Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Se alle sette della sera Giuseppe Conte si è deciso a scendere in piazza Colonna per affrontare i giornalisti, non è solo per rispondere allo «sgarbo» del centrodestra, che diserterà i «suoi» Stati generali. Ma è perché troppe nubi si sono addensate su Palazzo Chigi e la più nera, paradossalmente, riguarda i rapporti dentro la maggioranza, descritti come inquinati da gelosie e sospetti. Cosa si è messo in testa, l'ex «premier per caso»? Davvero sta testando nome e simbolo di una lista personale?
La smentita di Conte arriva con una battuta destinata a restare negli archivi delle cronache politiche: «Il mio partito sarebbe al 14 per cento? A mia insaputa, perché non ho un partito». Eppure i parlamentari di Italia viva e del Pd raccontano che il cantiere per un partito di Conte sarebbe in realtà già avviato. «Ci sta lavorando - assicura un deputato del Sud -. Conte sta facendo una lista regionale in Campania, che magari non conterrà il suo nome ma di certo farà riferimento a lui».
Nel Pd (e non solo) se ne parla, al punto che il vicesegretario Andrea Orlando a Otto e mezzo su La7 ammette che «un partito di Conte creerebbe diverse fibrillazioni» e mentre chiede al premier «un salto di qualità», nega preoccupazioni tra i dem: «Un partito di Conte non è un'idea da scartare. Coprirebbe un campo che integra quello del centrosinistra». A Palazzo Chigi smentiscono manovre in solitaria e lo stesso premier promette che agli Stati generali porterà il «progetto più condiviso possibile». Idee concrete elaborate «con i ministri» e discusse con i capigruppo: ieri sera il premier ha visto Leu, oggi tocca a Italia viva, Pd e M5S.
Il capo del governo ha capito che l'insofferenza dei partiti è diventato un problema serio e, prima che sia tardi, prova a rattoppare la tela della maggioranza. Con il ministro dell'Economia lo strappo è stato ricucito ed è lo stesso Roberto Gualtieri a confermarlo: «Sugli Stati generali c'è stato un problema più comunicativo e di cultura politica che di sostanza, ma ci siamo chiariti». Insomma, il ministro dell'Economia assicura che non ci sono gelosie né scontri: «Stiamo lavorando insieme a un grande rilancio dell'azione di governo, un masterplan, in un orizzonte di legislatura».
Parole che rispondono all'ansia con cui Nicola Zingaretti aspetta gli Stati generali, timoroso che il governo possa uscirne «a mani vuote». Conte ha fiutato il rischio flop e ha reso a battere sul tasto della concretezza, nella speranza di uscire dagli Stati generali con un «documento condiviso» così forte da blindare il governo. «Stiamo mettendo su un piano, sarà un confronto di lavoro ma molto concreto - insiste -. Vogliamo arrivare con un quadro preciso agli Stati generali».
E ancora, sapendo che Bruxelles ci guarda: «A livello europeo hanno molto apprezzato il fatto che ci siamo messi subito al lavoro per progetti che ci faranno correre». Investimenti pubblici e privati, green new deal, alta velocità al Sud, semplificazioni. Pd e M5S chiedono un nuovo decreto in deficit entro luglio, per dieci miliardi almeno. E Conte non chiude: «Un nuovo scostamento di bilancio? Non è assolutamente da escludere. Siamo pronti a fare tutto quello che serve agli italiani, nei limiti di un quadro di finanza pubblica».
giuseppe conte roberto gualtieri
Come il Pd aveva chiesto il giorno dello scontro tra Conte e Dario Franceschini, gli Stati generali cambiano nome. Si chiameranno «Progettiamo il rilancio» e, causa gran rifiuto delle opposizioni, la giornata inaugurale dell'evento a Villa Pamphilj slitta a sabato. Si terrà a porte chiuse e sarà «dedicata al contesto internazionale». E lunedì, ha spiegato Conte, inizierà «il confronto con tutte le parti migliori del Paese».
Ma il clima è rovente e il premier comincia a sentirlo sulla sua pelle. Quando è uscito da Palazzo Chigi per parlare con i giornalisti, voleva concedersi un caffè alla galleria Sordi, ma alcune persone lo hanno contestato. «Qui la crisi è forte», ha gridato un uomo. E un altro: «Con 300 euro al mese non si va avanti». Conte ha ascoltato paziente, poi ha rinunciato al caffè ed è rientrato a Palazzo Chigi.