Andrea Bulleri per “il Messaggero” - Estratti
Una «brutta notizia per l'Europa e per l'Italia», come la legge Elly Schlein? Oppure una «lezione per tutti i finti progressisti liberisti e globalisti», come quasi gongolano dalle parti dei Cinquestelle? Quel che è certo è che la vittoria di Donald Trump finisce per spaccare di nuovo il fronte del centrosinistra.
Che le simpatie tra i rosso-gialli non fossero proprio le stesse non è un mistero: la segretaria del Pd, già volontaria per le due campagne di Barack Obama, non ha mai nascosto il tifo per Harris. Giuseppe Conte (anzi Giuseppi, come lo battezzò l'allora inquilino della Casa Bianca) si è rifiutato di fare endorsement. Anche per quel feeling con il tycoon, non foss'altro che per la sua promessa di mettere fine alla guerra in Ucraina.
Così ieri mattina, mentre nel Pd si leccavano le ferite, Conte non ha perso tempo a congratularsi: «Auguri di buon lavoro a Donald Trump, in virtù di una vittoria netta, estesa anche al voto popolare». Solo bon ton istituzionale da ex premier? Forse. Ma ancor più esplicito è il comunicato diffuso dal gruppo pentastellato in Ue, che a Bruxelles siede con la sinistra di The Left.
Così mentre i colleghi di banco si lanciavano contro un presidente «nemico delle donne, della libertà di stampa e del clima», ecco le «congratulazioni» dei 5S: la vittoria di The Donald affermano «è innanzitutto una lezione per tutti i finti progressisti liberisti e globalisti che hanno ammainato la bandiera della pace per sposare ogni spinta guerrafondaia». Più che un'analisi della sconfitta, un dito nell'occhio al Pd, in cui non è difficile leggere una certa soddisfazione per la sconfitta di una candidata che proprio come Biden dalle parti dei pentastellati non ha mai fatto breccia.
«Non c'è nulla di cui congratularsi», replicano sconsolati da Avs. E se Matteo Renzi si augura che «per l'Europa sia il momento della sveglia», Carlo Calenda arriva a evocare Churchill: «L'Occidente vive la sua ora più buia».
Anche Schlein non nasconde il pessimismo. La leader del Pd prende la parola solo nel pomeriggio, da Terni. E non lo fa per congratularsi: quella di ieri per la timoniera del Nazareno è «una brutta giornata» per l'Italia e l'Ue, affonda. E chi oggi festeggia il trionfo del tycoon «per ragioni di bandiera», mette in guardia Schlein puntando il dito contro Matteo Salvini, «smetterà presto, quando gli effetti di una nuova politica protezionistica colpiranno le imprese e in lavoratori in Europa e nel nostro Paese».
Per la segretaria dem ora serve «uno slancio forte» dell'Ue.
Che «rimetta al centro investimenti comuni» e che generi «una vera politica industriale», finora assente, su innovazione e transizione green. Ed è proprio di questo che Schlein nelle scorse ore ha avuto modo di discutere con un interlocutore non abituale, per lei: l'ex presidente del Consiglio ed ex numero uno della Bce Mario Draghi.
mario draghi mario monti elly schlein pierferdinando casini ai funerali della moglie di romano prodi flavia franzoni
L'incontro, rivelato da Dagospia, è andato in scena due giorni fa, nella residenza romana ai Parioli dell'ex banchiere centrale. Al centro del colloquio, si limitano a far sapere dal Nazareno, il futuro dell'Unione europea alla luce del voto negli Usa e gli scenari economici italiani.
Ma quel che si sa è che la segretaria da qualche tempo aveva cercato un'occasione di incontro con l'ex premier, all'indomani della pubblicazione del suo rapporto sulla competitività dell'Europa e del colloquio di Draghi con Meloni subito dopo. E il faccia a faccia è caduto proprio mentre in Ue cresceva il timore per una possibile vittoria di Trump. Il che ha riportato alcune delle questioni sollevati da SuperMario nell'alveo della stretta attualità.
Schlein del resto non ha mai fatto mistero di apprezzare alcuni punti del Rapporto Draghi, a cominciare dalla necessità di investimenti più massicci sulla transizione energetica e soprattutto di una forte accelerazione sul debito comune, sul modello di quanto fatto con il Pnrr. Su altri punti, invece, la segretaria era rimasta fredda, a cominciare dalla richiesta di maggiori investimenti sulla Difesa. L'incontro è stato una prima assoluta, visto che i due in passato avevano avuto contatti solo telefonici.
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DAGLI AUGURI DI CONTE FINO ALL’AMAREZZA DI TRIDICO I 5 STELLE IN ORDINE SPARSO
Claudio Bozza per il “Corriere della Sera” - Estratti
Viva Trump. Abbasso Trump. Non sa/non risponde. Quando la vittoria del tycoon diventa ufficiale, dal M5S arrivano le prime dichiarazioni. Alcune sono opposte tra loro, più d’una scintilla.
Poi scatta l’ordine del silenzio, con i telefoni di più parlamentari che squillano a vuoto.
Il primo commento di Giuseppe Conte suona così: «Auguri di buon lavoro a Donald Trump, in virtù di una vittoria netta, estesa anche al voto popolare».
E poi: «L’Italia — se riuscirà a esprimere visione e coraggio — potrà dare un contributo importante in ragione della tradizionale amicizia tra i nostri popoli e della solida alleanza tra i nostri due Paesi». Una reazione «neutra», quella del leader dei Cinque Stelle, che in questa campagna elettorale aveva sempre dribblato le domande su Trump: nessun endorsement pro Harris, nonostante oggi Conte oggi rivendichi di essere «progressista». Forse, non è ancora scemata la simpatia per Trump risalente a quando si dichiarava «populista»: erano i tempi in cui era premier con il sostegno della Lega, frequentava la Casa Bianca e il primo Trump sosteneva via twitter l’amico «Giuseppi».
giuseppe conte scrocca un passaggio nella limousine di trump
«No Trump» è invece la reazione di Pasquale Tridico, capodelegazione del M5S al Parlamento europeo e già presidente dell’Inps: la vittoria alle elezioni presidenziali americane «per me non è un bel risultato», dice all’ Adnkronos .
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AMARCORD GIALLOVERDE
Francesco Bei per “la Repubblica” - Estratti
giuseppe conte e donald trump al vertice nato di londra 2
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole americano, anzi d’antico. È sbocciata la primavera gialloverde, è tutto un fiorire di elogi e complimenti a The Donald da parte dei vecchi alleati del governo Lega-Cinque stelle. Cinque anni scorrono in fretta, si può riprendere da dove l’amicizia si era interrotta, da quel tweet del 2019 rimasto famoso in cui Trump definiva “Giuseppi” Conte «un uomo di grande talento».
Di più, «un tipo davvero fantastico ». Giudizio ribadito giusto un paio di anni fa, a una raccolta fondi del 2022: «Come sta andando il mio amico? Ho lavorato bene con lui, è davvero una gran brava persona ».
Salvini e Conte, l’amarcord scatta subito. «Che gioia, che vittoria, giornata storica», esulta il capo della Lega, che finalmente ne ha imbroccata una. I Cinque stelle forse la pensano alla stessa maniera - e del resto bastava leggere in questi giorni il loro giornale di riferimento – ma restano sulla soglia di una gioia appena più trattenuta.
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La parola d’ordine, per cinquestelle e leghisti, è una e una soltanto: pace, il resto è secondario. Pace in Ucraina, che arriverà certamente con Trump e Putin, e pace in Medio Oriente. «È la dote più grande che Donald Trump può portare all’Europa e al mondo: la pace», conferma Salvini da Vespa.
I contiani si risentono, protestano per chi li vuole schiacciare su Trump. Eppure, persino nel tentativo di respingere le accuse, finiscono sempre lì: a elogiare la scelta della maggioranza Usa e a criticare Harris.
Come la deputata 5S Marianna Ricciardi, incaricata di negare la vicinanza con i Maga trumpiani, che finisce suo malgrado a ribadire dove davvero batte il cuore: «Gli americani hanno scelto Trump, con il voto, ossia lo strumento democratico per eccellenza. Gli Stati Uniti hanno espresso una volontà palese, giusta o sbagliata non sta a noi dirlo. Anche perchè, a mio parere, se è vero che Trump non avrebbe mai potuto essere un candidato ideale per noi, è vero pure che anche la Harris è stata una candidata debole, imposta dall’alto a metà corsa e che ha preferito la continuità con Biden e le politiche che piacciono ai ricchi e potenti, incluse, soprattutto, quelle belliciste». Alè. Come direbbe Musk: game, set, match.
I dem italiani, naturalmente, quando leggono queste dichiarazioni si costringono a ingoiare scatolette di Maalox e stanno zitti. Tra dieci giorni si vota in Umbria ed Emilia-Romagna, ci manca solo che perdano anche lì, dopo la Liguria. La consegna è non attaccare gli “alleati”. Bisogna bussare al vecchio Enrico Morando, riformista del Pd, per ottenere una considerazione fuori dai denti: «La verità è che, se gratti sotto la superficie, leghisti e grillini condividono la stessa avversione al liberalismo».
giuseppe conte donald trump 9 giuseppe conte matteo salvini giuseppe conte donald trump 5 giuseppe conte e donald trump al vertice nato di londra trump salvini giuseppe conte donald trump 8 GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP