1. IL SINDACALISTA GIALLO SI INVENTA UNA MINACCIA ROSSA PER FAR PARLARE DI SÉ
Luca Telese per ''la Verità''
Antefatto: stai in uno studio televisivo, da Myrta Merlino, a parlare di quota 100, e vieni aggredito da un tipo che ti impedisce di continuare, non entra nel merito, ti dà prima del pariolino e poi del fascista. Gli rispondi di ritirare pariolino e gli dici che se questi sono i toni, lui è il leader di un sindacato giallo e un servo dei padroni. Lo spezzone fa il giro del Web, ed è ricicciato domenica a Non è l' Arena.
Massimo Giletti mi chiede di commentarlo, perché il tipo in questione, Marco Bentivogli da tre giorni dice e fa dire (a chi lo sostiene sui social) che si tratta di un linguaggio brigatista, che lui è sotto scorta, che questi apprezzamenti potrebbero essere la premessa di un evento tragico. Non contento, lui stesso ieri si spinge fino a pubblicare un tweet di questo tipo: «Nella storia della nostra Repubblica ci sono stati quelli che hanno sistemato con le armi coloro che sono stati definiti "servi dei padroni"».
Poi aggiunge, e sta parlando di me: «Il personaggio si qualifica da solo ma anche chi gli dà spazio per spargere odio è irresponsabile» (quindi, se ne deduce, dovrei essere messo al bando). Poi ovviamente Benti fa il giro dei direttori amici (è un suo costume) per chiedere solidarietà, e qualche pezzullo indignato a supporto, e degli altri per chiedergli di non farmi intervenire più. Avendo studiato e scritto sugli anni di piombo ovviamente mi viene da sorridere sulla sola evocazione del terrorismo. Servi o amici dei padroni ne esistono fin dalla notte dei tempi, preesistevano alla farneticazione dei brigatisti e alla loro infame vigliaccheria assassina.
Detto questo Bentivogli, segretario della Fim Cisl è un simpatico prezzemolino televisivo, ha grandi e legittime ambizioni mediatiche, le alimenta con sapienza, ed è oggetto di voci e boatos ricorrenti che lo riguardano, indicandolo in pole position praticamente per qualsiasi ruolo: possibile capolista alle europee, possibile segretario della Cisl, supporter di Matteo Renzi, possibile candidato segretario alle primarie del Pd, possibile organizzatore di un partito con Carlo Calenda, e non so più cos' altro.
La mia chat con lui su Whatsapp è lunga come una Bibbia, e da lì non voglio attingere, se non per quello che è anche pubblico: il leader della Fim Cisl è letteralmente ossessionato dalla folgorante carriera di Maurizio Landini, che otto anni fa era un suo teorico pari grado (dirigeva la Fiom nazionale) e fa un po' di stalkeraggio sui conduttori televisivi per dire loro: «Se avete invitato lui dovete invitare pure me» (sottoscrivo l' appello: invitatelo, così si calma).
Confesso, Bentivogli umanamente mi è molto simpatico, forse per quella sua aria da caratterista da commedia all' italiana, per la mascella. È un figlio d' arte, nello stesso sindacato di suo padre, e persino nello stesso ruolo. Franco Bentivogli era uno stimato sindacalista della Fim, e quel che resta di quella organizzazione purtroppo si passa di mano oggi come un feudo decaduto.
Ammiro la tenacia che Benti sta mettendo in campo per provare a fare questo benedetto salto dalla serie B alla serie A, ne ha un bisogno esistenziale. Ha un paio di giornali minori e siti che lo supportano attivamente, può contare sulla benevolenza di quelli amici del gruppo Fiat, è una sorta di Rodomonte esperto nel catering sociale. Per dire: dopo la manifestazione delle madamine di Torino a favore della Tav, mi chiamava per dirmi: «Chi credi che ce le abbia portate quelle persone, in piazza?» (Risposta sottointesa: lui).
Sotto la sua fronte non enormemente spaziosa e dentro la sua oratoria romanófona, ribolle questa idea di essere un predestinato indispensabile in un Paese dove in politica, soprattutto nello spazio oggi esangue del centro, c' è continuo bisogno di truppe cammellate. La Fim Cisl, con lui, è diventata questo: una organizzazione appiattita sulle sue controparti teoriche, che porta gente in piazza dove serve.
marco bentivogli carlo calenda
E qui finisce il medaglione sull' uomo, con le sue piccole e legittime vanità, e inizia il punto politico più interessante. Si può dire a Bentivogli che è un sindacalista giallo? È vero che è un amico dei padroni?
Dal punto di vista strettamente tecnico sarebbe difficile sostenere il contrario. Benti ha preso in mano una organizzazione sindacale con una tradizione straordinaria e ne ha fatto una agenzia di promozione di immagine (ovviamente la sua). Benti ha capito nel 2010 che se si fosse appiattito sulla Fiat di Sergio Marchionne avrebbe avuto uno spazio enorme.
Mentre la Fiom iniziava la sua battaglia più difficile e dolorosa (la Fiat la espulse da tutte le sue fabbriche e ci poté tornare solo grazie a una sentenza della Consulta), Benti capì che la sinistra governista aveva bisogno di un referente a cui accreditarsi. Erano i giorni in cui Piero Fassino invitava a votare il referendum Marchionne («Se fossi un operaio andrei a votare sì») e in cui Matteo Renzi iniziava - non a caso - la sua ascesa diventando il sostenitore entusiasta (e non richiesto) dell' amministratore delegato della Fiat. Era una operazione vincente sul piano dei poteri, ma suicida sul quello del consenso.
Da quel giorno le grandi città operaie, un tempo rosse, sono diventate tutte verdi, persino nella rossissima Umbria. Dopo la cura Elsa Fornero-Marchionne, a Terni, il primo partito è diventato il Carroccio. Per anni Bentivogli ha fatto da supporter ossessivo della Fiat, spiegandoci che «Fabbrica Italia», il famoso piano di Marchionne era l' unica possibile salvezza per l' industria nel nostro Paese. E c' era pure un meraviglioso spot con la voce dell' incolpevole Ricky Tognazzi, con un bambino in braccio, che spiegava come con fabbrica Italia la Fiat ri-diventava italiana. Il ricatto ai lavoratori era: se Marchionne perde se ne va dall' Italia.
La promessa della Fim era: se vince investe e scompare la cassa integrazione. Il canadese come è noto vinse il referendum malissimo, per un soffio. Delle promesse di cui Bentivogli si fece propagandista non ne è stata mantenuta nessuna. Fiat è diventata americana, non investe più in Italia, ha persino tolto la Punto dal listino senza inserire la nuova serie (pure già progettata). Fiat non ha modelli ibridi (avrà la 500 elettrica nel 2020), il polo del lusso vende pochi pezzi, il mitico marchio Lancia è stato addirittura cancellato, oggi solo tre modelli marchiati Fiat sono prodotti in Italia, e Fca chiede l' ottavo anno di cassa integrazione a Torino (Panorama ha pubblicato gli sconcertanti dati di questo crollo in tutta Italia).
Dopo questi esiti Bentivogli avrebbe dovuto dimettersi come fece il leader che ha scaricato, Renzi, dopo il referendum. Ma non importa. Qui la storia del caratterista scompare di fronte alla grande tragedia nazionale: la ritirata della Fiat dall' Italia pesa più di mezzo punto di Pil, ma non ne parla nessuno, perché i sindacati amici, quelli aziendali (il mitico Fismic), gli opinionisti e i giornali amici non possono raccontare che gli Elkann hanno incassato i dividendi e si sono messi in tasca i soldi della cessione di Magneti Marelli senza investire un solo centesimo. Sul ponte sventola bandiera gialla. Coraggio Benti, c' è bisogno di te.
2. CARO LUCA TELESE, TI SPIEGO PERCHÉ SU MARCO BENTIVOGLI HAI TOPPATO DI BRUTTO
Giuliano Cazzola per www.startmag.it
Domenica scorsa, nella “fumeria d’oppio” di Massimo Giletti (Non è l’Arena), Luca Telese ha offeso il leader della Fim-Cisl Marco Bentivogli definendolo un servo dei padroni. Per di più ha dichiarato che aspettava da dieci anni l’occasione per esprimere questo giudizio.
Non può esservi, per un sindacalista, un’accusa più grave ed infamante di questa. E Bentivogli senz’altro non la merita, perché è uno dei dirigenti sindacali più preparati, seri e coraggiosi della sua generazione. Il lavoro sindacale, anche nell’epoca della digitalizzazione e dell’automazione, è paragonabile all’attività di un artigiano altamente qualificato, la cui abilità professionale è decisiva per la buona riuscita del prodotto.
Un cattivo sindacalista (per restare nel campo delle attività di ordinaria amministrazione) può rovinare una vertenza arrecando danni incalcolabili ad un’azienda e ai lavoratori. Un buon sindacalista deve, invece, intuire dove può arrivare, in una trattativa, con il consenso dei lavoratori ai quali spetta l’ultima parola. Ma un sindacalista che non sa assumersi delle responsabilità e si trincera, quasi in modo neutrale, dietro la votazione dei lavoratori, abdica al suo ruolo, si trasforma in un portavoce qualsiasi, in un postino che ‘’suona sempre due volte’’.
Bentivogli è uno che ci mette la faccia e ci tiene a farlo sapere, come se volesse rivendicare per sé questa linea di condotta. È una persona colta, informata, aperta alle nuove esperienze. Figlio d’arte – suo padre Franco è stato segretario generale della Fim dopo il grande Pierre Carniti – è arrivato al vertice dell’organizzazione venendo – come si suol dire – “dalla gavetta”, cominciando dal lavoro di base, poi andando a dirigere alcune strutture territoriali in giro per l’Italia.
Marco non ha mai esitato a chiamare le cose con il loro nome. Per lui “prendersela con la globalizzazione è come arrabbiarsi quando piove”. Ma l’internazionalizzazione dell’economia “ha liberato 2 miliardi di persone dalla povertà, lo ha fatto mutando il riequilibrio delle condizioni planetarie”. E “quando l’inflazione e la delegittimazione delle parole, del senso comune delle cose, del confine del falso con il vero saltano, bisogna proprio ripartire dal loro senso autentico”.
Quando mai e in quale circostanza Bentivogli avrebbe servito i padroni? Quando ha salvato le prospettive del gruppo Fiat in Italia? Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: a Pomigliano in primo luogo e negli altri stabilimenti italiani che hanno cambiato pelle, grazie agli investimenti, all’interno di un progetto che ha attraversato l’Oceano. E chi ha portato, il 26 novembre 2016, tutte le sigle sindacali della categoria a firmare, unitariamente dopo anni, un rinnovo contrattuale innovativo? E chi ha svolto un ruolo fondamentale per la salvezza e la ripresa dell’Ilva, quando altri sindacati esibivano un’enorme coda di paglia verso le procure e gli ambientalisti?
luca telese e maurizio belpietro
Un sindacalista incapace di trovare delle vie d’uscita, attraverso il negoziato, finisce soltanto per abbandonare i lavoratori a se stessi, pur lasciando credere che sono loro a decidere. Peraltro, Bentivogli è anomalo anche all’interno della sua confederazione. A lui non riuscirà il cursus honorum di Maurizio Landini, il quale, con indubbia intelligenza, è stato capace di “cambiare linea” al momento giusto, di cogliere l’opportunità di firmare il rinnovo contrattuale insieme a Bentivogli, di farlo approvare da quegli stessi lavoratori che per anni aveva chiamato a scioperare contro i medesimi contenuti presenti in quell’intesa.
Francesca Re David, la leader della Fiom, ha criticato gli insulti di Telese al collega Bentivogli. È un segno di civiltà, soprattutto nel momento in cui, alla Fca, in queste ore, la federazione della Cgil ha deciso nuovamente di non sottoscrivere l’accordo raggiunto con gli altri sindacati.