Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Grande settimana per Donald. Se ne sta a cena all' Intrepid, nave e museo di guerra ormeggiata su un molo di Manhattan, festeggia la riconciliazione con il premier australiano col quale aveva litigato al telefono appena insediato, si gode i complimenti dell'australiano doc e autore della riconciliazione, Rupert Murdoch ( informare i giornalisti di SkyTg24), riservatamente racconta come abbia fatto abbassare le penne alla Russia e alla Cina in soli tre mesi.
Bandiere di pace, anche se lì ci vuol altro che buona volontà, anche in Medio Oriente, dove tra quindici giorni vedrà in Arabia Saudita tutti i leader arabi e subito dopo il premier israeliano a Gerusalemme; infine una bella tappa il 24 maggio da un altro con cui lo scazzo non è mancato ma che ora lo deve ricevere, e lui a sua volta ha dovuto moderare i toni, ovvero in Vaticano, con papa Bergoglio e il segretario di Stato Parolin.
Il tutto prima di Bruxelles e del G7 a Taormina, vero esordio su campo internazionale, ma che così viene preparato alla grande e non in sordina e nel sospetto, come si erano augurati i suoi avversari.
Gran settimana, in aprile gli impieghi sono aumentati di 211000, il tasso di disoccupazione è sceso al 4,4, il più basso in 10 anni. Gran settimana, la nuova riforma sanitaria che abolisce la controversa Obamacare, è stata approvata alla Camera, il ruolo di Trump fondamentale per rassicurare i repubblicani più moderati eletti negli Stati nei quali si vota l'anno prossimo.
Hanno un bell’agitarsi Barack Obama e Hillary Clinton, ufficialmente scesi in campo per riplasmare il Partito Democratico, come se il Partito Democratico non avesse già avuto abbastanza guai dall'azione congiunta dei due, anzi, come gli scrive John Kass, del Chicago Tribune, come se non fosse evidente che i due veri grandi alleati di Donald Trump sono proprio loro due con la loro ostinazione di continuare a comandare nonostante la mole clamorosa di errori commessi, con un protagonismo che appaga i loro mostruosi ego ma non funziona anzi danneggia il Partito Democratico, con la fissazione tra il rincoglionito e il rosicone di continuare a parlare del 2016 dando così al presidente la possibilità di ricordare che lui ha vinto e loro hanno perso.
Il primo e’ in viaggio in Europa con tappa milanese, a fingere di adorare il cibo biologico a cui fa da sponsor in strapagata iniziativa, mentre nella cruda realtà lo fotografano che divora fastfood burger e Coca Cola. il viaggio è costato uno sproposito ai suoi contribuenti in organizzazione e sicurezza, ma chissà perché si continua a parlare sempre e solo dei costi degli spostamenti di Donald Trump quando va a casa sua a New York.
l abbraccio di donald trump e rupert murdoch
Sempre il columnist del Chicago Tribune ricorda che a Obama non sono sembrati abbastanza fastosi luogo e progetto di costruzione del suo mausoleo, ovvero la Barack Obama Library a Chicago, ma che ben poco gli importa che la città sia in preda la criminalità e malavita, che a pochi chilometri dal suo santuario ci siano quartieri in preda al degrado, ovvero quel che Donald Trump va da mesi dicendo al sindaco democratico della città, Rahm Emanuel.
La seconda, ovvero Hillary, sconfitta e anche un po’ umiliata ma non rassegnata, torna alla ribalta invece per dire nell'ordine che ha perso per colpa dei russi, ha perso per colpa di Comey, direttore dell'FBI, ha perso ma adesso mette su una bella organizzazione per dare addosso a Trump.
john travolta sulla uss intrepid
Peccato che nelle stesse ore il povero Comey riferisca per l'ennesima volta al Congresso sul suo operato di quelle settimane convulse, e spieghi che proprio non poteva in ottobre non riaprire ufficialmente ed esplicitamente una inchiesta sull'uso disinvolto delle mail da parte della signora Clinton, visto che aveva chiuso precedentemente in luglio altrettanto pubblicamente e ufficialmente la stessa inchiesta con un nulla di fatto, ma nel frattempo l'Fbi era inciampato in un computer pieno di altre lettere sequestrato al marito della principale collaboratrice della candidata democratica.
Peccato soprattutto che l'ex consigliere per la sicurezza nazionale di Obama, grande manipolatrice di informazioni che avrebbero dovuto restare riservate su Donald Trump e il suo team, Susan Rice, nelle stesse ore si rifiuti di comparire di fronte al Congresso.
Peccato infine che sempre nelle stesse ore Christopher Steel, l'ex spia inglese il cui dossier sui rapporti proibiti tra Trump e russi e sulla intromissione dei russi nelle elezioni era diventato la prova calda esibita da molti, in testa il New York Times, testimoni a Londra in tribunale e liquidi l'episodio spiegando che si trattava di informazioni tutte le verificare e da non rendere pubbliche. Ovvero balle.
donald trump e melania sulla portaerei intrepid
I deputati della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti hanno approvato l'abolizione dell'Obamacare, con una ristretta maggioranza di 217 voti a favore e 213 contrari. Il voto rappresenta un successo e una rivincita per l'amministrazione di Donald Trump e repubblicani, che il 24 marzo erano stati costretti a rinunciare a portare il provvedimento in aula in mancanza del consenso necessario. Il provvedimento dovrà andare ora in Senato.
Il voto rappresenta anche una vittoria attesa a lungo per lo speaker della Camera Paul Ryan "Questo provvedimento mantiene le promesse che abbiamo fatto al popolo americano - ha detto in aula prima del voto - molti di noi hanno aspettato sette anni per poterlo fare. Molti di noi sono qui perché avevano promesso di farlo".
donald trump e malcom turnbull a bordo dell intrepid
Alla Camera nessun democratico ha votato a favore e alcuni repubblicani hanno votato contro. La legge trasferisce ai singoli Stati i poteri del governo federale per fissare le regole sulle assicurazioni sanitarie e mette fine ai sussidi per l'acquisto dei pacchetti assicurativi, sostituendoli con sgravi fiscali.
"La faremo passare anche in Senato. Mi sento così fiducioso", ha detto giovedì sera il presidente americano, circondato dal vice presidente Mike Pence, dallo speaker della Camera Paul Ryan e da una serie di deputati e funzionari della sua Amministrazione, nel Giardino delle Rose della Casa Bianca. I problemi saranno gli stessi al Senato che alla Camera, ovvero le divisioni nel partito repubblicano tra moderati e conservatori duri e puri, un partito che un po’ risente del fatto che il suo presidente non sia un uomo del partito. Ma per gli americani è un sollievo.
Questa volta infatti Trump non ha lasciato fare solo a Ryan o ai capibastone del partito, alla fine gli 8 miliardi di dollari in più per aiutare nell'assistenza i cittadini già malati al momento della stipula, li ha decisi lui.
Sui 100 giorni del presidente si è scritto talmente tanto è talmente male che anche ora di farla finita. Certo è che in politica estera si è mosso in modo veramente sapiente, trasformando anche il minacciato scontro con la Cina in una relazione amichevole e stretta propiziata dalla simpatia tra Trump e Xi Jinping.
In Medio Oriente lo si capisca o no il presidente ha ripristinato la legalità internazionale quando con 59 Tomahawk, ha riaffermato la red line sull'uso di armi chimiche in Siria, sfidando la geopolitica della Russia schierata dalla parte di Assad. Nella penisola coreana Trump sta mostrando grande acume affidando alla diplomazia cinese il compito di riportare Kim Jong Un alla realtà.
Due parole merita l'incontro il 24 col grande avversario, Papa Bergoglio. Il quale non si è peritato di attaccare in maniera esplicita e faziosa il candidato Trump sul muro, sull'emigrazione, sulla condanna dell'Islam terrorista e fondamentalista, sul cambiamento climatico. Insomma, che questo papa sia un obamiano è chiaro a tutti, ma ora gli tocca avere a che fare con un altro, e ci sono alcune decisioni sulle quali il Vaticano farà fatica a dire che non gli sembrano importanti.
La prima riguarda sicuramente l'aborto e le regole restrittive sugli interventi dopo il quinto mese. La seconda è stata firmata proprio giovedì ed è un executive order per proteggere e promuovere la libertà religiosa. Sentite la dichiarazione del presidente americano alla firma: “Siamo una nazione di fede, ma anche una nazione di tolleranza. Non permetteremo più che i credenti siano colpiti o messi a tacere. Non staremo mai dalla parte della discriminazione religiosa. La tolleranza è la pietra miliare della pace [...] Per troppo tempo, il governo federale ha usato il potere come un'arma contro i credenti [...] Nessun americano dovrebbe essere costretto a scegliere tra gli ordini del governo federale e i principi della sua fede [...] Per questo ridaremo voce alle nostre Chiese".
Si tratta di un provvedimento contro l'emendamento Johnson che vieta le attività politiche alle Chiese. Dato che l'emendamento non può essere cancellato senza l'approvazione del Congresso, Trump si è limitato a indicare all'Irs di "alleviare al massimo il peso dell'emendamento Johnson". Le organizzazioni esentasse non possono infatti appoggiare apertamente un candidato o un partito politico.
Inoltre, l'ordine esecutivo prevede "la protezione e la promozione della libertà religiosa" nei servizi sociali, nell'istruzione, nella sanità e nelle assunzioni, e "la protezione dell'obiezione di coscienza" davanti al matrimonio omosessuale e all’aborto. Il governo non potrà quindi forzare gli individui o le organizzazioni a compiere attività che possano "violare la coscienza individuale".
Dovrebbe essere una serie di misure non solo gradite ma proprio care alla gerarchia vaticana, e casomai destinate ad irritare laici ed omosessuali. Chissà quanto Papa Bergoglio è sensibile a questi argomenti