Pdl allo sbando», scrive su Twitter Paolo Gentiloni) e quelli del Terzo Polo («La richiesta di dimissioni per una mezza frase è un po' sopra le righe», mette a verbale lo spin doctor casiniano Roberto Rao).
Mario MontiDa tutti gli altri, Bersani compreso, soltanto silenzio. È il segnale del cecchinaggio del primo dei Dieci piccoli indiani in corsa per il dopo-Monti? Il secondo indiano, che pure si muove nell'ottica del centrosinistra classico, finisce nel mirino di Carlo De Benedetti. Che ieri, nel corso di un'intervista rilasciata alla trasmissione di Michele Santoro Servizio pubblico, torna a stroncare le ambizioni del segretario del Pd. «Bersani candidato premier? Ho molta stima e amicizia per lui», è la premessa dell'Ingegnere. «Ma, al di là dei meriti o demeriti delle persone, la gente vuole archiviare questo periodo». Insomma, conclude, «vuole voltare pagina».
VALTER VELTRONIImpossibile sapere se i desiderata di De Benedetti siano tornati a coincidere con quelli di Eugenio Scalfari, che s'è speso per sia la riconferma di Monti a Palazzo Chigi sia per quella di Napolitano al Quirinale. Sta di fatto che l'intervento dell'Ingegnere completa un quadretto in cui da ieri è tornato anche Massimo D'Alema. In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente del Copasir ha invocato «il ritorno dei partiti», auspicando per il 2013 che sia il vincitore delle urne a «creare una nuova maggioranza».
È l'anticipazione del suo endorsement pro Bersani? Tutt'altro. Sembra infatti che il segretario del Pd abbia accolto con molta freddezza le parole di D'Alema. Perché? Semplice. Nello schema che ha in mente l'ex presidente del Consiglio, uno dei principali sostenitori della riforma elettorale ispano-tedesca, le alleanze vengono dopo le elezioni. E quelle che ha in testa «Massimo», dice uno dei suoi uomini di fiducia, «rimandano a un progetto di fusione tra Pd e Sel, che dopo il voto del 2013 potrebbero stringere i bulloni di un patto di legislatura con Casini».
Napolitano VALENTINO PARLATOIn questo schema c'è Bersani premier? Difficile. L'unico dei possibili candidati alla premiership che finora è riuscito a rimanere lontano dalla bufera, al punto che in molti lo considerano l'artefice della strategia del silenzio su Riccardi, è Corrado Passera. L'ex numero uno di Intesa-Sanpaolo, considerato a ragione o a torto l'uomo che garantisce Silvio Berlusconi all'interno dell'esecutivo (anche sulle frequenze tv care a Mediaset), sta silenziosamente cercando alleati a sinistra.
Susanna Camusso, in alcune conversazioni private, l'ha addirittura definito «l'unico ministro con cui si può parlare seriamente». Non solo. Dopo aver risolto la vertenza Fincantieri a Genova piace anche alla Fiom, Passera. Che l'altro giorno, rispondendo a una telefonata di Valentino Parlato, è riuscito a sorprendere anche l'ultimo grande vecchio del manifesto: «Stiamo facendo il possibile per garantire il pluralismo, caro Parlato. Io sto col manifesto. Se chiude è una sconfitta anche per me, sa?».