Claudio Antonelli per ''la Verità''
L'emendamento era troppo smaccato. Così, di fronte agli strepiti della Lega e soprattutto al parere negativo dell'Arera, l'Authority per l'energia, reti e ambiente, lo «spacchettamento» del Gestore dei servizi energetici è saltato. Sospeso anche il tentativo di portare l'Enea, l'agenzia per le nuove tecnologie e l'energia, sotto il cappello del Tesoro. L'emendamento firmato Gianluca Benamati è in capo al Pd. Formalmente l'obiettivo sarebbe stato quello di creare due distinti poli. Il primo in capo al gruppo Gse, che si sarebbe dovuto occupare in via esclusiva di gestione dei servizi energetici con particolare riferimento allo sviluppo delle energie rinnovabili, all'efficienza energetica, alla gestione degli oneri di sistema e dei flussi informativi dell'intero sistema elettrico.
Il secondo polo, legato all'Enea, si sarebbe interessato allo studio, alla ricerca e all'innovazione tecnologica applicati al settore delle tecnologie energetiche avanzate e dei sistemi energetici avanzati. Il condizionale resta d'obbligo perché Pd e 5 stelle proveranno di nuovo a infilare l'emendamento in qualche decreto, nonostante l'intervento dell'Arera sia un unicum. Non è mai accaduto infatti che una Authority intervenisse per bloccare un semplice emendamento, ma ciò fa comprendere l'importanza del blitz e la sfacciataggine dell'operazione.
A cominciare dal primo firmatario dell'emendamento saltato. Benamati è infatti un dipendente di Enea in aspettativa e, secondo Paolo Arrigoni, responsabile del dipartimento energia della Lega, il suo intervento sarebbe una leva per mettere le mani sul maxi fondo da 500 milioni erogato dal governo proprio a Enea, tramite un articolo del decreto Rilancio. È evidente «che la proposta, oltre a evidenti criticità sul piano strategico e operativo, rappresenta per Benamati una situazione di grave conflitto di interessi», spiega Arrigoni, «L'emendamento, inoltre, sembra costruito per tentare nuovamente il commissariamento di Gse e l'azzeramento dell'attuale cda affinché le imminenti nomine dei vertici delle altre società del gruppo siano a totale appannaggio del M5s. Il governo e i ministri competenti non possono restare in silenzio».
La denuncia della Lega però non tiene conto delle sfumature. Il blitz per dare anche sull'energia pieni poteri al Mef parte dal Pd, ed è sostenuto da metà dei grillini. Ad esempio, il ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, non avrebbe gradito la «riforma» del Gse e dell'Enea. Al contrario, il sottosegretario Davide Crippa su questo tema si è mostrato allineato con il Pd. O meglio, con la parte dei democratici decisa a portare sotto il cappello del Tesoro anche questa prerogativa.
Il principale motivo è quello di uscire da un'impasse che dura ormai da più di un anno, eliminare numerose parti in causa e creare una filiera di nomine molto più veloce. Il problema è che, per natura e statuto, il Gse deve essere indipendente dal governo e godere di un imprinting tecnico. Portando pure la scelta scelta delle nomine sotto il cappello del Mef si snaturerebbe il percorso di scelte apolitiche. Basti sapere che è proibito applicare a Gse o Enea i concetti dello spoils system.
Lo sa bene il Tesoro, che su queste partite si è defilato. Pur essendo beneficiario della «riforma», non si è battuto per tenere in vita l'emendamento di Benamati. A seguito dell'intervento a gamba tesa dell'Arera, la mossa del Pd e di mezzo M5s avrebbe arrecato solo danni. Il ministero dell'Economia, guidato da Roberto Gualtieri, tiene molto di più a realizzare la propria riforma, affidata per il momento a una bozza di Dpcm che in queste ore giace in un cassetto della scrivania di Giuseppe Conte.
L'obiettivo del testo - già raccontato dalla Verità - è completare senza alcuna valutazione da parte del Parlamento una riorganizzazione del Mef, interna ed esterna. Lo schema darebbe infatti più poteri al direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, rispetto alla struttura del ministero. E al tempo stesso accorperebbe, sempre in capo al Tesoro, enormi poteri decisionali sulle partecipate dello Stato. Si capisce che il tentativo di plasmare il ministero a immagine e somiglianza di Rivera con il favore delle tenebre sia ormai saltato.
Aggiungere anche la partita del Gse e dell'Enea non avrebbe fatto altro che scaldare gli animi dentro la maggioranza già divisa e combattuta sulle scelte di Gualtieri. È chiaro che l'obiettivo è quello di creare un ministero sempre meno dipendente dalla politica e sempre più sotto la stretta osservanza dei tecnici e di chi ha voluto che Giovanni Tria in pieno governo gialloblù scegliesse di promuovere alla carica più alta del Mef un dirigente che di leghista e grillino non aveva nulla e confermasse all'incarico che ricopre dal 2008 Fabrizia Lapecorella. Il riferimento è a più di un consigliere del Quirinale.