Paul Krugman per www.lastampa.it
Lo ammetto: nell’assistere all’autodistruzione della destra americana sto provando, come molti liberali, un po’ di “MAGAfreude”, una sottile cinica soddisfazione nel vedere i Repubblicani distruggersi l’un l’altro.
Del resto, non abbiamo mai assistito a uno spettacolo paragonabile al caos che abbiamo visto questa settimana alla Camera dei rappresentanti. È trascorso un secolo da quando uno speaker non veniva scelto alla prima votazione, e l’ultima volta che ciò è accaduto c’era in ballo una controversia su qualcosa di davvero sostanziale: i repubblicani progressisti (ebbene sì, esistevano già allora) pretesero, e alla fine ottennero, alcune riforme procedurali che speravano che avrebbero favorito la loro agenda.
Questa volta, non c’è stata nessuna controversia politica sostanziale: Kevin McCarthy e i suoi antagonisti sono d’accordo su alcune questioni politiche di rilievo come svolgere indagini sul laptop di Hunter Biden e privare l’Agenzia delle Entrate delle risorse necessarie a dare la caccia ai benestanti che evadono le tasse. Le votazioni sono proseguite ben dopo che Kevin McCarthy ha cercato di accontentare i suoi avversari rinunciando alla sua dignità.
Tuttavia, se questa scena è stata incredibile – e, sì, anche appassionante – né io né come credo molti altri liberali stanno provando quel genere di esultanza che proverebbero i repubblicani qualora i ruoli dei partiti fossero invertiti. Da un lato, i liberali vogliono che il governo degli Stati Uniti sia in grado di lavorare, il che tra altre cose significa che ci serve una Camera dei rappresentanti convenientemente costituita, anche se gestita da individui che non ci piacciono. Dall’altro, non penso che nella sinistra statunitense (così come è) ci siano molti politici che si definiscono in funzione di quello che molti politici di destra usano per definirsi: i loro risentimenti.
Sì, intendo proprio “risentimenti” e non “rivendicazioni”. Le rivendicazioni riguardano cose che riteniamo di meritarci e che potrebbero essere minori qualora ottenessimo almeno in parte ciò che vogliamo. Il risentimento, invece, è quello che si prova quando si è guardati dall’alto in basso, sensazione che può essere attenuata soltanto danneggiando le persone che, in parte, si invidiano.
Si consideri l’espressione (e il sentimento che a essa si accompagna) molto comune a destra: “owning the libs” (tenere in pugno – e provocare – i liberali). Contestualizzato, il termine “owning” non significa far piazza pulita delle politiche progressiste, per esempio respingendo l’Affordable Care Act. Significa, piuttosto, umiliare i liberali a livello personale, facendoli apparire deboli e sciocchi.
Non pretenderò che i liberali siano immuni da questi sentimenti. Come ho detto, la MAGAfreude è qualcosa di reale e ne provo un po’ io stesso. I liberali, però, non sono mai sembrati neanche lontanamente interessati a umiliare i conservatori come i conservatori stanno umiliando i liberali. In gran parte, sembra proprio che alla Camera alcuni repubblicani, che si aspettavano di tenere in pugno e provocare i liberali dopo una vittoria rossa a valanga – abbiano inscenato la loro delusione tenendo in pugno, invece, Kevin McCarthy.
C’è qualcuno che dubita del fatto che il risentimento da parte di coloro che non si sentono rispettati è stato fondamentale per l’ascesa di Donald Trump? Ci sono ancora sapientoni che credono che ciò sia dipeso prevalentemente dalle “preoccupazioni per l’economia”?
Non sto dicendo che il calo dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera nell’entroterra degli Stati Uniti sia una leggenda: il calo c’è stato, sul serio, e ha danneggiato milioni di americani. Tuttavia, il flop delle guerre commerciali combattute da Trump per assicurare una ripresa del settore non sembra avergli inimicato la sua base elettorale. Come mai?
La probabile risposta è che l’antiglobalismo di Trump, la sua promessa di rendere di nuovo grande l’America (Make America Great Again), ha a che vedere meno con gli equilibri commerciali e la creazione di posti di lavoro e più con la sensazione che gli spocchiosi stranieri ci considerassero fessi. “Il mondo sta ridendo di noi” era un’espressione ricorrente nei discorsi di Trump, e di sicuro i suoi sostenitori hanno immaginato che lo stesso fosse vero delle élite globaliste del Paese.
Ho una mia teoria: parte di ciò che lo ha reso caro alla sua base è la stessa ridicolaggine di fondo di Trump, la sua palese mancanza di facoltà intellettive e di maturità emotiva per essere presidente. Volete che i liberali pensino che siete molto intelligenti? Beh, ve lo dimostreremo eleggendo qualcuno che voi considerate un pagliaccio!
La cosa assurda è che il movimento MAGA ha avuto successo ben oltre i più arditi sogni dei minacciosi globalisti (se mai esistono) e ha reso l’America il contrario di “grande”. Proprio in questo momento, il mondo sta ridendo davvero di noi, sebbene ne sia anche terrorizzato. L’America è ancora oggi una nazione fondamentale, su molteplici fronti. Quando la potenza economica e militare più grande del mondo apparentemente non riesce nemmeno a dotarsi di un governo funzionante e operativo, i rischi sono globali.
Quel che intendo dire è: quanto è probabile che – anche nominando lo Speaker della Camera – le persone che abbiamo seguito nei giorni scorsi trovino un accordo per aumentare il tetto del debito, quantunque non farlo comporterebbe un’enorme crisi finanziaria? Per di più, anche prima di arrivare a questo punto, potrebbero esserci altri rischi che richiedono un intervento d’emergenza del Congresso.
Naturalmente, il mondo ride ancora di più dei repubblicani, sia dei refusenik dell’ultradestra sia degli arrivisti senza spina dorsale come McCarthy che hanno contribuito a dare potere agli scalmanati. Che vantaggio avrà mai quell’uomo, se dovesse perdere la sua stessa anima e, anche così, non riuscire a ottenere abbastanza voti per diventare Speaker della Camera?
Non sono sicuro di quello che ci riserverà il futuro, come non lo è chiunque altro. Una cosa è sicura, comunque: già adesso l’America è molto meno grande di quanto lo era quando la Camera era presieduta da Nancy Pelosi. E la sua grandezza si sta riducendo di giorno in giorno.