Maria Giovanna Maglie per Dagospia
obama grazia un altro tacchino
Il tacchino cuoce nel forno e più ci sta più duro diventa, ma gli americani se lo mangiano ugualmente ogni anno ringraziando il Signore per il mondo che si sono andati a prendere, e qualche cosa di forte e radicato oltre allo shopping e alla pubblicità ci dovrà pur essere se un quotidiano realista e di affari come il Wall Street Journal ogni anno dal 1961 pubblica lo stesso commosso ed evocativo editoriale sempre con lo stesso titolo “the desolation wilderness”, che tradurrei con una terra selvaggia e desolata, cronaca delle memorabili circostanze dell'approdo nel mondo nuovo nell'anno 1620.
Thanksgiving, il giorno del Ringraziamento, è l'ultimo giovedì di novembre, e a quanto pare quest'anno gli americani si sono tirati parecchio su di morale ed è difficile negare che gli indici di fiducia e di speranza non siano imputabili all'effetto Trump.
Lui twitta dalla Florida “buon Thanksgiving a tutti, anche ai perdenti e agli odiatori” che poi sarebbero quelli che chiedono di ricontare i voti in Michigan – dove il conteggio è appena finito e Trump ha vinto per diecimila voti –, Pennsylvania e Wisconsin, e che si scaldano nel vedere cresciuto a quasi 2 milioni il vantaggio di Hillary Clinton nel voto popolare. Ora è abbastanza divertente vedere che gridano al complotto, al sistema corrotto e alle macchine che non funzionano, gli stessi che di queste accuse rimproveravano fino a un mese fa Donald Trump.
Ma il fatto è un altro, se a chiedere il riconteggio è una outsider che vuol farsi pubblicità come la verde Jill Stein, ci sta anche. Ma se un gruppo di democratici e liberali provenienti da varie università e centri studi si mettono tutti insieme a denunciare l'imbroglio planetario e si rivolgono a Hillary Clinton che la sconfitta l’ha ammessa la stessa notte dei risultati e confermata il giorno seguente, se la stessa cosa l’ha fatta il presidente in carica, Barack Obama, che pure ne aveva dette di tutti i colori prima del voto sul candidato repubblicano;
se viene chiamato in causa un voto elettorale che si può anche modificare ma è il sistema col quale si vota ed è anche quello che rispetta di più il federalismo della nazione; se in passato un Al Gore che protestava fece una brutta figura, e tanti anni prima Richard Nixon, che forse qualche cosa da dire sui voti della mafia a John Kennedy l'avrebbe avuta , non fece una piega e accettò la sconfitta, oggi il problema di che cosa fare di sé stesso, come riformarsi, e ripartire da capo, ce l'ha il Partito Democratico.
ELF OF THE SHELF SULLA SESTA AVENUE ALLA THANKSGIVING PAADE DI MACYS
Anche perché quello repubblicano, che proprio non se l'aspettava, anzi dalla sciagura della candidatura di Trump temeva come ricaduta negativa anche di perdere la maggioranza al Congresso, è in uno stato di salute ottima, persino imbarazzante, i democratici sono in maggioranza solo in 6 Stati perché negli altri tra deputati di Stato, governatori, deputati e senatori a Washington, comandano i repubblicani, e sarà così per 2 anni e fino alle prime elezioni di metà mandato. A proposito di voto popolare.
Oggi è il famoso Black Friday il giorno in cui in tutto il Paese i negozianti offrono sconti eccezionali che durano solo per un giorno, e la gente si accalca dall'alba dietro le porte ancora chiuse dei grandi magazzini e spesso le corse per accaparrarsi un vestito un paio di scarpe diventano strepitose risse da film.
terzo di battito tra hillary clinton e donald trump 9
Naturalmente è proprio dalla folla accalcata e dalle risse da film che si capisce se l'anno è buono o è depresso, se c'è fiducia dei consumatori che quindi escono e spendono oppure sfiducia e la gente se ne resta a casa. Ora, dai dati di Bloomberg provenienti dall'Università del Michigan il sentimento dei consumatori da ottobre a novembre non è soltanto passato ad essere ottimista ma gli americani non sono mai stati così speranzosi del futuro in più di 10 anni e per la prima volta dal 2006 il 37% di capofamiglia dicono che si aspettano che le loro finanze migliori no nel 2017.
marco rubio con jeb bush e mitt romney
Commentano gli autori dello studio che la cosa più sorprendente è la quantità di gente speranzosa nonostante una elezione incredibilmente polarizzata, alla fine della quale ci si aspetta che ci sia perlomeno una parte, un settore, che pensa che il Paese stia andando verso il disastro, e solo l'altra pensa che l'America sia diventando di nuovo grande, per citare il neo presidente.
Invece no, anche in altro sondaggio, della Gallup, il 46% degli intervistati una settimana fa dice che ci saranno degli ottimi tempi il prossimo anno, ed è un 11% in più dello scorso mese, mentre quelli che pensano che le cose andranno male sono il 37% e sono il 7% in meno di un mese fa. Tanto entusiasmo potrebbe anche essere solo indirettamente collegato a Donald Trump, riguardare proprio il fatto che l'ansia delle elezioni sia finalmente finita, ma è un grande viatico per un nuovo presidente.
Il quale gestisce in questi giorni la transizione dal suo gigantesco Resort in Florida dov'è andato con l'intera famiglia. Risolto il problema di mettere nel governo le prime due donne, una delle quali è figlia gli immigrati dal Punjab, e il posto all’Onu è un posto chiave, ed è equiparato al rango di ministro in Us, probabilmente riuscirà a trovare un posto per il nero Ben Carson, che della Sanità aveva paura ma alla Urbanistica va volentieri.
Sta invece affrontando la vera grana, che è il segretario di Stato con il caso Mitt Romney. Perché se è vero che quella nomina, ovvero di un uomo potente nel partito, che ha avversato la candidatura Trump per un anno nei modi più biechi tentando di organizzare il boicottaggio e la resistenza in tutti i modi, insomma del capo di #neverTrump, pacificherebbe definitivamente l'ambiente minato fra ii presidente eletto ed establishment di Washington, i fedelissimi del presidente la ritengono un tradimento e una scelta pericolosa.
Newt Gingrich, uno dei vecchi saggi, lo ha detto esplicitamente che è in grado di fare almeno una ventina di nomi di segretari di Stato migliori di Romney, e la stessa Kellyanne Conway, manager capo brillantissima nell'ultima fase della campagna e ora tra i più importanti consiglieri, non esita a piazzare un tweet che ricorda come Kissinger e Shultznon stavano tanto in giro per il mondo, stavano vicino al loro presidente a consigliarlo bene perché gli erano vicini.
Insomma, guai a mandare in giro Romney da solo. Poi si espone fino in fondo, e sempre via tweet rivela che sta ricevendo un diluvio di lettere di social e privati fedeli a Trump che non si fidano e mettono in guardia da Romney.
L'alternativa è sempre la stessa, ovvero Rudolph Giuliani, il duro di New York che certamente gestirebbe la politica estera senza guanti, che il partito repubblicano ha sempre subito e mai amato, perché l'uomo non ha mai sofferto di ansia di consenso, detesta i compromessi, ha opinioni liberali su alcune cose, per esempio aborto e omosessuali, rigidissime su altre, per esempio la difesa di Israele e la politica mediorientale e la sicurezza dei confini americani. Giuliani è uno che al posto di Donald Trump la presa della minaccia giudiziaria su Hillary Clinton non l'avrebbe mollata, ma ora anche lui dichiara che quando un’ elezione è finita ed è andata bene, tante polemiche si lasciano dietro le spalle. Almeno per un giorno, Thanksgiving.